Legge Cirinnà e unioni civili: l'impatto sul diritto del lavoro
24 Agosto 2016
Con l'entrata in vigore della norma in data 5 giugno, e con il regolamento applicativo pubblicato, le unioni civili prenderanno forma ed i datori di lavoro si troveranno a dover implementare, e tutelare, le nuove famiglie che si creeranno. Innanzitutto è d'obbligo precisare che lo status anagrafico del lavoratore dipendente, in regime di trattamento dei dati personali, dovrà essere comunicato dallo stesso dipendente al datore di lavoro e quindi fin quando questo non accadrà i diritti maturati non potranno automaticamente essere applicati dal datore di lavoro. Ma poi, in effetti, quali sono le ricadute sulla gestione del rapporto di lavoro? Sicuramente molteplici, sia per quanto riguarda lo svolgimento del rapporto di lavoro sia per quanto riguarda gli sviluppi sui trattamenti di quiescenza in caso di premorienza di uno dei componenti della famiglia creatasi. Sul rapporto di lavoro, tanto per iniziare ad entrare nel vivo degli adeguamenti, lo status di famiglia del lavoratore porterà, lo stesso, a richiedere l'applicazione per le detrazioni previste sul nucleo familiare, non più come monocomponente ma in quanto famiglia legalmente provato dall'estratto dell'atto di matrimonio. Quello, però, che merita un'attenzione particolare riguarda l'applicazione delle norme a tutela della maternità, e nel caso specifico delle adozioni, a favore dei lavoratori uniti in matrimonio post legge Cirinnà. Tutela familiare
Come da previsione dell'art. 20 della norma sulle unioni civili, al fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonchè negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. Resta fermo, sottolinea ancora la norma, quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti. E ciò, di fatto, comporta che con l'unione civile si potrà adottare il figlio, o i figli, del compagno unito in matrimonio. Questo porta ad applicare, alle unioni civili, quanto previsto dalle norme in materia di tutela familiare e di adozione. Innanzitutto, il lavoratore che in questo caso adotti un minore ha diritto all'astensione dal lavoro per un periodo pari a cinque mesi dall'ingresso del minore in famiglia. Su questo la norma, ed i contenuti della stessa, non sono aggiornati alla nuova nomenclatura che dovrà applicarsi visto che sia la norma, che i contratti collettivi, parlano di madre e padre mentre ora si dovrà parlare di famiglia. Oltre all'astensione obbligatoria, si avrà diritto anche al congedo parentale, ovvero un'astensione facoltativa dal lavoro riconosciuta dalla legge ad entrambi i genitori, anche contemporaneamente, anche in caso di adozione. Entro i primi otto anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare ciascun genitore potrà astenersi dal lavoro per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a 6 mesi, elevabile a sette per il padre che ne usufruisca per almeno sei mesi. In questo caso la norma andrà rimodernata considerando, più che padre, l'altro coniuge. Il lavoratore dipendente che voglia godere del congedo parentale deve presentare la domanda al datore di lavoro ed all'INPS (se si tratta di lavoratori dipendenti privati) con 15 giorni di preavviso, fatta salva l'impossibilità a dare preavviso. Anche il cd. riposo per allattamento, che alla fine è un riposo per la crescita del minore, entra nei diritti del lavoratore adottivo. La norma parla, ancora, di lavoratrice madre ma chiaramente il diritto spetterà ad uno dei genitori o, probabilmente, a quello che diventerà il genitore adottivo del minore. In questo caso spetteranno riposi della durata di due per un orario di lavoro di sei ore o superiore ed uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore. Identica tutela riservata alle lavoratrici madri nel caso di malattia dei figli verrà concessa ai lavoratori in unione civile, con le prescrizioni e tutele previste dalla norma. Importante è anche il divieto di licenziamento del caso di adozioni, considerato che la norma ha esteso il divieto di licenziamento previsto dall'art. 54 del D.Lgs n. 151/01 fino ad un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare. Identica situazione nel caso di assegni familiari che spetteranno anche alle famiglie composti da componenti dello stesso sesso. In materia di tutele chiaramente il coniuge superstite in caso di morte del lavoro acquisisce il diritto a percepire gli emolumenti dallo stesso non percepiti, quali TFR ed indennità varie, ma anche la reversibilità della pensione nei limiti e nelle prescrizioni disposte dall'Istituto di previdenza sociale. In conclusione
Insomma, l'impatto della Cirinnà sul diritto del lavoro è dirompente e la norma, come giusto che sia vista la novità della disposizione legislativa, non ancora pronta sia nella terminologia che nell'applicazione di quanto previsto. Basti pensare che tutti i contratti collettivi di lavoro dovranno essere implementati per adeguare testi e contenuti rispetto alle norma sulle unioni civili, cosi come le modulistiche di richiesta delle prestazioni dovranno essere riformulate per consentire che le norme sul diritto del lavoro si applichino, in egual misura, alle famiglie “tradizionali” cosi come alle famiglie composte da persone dello stesso sesso.
Tratto da "ilgiuslavorista.it" |