Il Giudice competente per la nomina del tutore di minori stranieri non accompagnati

25 Settembre 2017

La questione oggetto della pronuncia attiene alla determinazione del Giudice competente per la nomina del tutore di un minore straniero non accompagnato che sbarca illegalmente in Italia...
Massima

Ai sensi dell'art. 19, comma 5, d.lgs. n. 142/2015, appartiene al Giudice tutelare del luogo ove si colloca la struttura di prima accoglienza la competenza per la nomina del tutore provvisorio di un minore straniero non accompagnato entrato illegalmente in Italia, cosicché quest'ultimo possa adeguatamente esercitare i propri diritti di richiedere la protezione internazionale e domandare il rilascio del permesso di soggiorno; è, invece, competente alla nomina del tutore il Tribunale per i minorenni, qualora sia pendente un procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità.

Il caso

Con la pronuncia in commento la sezione VI civile della Corte di Cassazione si pronunciava sul ricorso per conflitto di competenza sollevato dal Tribunale per i Minorenni di Palermo con ordinanza depositata il 3 ottobre 2016 a seguito della declinatoria di competenza del Tribunale di Marsala che con provvedimento del 20 giugno 2016 dichiarava di non essere competente in ordine alla nomina del tutore di un minore straniero sbarcato irregolarmente in Italia senza familiari affermando che la stessa sarebbe invece radicata presso il Tribunale per i minorenni.

Il Tribunale per i minorenni sollevava tale conflitto osservando che la declinatoria di competenza del Tribunale di Marsala si poneva in contrasto con l'art. 19, comma 5, d.lgs. n. 142/2015. La Corte di Cassazione riteneva fondato il conflitto proposto dal Tribunale per i minorenni muovendo dal rilievo che l'art. 19 d.lgs. n. 142/2015 si rivolge ad una particolare categoria di cittadini stranieri, ovvero i minori stranieri non accompagnati, per i quali è previsto (al comma 5) che «L'autorità di pubblica sicurezza dà immediata comunicazione della presenza di un minore non accompagnato al giudice tutelare per l'apertura della tutela e per la nomina del tutore, a norma degli artt. 343 ss. c.c., al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni e al Tribunale per i minorenni per la ratifica delle misure di accoglienza predisposte».

Tale intervento deve avere il carattere della rapidità richiedendo una prossimità temporale che non può essere assicurata dalla scelta di un organo distrettuale come il Tribunale per i minorenni. Né ad inficiare tale assunto vale il dato normativo ricavabile dall'art. 33, commi 4 e 5, l. n. 184/1983, trattandosi di norme che regolano ipotesi del tutto distinte (ovvero quella della protezione del minore in vista dell'adozione) da quella della prima accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Ciò chiarito, a parere della Corte di legittimità, la nomina del tutore deve avvenire ad opera del Giudice tutelare e non del Tribunale per i minorenni, la cui competenza in ordine alla nomina del tutore del minore si radica, dunque, soltanto ove sia pendente un procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità.

La questione

La questione oggetto della pronuncia attiene alla determinazione del Giudice competente per la nomina del tutore di un minore straniero non accompagnato che sbarca illegalmente in Italia ove riceve le misure di prima accoglienza, considerato che l'apertura della tutela è finalizzata ad attribuire al minore la rappresentanza legale necessaria per richiedere lo statusdi protezione internazionale o il permesso di soggiorno secondo le modalità indicate all'art. 18 d.lgs. n. 142/2015.

Le soluzioni giuridiche

Il conflitto di competenza, sollevato dal Tribunale per i minorenni di Palermo in ordine alla nomina del tutore del minore straniero non accompagnato, se cioè spetti al Tribunale ordinario nella qualità di Giudice tutelare ovvero al Tribunale specializzato, postula il richiamo al d.lgs. n. 142/2015 che recepisce le direttive 2013/33/UE (recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) e 2013/32/UE (recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale). In particolare gli artt. 18 e 19 si collocano all'interno del capo I, riguardante il recepimento della direttiva sull' accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, e prendono in esame una categoria peculiare di cittadini stranieri: i minori (art. 18) e i minori non accompagnati ovvero, secondo la definizione contenuta nell'art. 2, lett. e), medesimo decreto, «lo straniero di età inferiore agli anni diciotto, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale».

Per tale tipologia di minori, privi di familiari adulti, l'art. 19 indica le modalità di assistenza ed accoglienza immediata (comma 1) e quelle più stabili e durature, prescrivendo al comma 5 che, stabilito il luogo di accoglienza, l'autorità di pubblica sicurezza dia immediata comunicazione della presenza del minore al Giudice tutelare per l'apertura della tutela, in modo che il minore possa richiedere, dopo essere stato adeguatamente informato sui propri diritti (art. 18), lo status di protezione internazionale o il rilascio di permesso di soggiorno.

Con riguardo alle fonti della disciplina, va premesso che è in primis la Costituzione a garantire i diritti dello straniero prevedendo il riconoscimento dei diritti inviolabili dell'uomo (art. 2) e, in particolare, la protezione dell'infanzia e della gioventù (art. 31), senza distinzione di nazionalità. La Corte costituzionale con una ormai lontana pronuncia C. cost, 15 luglio 1986, n. 199 ha affermato che debbono essere estesi al minore straniero i diritti inviolabili e con una pronuncia del C. cost. 11 dicembre 1989, n. 536 ha ribadito il concetto della parità, agli effetti della garanzia dei diritti primari dell'uomo, tra il minore cittadino italiano e lo straniero.

Va altresì menzionata la Convenzione dell'Aja sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori del 5 ottobre 1961, ratificata con l. 24 ottobre 1980 n. 742 ed entrata in vigore solo nel 1995, che prevede un complesso sistema di protezione dei minori individuando più autorità competenti ognuna delle quali può intervenire con provvedimenti di rango diverso, diretti a durare nel tempo a seconda delle circostanze e regolati dalle norme della Convenzione che stabilisce il dovere di tali autorità di comunicare tra loro. Vi è poi l'art. 42 l. n. 218/1995, di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, che richiama il sistema di protezione della Convenzione dell'Aja del 1961 per tutte le persone incapaci, che appartengano o meno agli Stati contraenti, sia per stabilire la giurisdizione, sia per individuare la legge applicabile. Detta legge, stabilendo che questi provvedimenti di protezione vengono adottati in Italia secondo lo schema procedurale della volontaria giurisdizione (art. 9), ha ribadito anche sotto tale profilo la giurisdizione italiana per tutti i minori stranieri, con i limiti stabiliti dalla convenzione quanto ai rapporti tra provvedimenti di altre autorità giudiziarie competenti. Ed infatti l'art. 37-bis l. n. 184/1983 estende la legge italiana ai minori stranieri che si trovano in stato di abbandono sul territorio italiano in tema di affidamento, adozione e provvedimenti di urgenza. Si devono ancora richiamare in questo stesso senso altri importanti testi normativi sovranazionali. La Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata con l. 27 maggio 1991 n. 176, accorda uguale tutela al minore indipendentemente dalla sua appartenenza o nazionalità sottolineando che tutti i provvedimenti che lo riguardano debbono essere indirizzati a realizzare il suo superiore interesse. La Convenzione europea di Strasburgo sull'esercizio dei diritti dei minori del 25 gennaio 1996, ratificata con la l. 20 marzo 2003, n. 77, assicura a tutti i minori uguale trattamento nelle vicende giudiziarie che li riguardano, prevedendo il loro diritto all'ascolto, all'informazione, all'assistenza ed alla rappresentanza.

La condizione giuridica dei minori stranieri non accompagnati deriva in ultima analisi dalla lettura combinata della normativa sui minori, che li considera soggetti deboli i cui diritti e interessi devono essere tutelati e promossi, con l'applicazione della disciplina dell'immigrazione. Quest'ultima tutela, invece, beni giuridici pubblici quali l'integrità dei confini nazionali, l'ordine pubblico e la stabilità del mercato del lavoro. Pertanto le norme che regolano la peculiare condizione di straniero del minore devono essere lette applicando il criterio cosiddetto della "interpretazione sistematica", secondo cui alle norme giuridiche deve essere attribuito il significato, tra quelli che la lettera della norma consente, che sia coerente con tutto il sistema normativo. Una lettura coerente dei due corpi normativi in esame, dunque, non può che comportare un'applicazione della normativa sull'immigrazione in una prospettiva di tutela dei soggetti minorenni con la conseguente affermazione della priorità giuridica delle norme di tutela del minore il cui interesse deve essere perseguito, in concreto, sia dall'autorità amministrativa nell'esercizio della propria attività, sia dall'autorità giudiziaria nello svolgimento delle proprie funzioni.

Quindi, per il nostro ordinamento giuridico, il minore straniero non accompagnato è innanzitutto un minore, ovvero un soggetto che ha necessità di essere assistito, accudito e tutelato. La generale definizione di minore straniero non accompagnato è di derivazione comunitaria ed indica il cittadino «di paesi terzi o gli apolidi di età inferiore ai diciotto anni che entrano nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnati da una persona adulta responsabile per essi in base alla legge o agli usi, finché non ne assuma effettivamente la custodia una persona per essi responsabile, ovvero i minori che sono lasciati senza accompagnamento una volta entrati nel territorio degli Stati membri».

Nel contesto nazionale il legislatore aveva fornito una definizione accurata del minore straniero non accompagnato come «quel minore non avente cittadinanza italiana o di altro Paese dell'Unione Europea e che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova in Italia privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano». Con il d.lgs. 28 gennaio 2008 n. 25 (attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato - art. 19) prima e, successivamente, con il d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142 (attuazione della direttiva 2013/33/UE, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), in conformità con quanto previsto dall'art. 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 (convenzione di New York), il minore straniero non accompagnato assume un ruolo soggettivo autonomo rispetto a coloro i quali ne esercitano la responsabilità genitoriale.

La recente l. 7 aprile 2017, n. 47, colmando un vuoto normativo dovuto alla carenza di strumenti normativi specifici a tutela di tali minori, stante l'impossibilità di equipararli ai minori “abbandonati”, ha poi introdotto una disciplina specifica proprio per detta categoria garantendo altresì una uniformità di trattamento a livello nazionale.

Proprio al fine di rendere effettivo l'esercizio dei diritti loro riconosciuti è indispensabile la nomina di un tutore, rappresentando tale nomina una misura di protezione atta ad assicurare il rispetto dell'interesse superiore del minore. Per questo, l'avvio del procedimento di richiesta di asilo politico o altri procedimenti amministrativi o giudiziari può avvenire solo dopo la nomina del tutore.

È obbligatorio quindi aprire la tutela per tutti i minori stranieri, se non accompagnati.

L'art. 343 c.c. impone che la tutela sia aperta allorché i genitori, per morte o per altra causa, siano nell'impossibilità di esercitare la potestà. La lontananza è, di tutta evidenza, una delle cause di detta impossibilità. Secondo la disciplina di carattere generale la tutela del minore si apre presso il Tribunale del circondario dove è la sede principale degli affari e degli interessi del minore (art. 343 c.c.) e il Giudice tutelare (presso il Tribunale competente), chiamato a soprintendere la procedura, nonché ad esercitare le altre funzioni affidategli dalla legge (art. 344 c.c.), «appena avuta notizia del fatto da cui deriva l'apertura della tutela, procede alla nomina del tutore» (art. 346 c.c.).

Con riguardo alla competenza a pronunciarsi in ordine alla nomina del tutore, la Cassazione nella pronuncia in commento, contrariamente alla declinatoria di competenza del Tribunale ordinario, ha rilevato che la nomina del tutore spetti al Tribunale specializzato soltanto ove sia pendente un procedimento volto alla dichiarazione dello stato di adottabilità del minore: invero l'art. 33, comma 3, 4 e 5, l. n. 184/1983 (come novellato dalla l. 31 dicembre 1998 n. 476) indica singoli minori», operando «esclusivamente all'interno del sistema di protezione della dignità del minore straniero in vista di un'adozione da parte dei cittadini italiani»; tale disposizione regolerebbe, in sostanza, «fenomeni nettamente diversi da quelli riguardanti le esigenze e le misure di prima accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che sbarcano in Italia, in fuga dal paese d'origine, per ragione da sottoporre al vaglio dell'autorità amministrativa e giudiziaria italiana, al fine di conservare il diritto di rimanere nel nostro paese».

Lo status di «minore abbandonato» ex art. 9 e 10 ovvero di «minore straniero abbandonato» ex art. 37-bis l. n. 184/1983 non è ritenuto assimilabile allo status acquisibile dal «minore straniero» che entra in Italia «non accompagnato»; la verifica dello status di «abbandonato» può infatti, al più, costituire un passaggio successivo a quella dello status di «rifugiato» del minore straniero non accompagnato. Ed invero, mentre il minore acquisisce lo status di abbandonato perché i genitori e/o i familiari si sono rivelati inidonei (o non hanno voluto provvedere) ad educarlo e ad allevarlo, lo status di rifugiato si fonda su ragioni diverse. Proprio in ragione di tale status particolare l'art. 19, comma 5, d.lgs. n. 142/2015 prescrive l'obbligo di ricorrere alla nomina immediata del rappresentante legale da parte del Giudice tutelare del luogo ove è collocata la struttura di accoglienza, per l'altro, assegna al Tribunale per i minorenni del distretto di riferimento il compito di ratificare le misure di accoglienza predisposte.

Solo successivamente alla fase finalizzata all'apertura della tutela in favore del minore, il rappresentante legale nominato avvia la procedura diretta alla verifica delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero, qualora esse non sussistano, al riconoscimento della protezione sussidiaria o ancora della protezione umanitaria sulla base di una valutazione individuale della situazione personale del minore.

Osservazioni

Una volta nominato il tutore, la posizione del minore straniero non accompagnato viene valutata dalla commissione territoriale competente e, in caso di esito negativo, dal Tribunale ordinario. Ottenuta la protezione internazionale, ove ne sussistano le condizioni, competente a dichiarare lo stato di abbandono e di adottabilità del minore e a provvedere sulla domanda di adozione successivamente proposta secondo gli art. 8 ss. l. 184/1983, è il Tribunale per i minorenni, Giudice deputato altresì a ratificare le misure di accoglienza predisposte al suo arrivo nel territorio nazionale. È evidente, pertanto, che il sistema di tutela (in questo non innovato dall'entrata in vigore della l. n. 47/2017) si caratterizza per la frammentazione delle competenze tra organi amministrativi e giurisdizionali nonché tra giudice specializzato e giudice ordinario. Il primo, competente all'adozione dei provvedimenti in materia di espulsione e di rimpatrio dei m.s.n.a., all'affidamento ai servizi sociali laddove il minore divenuto maggiore di età necessiti di «supporto prolungato volto al buon esito del percorso finalizzato all'autonomia» (art. 13), come pure per la conservazione dell'elenco dei tutori volontari; l'altro, competente in materia di impugnazione dell'accertamento socio-sanitario promosso dal PM minorile. Nulla cambia con riguardo alla tradizionale competenza codicistica in tema di nomina del tutore, che continua ad essere rimessa al Giudice tutelare. Con ciò provocando, come nel caso sottoposto all'esame della Suprema Corte, una inevitabile dilatazione dei tempi di definizione della fase di nomina del tutore, necessario presupposto per garantire al minore straniero non accompagnato sbarcato nel nostro paese che i suoi diritti non rimangono mere enunciazioni di principio, ma vengano viceversa concretamente azionati, dando così voce ad un soggetto per definizione vulnerabile in quanto privo di assistenza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili.

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