Opposizione al riconoscimento del figlio

23 Novembre 2016

In materia di riconoscimento del minore ex art. 250 c.c. e, nello specifico, dovendo proporre opposizione, qual è la procedura da seguire? La forma dell'opposizione è il ricorso? Va depositato nello stesso fascicolo del riconoscimento? Una semplice memoria o un ricorso con richiesta di fissazione di udienza? O una vera e propria citazione con indicazione dell'udienza?

In materia di riconoscimento del minore ex art. 250 c.c. e, nello specifico, dovendo proporre opposizione, qual è la procedura da seguire? La forma dell'opposizione è il ricorso? Va depositato nello stesso fascicolo del riconoscimento? Una semplice memoria o un ricorso con richiesta di fissazione di udienza? O una vera e propria citazione con indicazione dell'udienza?

Come noto la novella legislativa ha innovato in maniera significativa e rilevante la pregressa disciplina in tema di riconoscimento del figlio “naturale”, espressamente prevedendo all'art. 250, comma 4, c.c. il procedimento applicabile nel caso in cui il genitore, che ha per primo proceduto al riconoscimento del figlio, rifiuti il consenso richiesto dal comma 3 del medesimo articolo.

Il procedimento, che deve essere promosso avanti al Tribunale ordinario del luogo di residenza del minore, viene istaurato con ricorso dal genitore che intenda procedere al riconoscimento e non da quello che neghi il suo consenso. Il Presidente fisserà al ricorrente un termine per la notifica del ricorso all'altro genitore ossia quello che rifiuta il consenso. A seguito della notifica, possono darsi due ipotesi:

  1. il genitore notificato non propone opposizione: in questo caso, il giudice adito decide sulla richiesta con sentenza che tiene luogo del consenso mancante;
  2. il genitore notificato propone opposizione entro 30 giorni dalla notifica: in questo caso, il Tribunale adito (in composizione Collegiale), dopo aver assunto le informazioni che ritiene opportune, assunti anche i provvedimenti provvisori ed urgenti al fine di instaurare una relazione tra il figlio e il ricorrente, autorizzerà (o non autorizzerà) con sentenza il ricorrente a procedere al riconoscimento, e regolamenterà le questioni relative sia al cognome del minore sia alla responsabilità genitoriale e ai profili eccomici connessi al suo mantenimento.

Diversamente da quanto prospettato nel quesito, non sarà, quindi, il genitore che nega il consenso (ossia quello che intende opporsi al riconoscimento) a dover “promuovere” un giudizio, ma spetterà a quello che intende riconoscere il figlio adire il Tribunale. Quanto alla forma dell'atto con cui la parte resistente deve formalizzare la propria opposizione , si tratterà di una memoria di costituzione con cui dovrà esporre le ragioni del negato consenso al riconoscimento e assumere posizione in ordine alle ulteriori richieste del ricorrente. Poiché al minore va riconosciuta la qualità di parte nel giudizio di opposizione di cui all'art. 250, comma 4, c.c., spetta al giudice, anche d'ufficio (ai sensi dell'art. 9, comma 1, della Convenzione di Strasburgo 25 gennaio 1996, ratificata con l. 20 marzo 2003, n. 77), procedere alla nomina di un curatore speciale.

In alcuni Tribunali (ad esempio Tribunale di Milano) il procedimento in parola è bifasico: in una prima fase, istaurato il contraddittorio, il Tribunale procede all'emissione di sentenza (non definitiva) che tiene luogo del consenso non prestato. La causa verrà poi rimessa sul ruolo con onere di produrre l'atto di riconoscimento al fine della necessaria istruttoria sugli ulteriori aspetti relativi alla responsabilità genitoriale e agli aspetti economici. L'opzione per il rito bifasico si giustifica nella considerazione che l'istruttoria sulla genitorialità presuppone che il riconoscimento sia stato effettuato (ossia che il ricorrente proceda effettivamente a riconoscere il figlio una volta autorizzato). Nel caso in cui tale riconoscimento manchi, infatti, tutta la successiva istruttoria potrebbe risultare non necessaria.

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