Il «Matrimonio a prima vista» è valido?

23 Agosto 2016

Si è concluso di recente in Italia un reality show che sperimenta l'efficacia o non dei matrimoni cd. combinati, rivitalizzando teorie invero risalenti che predicano la base “scientifica” delle relazioni matrimoniali, quanto a dire la possibilità di “costruire a tavolino” una unione tra due persone, confezionando un mix adeguato di componenti psicologiche, sociali, relazionali. Al di là della bontà o meno dell'esperimento, una domanda sorge però spontanea: ma il matrimonio nato per “esperimento” è valido?
Marriage at first sight

La scienza può far nascere un sentimento? In altri termini: l'amore può essere creato in provetta? E' a questo interrogativo che si propone di rispondere il reality show «matrimonio a prima vista» (“marriage at first sight”), nato in Danimarca, esportato negli Stati Uniti ed arrivato in Italia. Il funzionamento è semplice. Un team di esperti (psicologo, sociologo, psichiatra) seleziona un uomo e una donna che ritiene compatibili per una vita matrimoniale insieme e organizza il loro vincolo civile “a tavolino”: i due si incontreranno per la prima volta solo il giorno del matrimonio e si scambieranno il fatidico “si” senza nemmeno conoscersi. Terminata la celebrazione, gli sposi trascorreranno insieme un mese per poi decidere se restare insieme o divorziare. Messo da parte l'aspetto “televisivo” del programma, viene da chiedersi cosa accadrebbe se, al termine della vita matrimoniale “sperimentale”, uno dei due, al cospetto della decisione dell'altro di far terminare la relazione, reclamasse diritti che nascono dal matrimonio (es. mantenimento ex art. 156 c.c.; assegno divorzile ex art. 5 l. n. 898/1970, etc.). Questioni giuridiche del genere impongono di appurare se il “matrimonio a prima vista” sia in effetti realmente valido o non.

Matrimonio ludendi causa

Il “matrimonio a prima vista” può ipotizzarsi invalido per diverse ragioni.

Una prima ipotesi da valutare è quella della invalidità matrimoniale per mancanza di “serietà” del consenso. La manualistica classica, come noto, predica la nullità del negozio là dove la volontà negoziale non sia seria ma fatta per gioco (ossia: “ioci causa”). L'ipotesi è accostata al caso del consenso mancante. Questi principi sono stati applicati dalla Dottrina anche al negozio matrimoniale. In particolare, i commentatori hanno ritenuto che causa invalidante la stipula possa essere anche la convinzione dei nubendi di celebrarlo “per gioco” (G. Ferrando, A. Querci, L'invalidità del matrimonio e il problema dei suoi effetti, 2007, 123). Per alcune voci di Dottrina, in questo caso, si registra una mancanza di consenso matrimoniale, con conseguente nullità della stipula; per altri, si viene a configurare una ipotesi di simulazione (P. Cendon, Commentario al codice civile. Artt. 1-142, 2009, 1421 e ss). Il matrimonio contratto “per scherzo” è stato tradizionalmente posto dalla Dottrina sullo stesso piano della simulazione. La giurisprudenza ha avuto modo di affrontare l'argomento in plurime occasioni e, in particolare, nei casi – affatto rari – di matrimonio del cittadino italiano contratto a Las Vegas. Occupandosi di questo tema, la giurisprudenza di merito ha predicato la nullità del matrimonio contratto dai nubendi senza la volontà di divenire coniugi ossia senza la seria intenzione di confezionare il vincolo civile (Trib. Milano, 24 ottobre 1974 in Giur. It., 1976, I, 2, 146). Con specifico riguardo al matrimonio celebrato a Las Vegas, la giurisprudenza ha escluso la validità della celebrazione se frutto di gioco o divertimento; insomma, se contratto ludendi causa (Trib. Modena, 23 gennaio 1987 in Giur. Merito, 1988, 1341). La cennata impostazione pretorile testimonia un orientamento della giurisprudenza di merito favorevole alla tesi della nullità (v. G. Cassano, Separazione, divorzio, invalidità del matrimonio. Il sistema delle tutele sostanziali e processuali, 2009, 310): questa opzione invalidatoria è preferita in quanto mancano sia il negozio simulato (matrimonio che le parti vogliono perché sia operativo rispetto a terzi), sia l'intesa simulatoria (nel senso che i coniugi non vogliono che il matrimonio abbia effetti tra loro). Vi è, infatti, che «le parti, d'accordo, fecero un giuoco, finsero di sposarsi» (Trib. Modena cit.). Nella celebrazione del matrimonio, elemento essenziale per la nascita del vincolo è l'esistenza di una volontà negoziale valida; tale volontà, se da un lato “traspare” dalla dichiarazione degli sposi, dall'altro può essere dimostrata come non sussistente, nonostante una dichiarazione di segno contrario. In altri termini, l'esternazione della volontà, in modo conforme al paradigma normativo del matrimonio, può non corrispondere a una effettiva manifestazione negoziale. In particolare, è possibile che la volontà dei nubendi di contrarre matrimonio sia mossa da un mero intento giocoso o, comunque, dalla convinzione che quella esternazione non sia seria, realmente diretta a costituire un vincolo. In questo caso, si pone il problema del trattamento giuridico da riservare alle ipotesi in cui manca la volontà di costituire un matrimonio, sia pure come mera apparenza. La soluzione preferibile è quella che sostiene la nullità del matrimonio per mancanza assoluta del consenso (F. Dell'Ongaro, Sul matrimonio civile contratto «ludendi causa» in Dir. famiglia, II, 1988, 1341): l'art. 123 c.c., infatti, comprende soltanto le ipotesi in cui un consenso al matrimonio sussiste, ancorché diretto ad un mero vincolo apparente e ciò è confermato dal meccanismo di sanatoria di cui al comma 2 del citato art. 123 c.c. Una sanatoria è ammissibile a fronte di un consenso esistente anche se imperfetto, non anche a fronte di un consenso del tutto mancante (C. Caricato, L. Rossi Carleo, R. Tommasini, La crisi familiare, 2013, 38). In questa direzione, si è autorevolmente affermato che il consenso manifestato ludendi causa non è idoneo a costituire un valido matrimonio perché non è diretto a creare quella particolare unione tra uomo e donna che è il nocciolo e la ragion d'essere dell'istituto (A. C. Jemolo, Il matrimonio, 1961, 107). Si è anche affermato che, nel matrimonio celebrato per gioco, la celebrazione è fine a sé stessa, non è nelle intenzioni degli sposi avvalersi dello status coniugale, neppure come semplice apparenza (G. Ferrando, A. Querci, cit., 84). L'approccio qui sposato presuppone il superamento della tesi, pur sostenuta in Dottrina, secondo la quale, in ambito matrimoniale, non sarebbe possibile individuare cause di invalidità diverse da quelle previste ex lege; per la verità, l'opinione contraria è risalente e le nullità cd. atipiche sono pacificamente ammesse dalla giurisprudenza; se non altro là dove si tratta di estendere al matrimonio classiche ipotesi invalidatorie previste, in generale, per il negozio (come la mancanza di consenso). Al lume dei principi sin qui affermati, può pervenirsi ad enunciare la nullità del “matrimonio a prima vista”. Per un semplice motivo: i nubendi volevano “sposarsi” ma non con il coniuge. Il vincolo è stato celebrato da persone motivate dal desiderio di unirsi in matrimonio, nell'ambito di uno “show”, a loro noto, che li ha spinti ad accettare il loro istinto matrimoniale come elemento sufficiente per consentire alla celebrazione. In altri termini, al momento della celebrazione stessa, lo sposo ha pronunciato il suo “si” nel rispetto del programma e dell'esperimento, dunque, sostanzialmente, ludendi causa; non anche per la volontà di contrarre matrimonio con il partner. Si è, cioè, trattato di una sostanziale «finzione scenica» in cui il consenso era elemento utile per “sperimentare” ma non per formare una unione. Che si sia trattato di un “si” all'esperimento è testimoniato dalle sequenze immediatamente successive alla celebrazione: gli sposi si sono limitati a seguire gli “steps” programmati dagli organizzatori del reality seguendo, tappa per tappa, i tasselli cronologici del gioco. E ciò fino all'ultimo appuntamento davanti agli “esperti” dove la “fine” del matrimonio è stata perfezionata semplicemente restituendo la fede, quanto a dire con un gesto che disvela la mancanza di serietà dell'unione (n.b. le coppie in fase sperimentale erano tre: tutte e tre si sono sciolte al termine del mese previsto dal programma). Vi è, peraltro, che il «matrimonio tra sconosciuti» è esso stesso stigmatizzato per essere nullo (interessante, sul punto, la conclusione di Pocalujko Tomasz, La prevenzione della nullità del matrimonio nella preparazione e nell'ammissione alle nozze con una considerazione del contributo dei tribunali ecclesiastici, 2011, 116). In effetti, non può dirsi che questa conclusione non colga nel segno: il consenso negoziale presuppone, in capo a chi lo presta, l'esatta raffigurazione della identità del partner, come persona con cui costruire e, prima ancora, costituire una famiglia. Sotto tale aspetto, non è giuridicamente configurabile un consenso matrimoniale valido dove i nubendi non si conoscano. Perché la “conoscenza reciproca” delle identità degli sponsali è essa stessa elemento costitutivo del consenso al matrimonio.

Il matrimonio come atto libero

Il “matrimonio a prima vista” costituisce una variabile “scherzosa” del matrimonio combinato; è appena il caso, però, di ricordare che le unioni combinate ancora oggi esistono in diversi Paesi del Mondo e finanche in Italia. Si tratta, sovente, di matrimoni organizzati in ossequio a costumi tradizionali in cui l'aggettivo “combinato” è sinonimo di “forzato”. Non di rado, il matrimonio combinato viene organizzato quando la sposa è ancora minorenne; non di rado, il matrimonio viene combinato a seguito di “rapimento”. I matrimoni combinati, insomma, spesso rappresentano la negazione stessa delle libertà matrimoniali e soffocano la vitalità dei diritti fondamentali. Sotto tale aspetto, si evince la inadeguatezza della attuale disciplina codicistica che non offre una convincente risposta in caso di matrimonio che non sia stato celebrato come atto libero. Soprattutto là dove il soggetto passivo della forzatura sia una persone minorenne. Infatti, il matrimonio contratto dal minore in violazione delle regole di cui all'art. 84 c.c. è annullabile. Legittimati attivi sono solo i coniugi, ciascuno dei genitori dei nubendi e il pubblico ministero. L'azione di annullamento può essere proposta personalmente dal minore non oltre un anno dal raggiungimento della maggiore età. La domanda, proposta dal genitore o dal pubblico ministero, deve essere respinta ove, anche in pendenza del giudizio, il minore abbia raggiunto la maggiore età ovvero vi sia stato concepimento o procreazione e in ogni caso sia accertata la volontà del minore di mantenere in vita il vincolo matrimoniale. Questa disposizione non consente dunque la vitalità dell'azione da altri intrapresa, dove si tratti di minore che abbia raggiunto la maggiore età o vi sia stata procreazione; quanto a dire, rinunciare a tutelare un diritto fondamentale non tenendo conto delle particolare condizioni soggettive in cui versa la minore costretta all'unione combinata.

Il matrimonio come sentimento

Al di là dell'aspetto giuridico, il matrimonio è forse davvero il risultato di una buona combinazione di elementi chimici, sociali e psicologici? Il matrimonio «è una scienza» come sosteneva Honoré de Balzac? A ciascuno la facoltà di dar la sua soluzione, anche se, seguendo il pensiero di Altri, il matrimonio è la «concretizzazione dell'amore umano» che costituisce «la pietra di un guado verso l'amore universale» (Mahatma Gandhi)

In conclusione

In forza di tutto quanto affermato deve concludersi che il “matrimonio a prima vista” è affetto da nullità: i nubendi volevano “sposarsi” ma non con il coniuge. Il vincolo è stato celebrato da persone motivate dal desiderio di unirsi in matrimonio, nell'ambito di uno “show”, a loro noto, che li ha spinti ad accettare il loro istinto matrimoniale come elemento sufficiente per consentire alla celebrazione. L'atto non può dirsi libero e neppure consapevole: forse mancava anche il sentimento. Un gioco divertente, ma appunto, un gioco.

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