Il curatore speciale del minore nei procedimenti di competenza del tribunale ordinario

26 Agosto 2015

Il curatore speciale del minore è un istituto che ha visto ampliare il proprio ambito di applicazione nel momento in cui il minore ha cominciato ad essere considerato non più solo un soggetto passivo meritevole di tutela, ma un soggetto attivo portatore di diritti e interessi propri che devono trovare autonoma voce e specifica tutela nel processo.
Il quadro giurisprudenziale e i riferimenti normativi

Il curatore speciale del minore è istituto che ha visto ampliare il proprio ambito di applicazione nel momento in cui il minore ha cominciato ad essere considerato non più solo un soggetto passivo meritevole di tutela, ma un soggetto attivo portatore di diritti e interessi propri che devono trovare autonoma voce e specifica tutela nel processo.

Il minore è, infatti, ormai considerato dalla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. civ., S.U., 21 ottobre 2009, n. 22238; Cass. civ., sez. I, 15 maggio 2013, n. 11686; Cass. civ., sez. I, sent., 11 dicembre 2013, n. 27729) portatore d'interessi propri ed è qualificabile quindi come parte in senso sostanziale del processo; pertanto, nelle ipotesi di conflitto di interesse con i genitori, la tutela della posizione del minore può essere in concreto attuata soltanto se sia il medesimo autonomamente rappresentato e difeso anche in giudizio.

Il riferimento normativo deve individuarsi nell'art. 78 comma 2 c.p.c. che disciplina in via generale le ipotesi di conflitto di interessi tra il rappresentante e il rappresentato.

In tal senso, infatti, si è pronunciata la Corte Costituzionale (C. cost., sent., 11 marzo 2011, n. 83) affermando il principio per cui il giudice, nel suo prudente apprezzamento e previa adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, può sempre procedere alla nomina di un curatore speciale in favore del fanciullo, avvalendosi della disposizione dettata dall'art. 78 c.p.c., che non ha carattere eccezionale, ma costituisce piuttosto un istituto che è espressione di un principio generale, destinato ad operare ogni qualvolta sia necessario nominare un rappresentante all'incapace. Ha precisato che la nomina de qua prescinde da un'istanza di parte e può essere disposta d'ufficio dal giudice, posto che l'art. 9 della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 20 marzo 2003, n. 77, stabilisce che, nei procedimenti riguardanti un minore, l'autorità giudiziaria ha il potere di designare un rappresentante speciale che lo rappresenti in tali procedimenti motu proprio.

Le ipotesi applicative

a) Nei giudizi di accertamento dello status di figlio

Nei giudizi relativi allo status coinvolgenti soggetti minori (azione di disconoscimento di paternità ex art. 243-bis ss. c.c., impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità ex art. 264 c.c., dichiarazione giudiziale di paternità e maternità ex art. 269 c.c.) la nomina del curatore speciale del minore è necessaria, essendo il genitore in evidente conflitto di interesse con il minore stesso.

La nomina deve essere chiesta ex ante (cioè prima di promuovere il giudizio) dal genitore che vuole promuovere il giudizio o dal PM al Tribunale secondo quanto previsto dagli art. 244 u.c. c.c., art. 247 comma 2 c.c., art. 273 comma 1 c.c..

Il Tribunale provvede con decreto a nominare al minore un curatore speciale, un avvocato, che poi rappresenta il minore in giudizio.

b) nei giudizi relativi alla disgregazione del nucleo familiare ex art. 337-bis c.c.

Più di recente anche nei procedimenti relativi alla disgregazione del nucleo familiare (giudizio di separazione, giudizio di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio, procedimenti di modifica delle condizioni ex art. 337-quinquies c.c.) si è proceduto alla nomina di un curatore speciale del minore, quando il Giudice verifica la presenza, sin dal principio del giudizio o il determinarsi in corso di causa, di situazioni familiari di particolare complessità in cui la tutela effettiva del minore, portatore di interessi propri rispetto a quelli dei genitori, rende necessario il ricorso a tale istituto.

Le situazioni concrete in cui tale esigenza può rappresentarsi sono molteplici; devono però in concreto tradursi in situazioni che vanno oltre la conflittualità anche accesa tra i coniugi/genitori e determinino serio pregiudizio, grave disagio, particolari problematiche di salute per il minore in conseguenza del comportamento di uno o di entrambi i genitori, parti del processo, che in tal modo vengono a trovarsi in una situazione di concreto conflitto di interessi rispetto al minore (Trib. Milano 15 maggio 2014, Pres. Gloria Servetti - Est. Rosa Muscio).

Il provvedimento con cui il Giudice anche di ufficio nell'ambito del suo prudente apprezzamento nomina il curatore speciale è opportuno che illustri le ragioni della nomina e individui in modo puntuale e specifico, per quanto possibile, in relazione anche alle esigenze sottese alla nomina stessa, l'ambito degli incarichi e dei compiti sostanziali attribuiti al curatore speciale nell'interesse del minore.

Sul piano processuale il curatore speciale deve poi costituirsi in giudizio in proprio qualora la nomina, come spesso avviene, cada su un avvocato specializzato nella materia del diritto di famiglia che coniuga così la competenza sostanziale con quella processuale o in ogni caso a mezzo di un difensore che provvederà a nominare, qualora venga chiamato un esperto con competenza diversa in ragione delle esigenze sottese alla nomina del curatore stesso.

c) nei procedimenti di opposizione al riconoscimento di figlio nato fuori dal matrimonio ex art. 250 comma 4 c.c.

In tali casi la nomina del curatore speciale è ormai necessaria.

La Suprema Corte di Cassazione ha, infatti, affermato il principio per cui, essendo implicati nel procedimento ex art. 250 c.c. rilevanti diritti ed interessi del minore, ed in primo luogo quello all'accertamento del rapporto genitoriale con tutte le implicazioni connesse, questi, anche se di età inferiore a sedici anni, costituisce un centro autonomo di imputazione giuridica: sicché, in caso di opposizione dell'altro genitore al riconoscimento, egli gode di piena tutela dei suoi diritti ed interessi; ne deriva che al detto minore va riconosciuta la qualità di parte nel giudizio di opposizione di cui all'art. 250 c.c. e qualora si prospettino situazioni di conflitto di interessi, anche in via potenziale, la tutela della sua posizione può essere in concreto attuata soltanto se sia autonomamente rappresentato e difeso in giudizio, mediante nomina di un curatore speciale (Cass. civ., sez. I, sent., 11 dicembre 2013, n. 27729, Pres. Luccioli, rel. San Giorgio; Cass. civ., sez. I, 7 ottobre 2014, n. 21101, Pres. Luccioli, Est. Campanile).

d) procedimenti relativi alle istanze di alienazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale o di scioglimento del fondo patrimoniale (artt. 169 e 171 c.c.)

La Suprema Corte di Cassazione (Cass. civ., sez I civ., sent., 8 agosto 2014, n. 17811, Pres. Luccioli, rel. Piccininni) ha di recente affermato i seguenti principi di diritto:

1) è ammissibile lo scioglimento del fondo patrimoniale anche sulla base del solo consenso dei coniugi, ma ciò solo in mancanza di figli;

2) in presenza di figli, non è ammesso lo scioglimento consensuale. L'istituzione del fondo patrimoniale determina un vincolo di destinazione per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia (e quindi di tutti i suoi componenti, in essi compresi i figli minori). Il citato vincolo, dunque, diventa di “interesse” anche dei componenti “deboli” della famiglia, che sono i figli. Conseguentemente, va ravvisata in capo ai figli minorenni una posizione giuridicamente tutelata in ordine agli atti di disposizione del fondo;

3) deve essere riconosciuta l'astratta configurabilità di uno specifico interesse dei figli ad interloquire sulle opzioni operative effettuate dai titolari del diritto di proprietà dei beni facenti parte del fondo, atteso che per i componenti del nucleo familiare non è irrilevante la consistenza del patrimonio istituzionalmente destinato all'esclusivo soddisfacimento dei relativi bisogni. Non incide infine sulla detta conclusione né la natura gratuita del conferimento né la facoltà, espressamente riconosciuta ai coniugi dal legislatore, di derogare convenzionalmente alla previsione del divieto di alienazione dei beni del fondo, disposta in via generale (art. 169 comma 2 c.c.);

4) la disciplina ritenuta applicabile in presenza di figli minori è estensibile al caso di nascituri.

Appare però possibile, come affermato da una parte della giurisprudenza di merito (Trib. Milano, decr., 30 marzo 2015 Pres. Servetti, est. Buffone), un'interpretazione della suddetta pronuncia in linea con l'effettivo interesse dei figli minori coinvolti.

Deve, quindi, continuarsi ad affermare l'autonomia dei coniugi nell'atto di scioglimento consensuale del fondo patrimoniale (anche sub specie di cd. svuotamento) – quindi senza necessità di autorizzazione giudiziale – in mancanza di figli.

Deve, invece, ritenersi necessario lo scrutinio del giudice ove vi sia prole. In questo caso, l'intervento del giudice deve stimarsi necessario per valutare l'interesse dei figli ad interloquire sulle opzioni dei genitori, ad esempio mediante audizione ex art. 336-bis c.c. oppure mediante nomina di un curatore speciale, atti che però non sono consequenziali tout court alla istanza dei genitori di disporre del fondo.

La stessa Suprema Corte, infatti, parla di “astratta configurabilità” di un interesse ad interloquire, così affidando al giudice il compito di verificare se tale “configurabilità”, sia anche “concreta” nei singoli casi.

Nel caso in cui ad esempio i genitori nell'istanza prospettino che il bene oggetto del fondo verrebbe ceduto ad un prezzo risultante da un perizia asseverata il vincolo separativo del patrimonio conserverebbe, comunque, intatta una sua propria consistenza affatto incisa in modo significativo dalla alienazione dell'immobile. Del pari se i genitori riferiscano espressamente di volere effettuare l'operazione negoziale per ottenere liquidità da mettere al servizio del minore, soprattutto per le esigenze attuali e future scolastiche e di vita, questa opzione risponderebbe certamente all'interesse della prole che, dunque, si stima non necessario coinvolgere nella procedura.

D'altro canto, là dove i genitori siano “d'accordo” quanto alla scelta da porre in essere per i figli, il principio generale dell'ordinamento è nel senso di tutelare l'autodeterminazione genitoriale, limitando l'ingerenza del giudice (v. ad es., art. 337-ter c.c.: il giudice “prende atto degli accordi”), così ripudiando un controllo “sulle scelte dei genitori” che deve essere invece un controllo “sull'interesse del minore”. Ciò è oggi rafforzato dalle modifiche apportate dal d.lgs. n. 154/2013 con il passaggio dalla “potestà genitoriale” alla “responsabilità” genitoriale: sono i genitori “responsabili” dell'interesse dei minori. Solo in via residuale, è ammesso un intervento della magistratura.

In conclusione

Il panorama sopra delineato evidenzia una tendenza del legislatore ma soprattutto della giurisprudenza di legittimità a valorizzare la posizione del minore in tutti i procedimenti in cui è coinvolto come un autonomo centro di interessi non sempre e non del tutto coincidenti con quello dei genitori che ne sono i rappresentati legali.

In tutte le ipotesi in cui i genitori non curino o non coltivino in concreto ed effettivamente in ambito processuale l'interesse dei figli, viene in rilievo il prudente apprezzamento del giudice che attraverso l'istituto del curatore speciale del minore può tutelare sul piano sostanziale e processuale il minore stesso.

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