Sezioni Unite: il giudice può interpellare la madre che abbia chiesto alla nascita di restare anonima
26 Gennaio 2017
Il caso. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto alla Suprema Corte di enunciare un principio di diritto in tema di parto anonimo e diritto del figlio a conoscere le proprie origini che chiarisca se, ai fini dell'applicabilità dello strumento dell'interpello, previsto dalla sentenza della Corte cost. n. 278/2013, sia necessario un intervento legislativo oppure se, in mancanza di una normativa ad hoc, e anche in virtù della condanna inflitta all'Italia dalla Corte EDU (Godelli contro Italia 2012), sia possibile per il Giudice applicare l'istituto in via sussidiaria, su richiesta del figlio. Data la particolare rilevanza della questione, il Primo Presidente ha disposto l'intervento delle Sezioni Unite.
In attesa del legislatore, il Giudice può interpellare la madre anonima. Le Sezioni Unite, ritenendo fondata la richiesta del Procuratore, enunciano, nell'interesse della legge, che: «In tema di parto anonimo, per effetto della sentenza della Corte cost. n. 278/2013, ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte Costituzionale, idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna; fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l'anonimato non sia rimossa in seguito all'interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità». |