L’ascolto del minore nella negoziazione assistita

26 Ottobre 2015

L'entrata in vigore della l. 162/2014, ha previsto una nuova modalità di definizione “degiurisdizionalizzata” delle controversie per separazione personale, divorzio, nonché per la modifica delle condizioni di separazione e divorzio: i raggiunti accordi di negoziazione assistita (che in assenza di figli possono essere sottoscritti avanti all'Ufficiale dello Stato Civile) vengono trascritti previa acquisizione del nulla osta ovvero dell'autorizzazione del Procuratore della Repubblica attraverso un iter specifico che, pur coinvolgendo diritti ed interessi dei figli, non prevede in nessuna fase la loro audizione.
Il quadro normativo

Come noto con la l. 10 novembre 2014, n. 162 (che ha convertito con modificazioni il d.l. 12 settembre 2014, n. 132) è stato introdotto nel nostro ordinamento l'istituto della negoziazione assistita che consente di procedere in via volontaria alla soluzione consensuale delle controversie relative ai procedimenti per separazione personale, cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, oltre che di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. La normativa si è preoccupata di individuare - ponendo le dovute distinzioni - il procedimento da seguire per richiedere la negoziazione assistita e per redigere il relativo accordo, e ha operato delle significative distinzioni avuto riguardo alle specifiche modalità di definizione del procedimento avendo in buona sostanza previsto un iter “semplificato” senza la necessità di difesa tecnica avanti all'Ufficiale dello Stato Civile possibile solo per le coppie senza figli (art.12) e avendo invece previsto uno specifico “vaglio” con “nulla osta” da parte del Pubblico Ministero per le coppie che intendano accedere allo strumento della negoziazione assistita e che non abbiano figli minori (o maggiorenni ma economicamente autosufficienti) e con specifica «autorizzazione dell'accordo di negoziazione assistita» allorché si sia in presenza di figli minori, maggiorenni non economicamente autosufficienti ovvero affetti da handicap grave. La norma prevede, peraltro, specifici doveri deontologici in capo ai difensori (almeno due) che assistono le parti nel percorso di negoziazione assistita e nella redazione del successivo accordo, rimettendo ai medesimi di informare gli assistiti della possibilità di accedere alla mediazione, di tentare di conciliare la lite, di informarli dell'importanza «per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori».

La legge, peraltro, non contiene in nessuna sua parte un riferimento alla necessità che i minori coinvolti nel relativo procedimento debbano ovvero possano essere ascoltati: non solo, infatti, nell'istituto della negoziazione assistita non è previsto uno spazio dedicato all'ascolto del minore ma neppure è previsto un vaglio relativo alla superfluità ovvero alla non necessarietà dell'audizione del minore medesimo e ciò sebbene sia indubitabile che anche nel procedimento che andrà a concludersi con l'accordo di negoziazione assistita i minori siano direttamente coinvolti non diversamente da quanto avviene in una procedimento contenzioso per separazione o divorzio giudiziale ovvero per modifica delle condizioni di separazione o divorzio. Scelta indubbiamente sorprendente dal momento che la vigente normativa internazionale (art. 12 Conv. di New York del 1989), comunitaria (Conv. di Strasburgo e Carta di Nizza) ma anche nazionale (già con l'art. 155 sexies introdotto con la l. 8 febbraio 2006, n. 54, e successivamente oggi con gli artt. 315 bis, 336 bis, 337 octies c.c e 38 disp.att.c.c.) prevede non solo il diritto del minore ad essere ascoltato «su tutte le questioni e nelle procedure che lo riguardano», ma uno specifico obbligo dell'autorità giudiziaria di procedere alla sua audizione allorché il minore abbia compiuto i 12 anni (ma anche di età inferiore purché dotato di discernimento) con la sola esclusione delle ipotesi in cui l'ascolto del fanciullo possa risultargli gravemente pregiudizievole ovvero manifestamente superfluo.

Mancata previsione dell'ascolto: scelta o dimenticanza?

Poiché la negoziazione assistista si inserisce in un panorama giuridico e normativo in cui la doverosità dell'ascolto del minore risultava principio definitivamente acquisito (la l. 219/2013 aveva fugato ogni dubbio in ordine alla doverosità dell'audizione del minore ultradodicenne) non appare superfluo interrogarsi sulle ragioni per cui il legislatore abbia inteso omettere ogni riferimento alla relativa audizione, in altri termini chiedersi se si tratti di una dimenticanza ovvero di una scelta consapevole e in tale ultima ipotesi, quali siano le ragioni della scelta operata.

Appare difficile credere che il legislatore, dopo aver opportunamente individuato e dato voce ai minori creando un sistema di norme destinate a prevedere quando e con quali modalità i minori devono essere ascolti nei procedimenti che li riguardano (e del pari stabilire in quali e più marginali ipotesi l'ascolto del minore debba essere escluso), abbia di lì a poco tracciato un sistema alternativo (rispetto a quello giudiziario) di definizione della medesima tipologia di giudizi (ossia attraverso un accordo di negoziazione assistita) omettendo ed escludendo ogni e qualsiasi riferimento all'audizione dei minori.

Non appare superfluo sottolineare che la tipologia di conflitto che la negoziazione assistita si propone di definire non è affatto differente da quello sottoponibile al vaglio dell'autorità giudiziaria (analogia di soggetti, presenza in entrambi i casi di figli minori ovvero maggiori ma non economicamente autosufficienti, sostanziale identità degli aspetti da regolamentare: affidamento della prole, decisioni sul collocamento dei figli, individuazione delle modalità di esercizio del diritto di visita, regime degli aspetti patrimoniali relativi alla misura e alla modalità del mantenimento della prole) con la conseguenza che tale omissione risulta ancor più sorprendente e incomprensibile.

La circostanza che il contratto di negoziazione assistita sia consacrato - al buon esito della negoziazione - in un accordo (perdendo ogni possibile connotazione contenziosa) non può costituire una ragione sufficiente a spiegare la totale omissione di ogni e qualsiasi riferimento o spazio deputato all'ascolto del minore ovvero alla valutazione della sua mancata audizione. Né si dica che la fattispecie è sovrapponibile a quella della “separazione consensuale o del divorzio congiunto” dal momento che i procedimenti giurisdizionali anche su accordo rimettono al Tribunale - in sede rispettivamente di omologazione o con la relativa statuizione - una specifica ed espressa valutazione sulla “superfluità/ non necessarietà” dell'audizione dei minori, sempre esperibile che può essere omessa solo in quanto ritenuta e valutata superflua rispetto al contenuto degli accordi raggiunti dai genitori e quindi rispettosa degli interessi e della volontà dei figli minori.

Nessun vaglio è invece previsto per la negoziazione assistita: non dai difensori, non dal Procuratore della Repubblica in sede di rilascio della prescritta autorizzazione, neppure dal Presidente del Tribunale nel caso di diniego di autorizzazione da parte del PM.

La voce e la volontà dei minori viene quindi affidata in via esclusiva ai loro genitori: a nessuno compete valutare se l'accordo di negoziazione assistita sia rispettoso della specifica volontà dei figli di quella coppia genitoriale. Il Pubblico Ministero non può negare l'autorizzazione dell'accordo per mancato ascolto dei minori, non essedo la loro audizione elemento rimesso alla sua valutazione.

In assenza di ragioni giuridiche apprezzabili idonee a giustificare una siffatta scelta, deve semplicemente concludersi che il legislatore si sia dimenticato non solo della necessità che i minori siano sentiti in tutti i procedimenti che li riguardano (o che afferiscono a loro interessi) ma abbia altresì espressamente omesso di prevedere un organo deputato a verificare che la loro audizione sia manifestamente superflua. Dimenticanza, o forse più probabilmente, mancanza di coordinamento con istituti giudici esistenti.

Diversamente ragionando deve ritenersi che la natura sostanzialmente amministrativa (degiurisdizionalizzata) del procedimento sia sufficiente ad escludere la necessarietà della audizione della prole minore (e quindi della valutazione della volontà e dei desideri dei soggetti minori coinvolti dall'accordo): la valutazione anche in termini di superfluità dell'audizione sarebbe integralmente assorbita nella certificazione (rimessa ai difensori delle parti) di non contrarietà alle norme imperative e all'ordine pubblico dell'accordo raggiunto dagli assistiti e ciò con tutte le implicazioni che, per il difensore, tale certificazione (rafforzata con la verifica qui implicitamente ipotizzata) assume ma anche con la conseguenza di una certificazione non conforme alle norme imperative, laddove tra le stesse venisse ricompresa l'obbligatorietà dell'audizione del minore (o la valutazione della sua manifesta superfluità).

Il ruolo dei difensori, del Pubblico Ministero, del Presidente del tribunale

La l. 162/2014 prevede specifici doveri e compiti in capo ai difensori, al Procuratore della Repubblica, al Presidente del Tribunale. Come già detto, peraltro, la legge non impone a nessuno dei soggetti che assistono a vario titolo le parti nella redazione dell'accordo di negoziazione assistita, o siano chiamati a valutare la ritualità del relativo procedimento, di procedere all'ascolto dei minori o anche solo alla valutazione della manifesta superfluità della loro audizione.

L'avvocato ha specifici doveri “deontologici” nei confronti dell'assistito: deve informarlo, all'atto del conferimento dell'incarico, della possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita, deve certificare l'autografia delle sottoscrizioni apposte alla convenzione, deve comportarsi con lealtà durante la fase di negoziazione tenendo riservate le informazioni ricevute che non potranno essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto, ha l'obbligo di dare atto, nell'accordo di negoziazione, di aver tentato di conciliare le parti, deve informare le parti della possibilità di esperire la mediazione familiare e dell'importanza «per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori» ed infine, devecertificare che l'accordo raggiunto non è contrario all'ordine pubblico o alle norme imperative.

È indubbio che l'avvocato non debba e non possa ascoltare il minore: forse un legislatore più attento avrebbe potuto prevedere un obbligo per il difensore di “certificare” che l'accordo raggiunto rendeva superflua l'audizione dei figli minori perché rispettoso del principio della bigenitorialità, ovvero perché conforme alla loro volontà per “come concordemente riferita dai genitori”.

L'evidenziata lacuna legislativa esclude, peraltro, che il Pubblico Ministero possa rigettare la richiesta di autorizzazione dell'accordo di negoziazione assistita per omessa audizione dei figli minori ultradodicenni. Se ciò è vero, resta da chiedersi se il potere di azione del Procuratore della Repubblica sia limitato alla sola autorizzazione/rigetto in toto dell'autorizzazione dell'accordo ovvero se possano prospettarsi ambiti di possibile “interlocuzione” tra le parti e difensori sì da consentirgli un più puntuale apprezzamento dei termini dell'accordo. Si pensi al caso in cui, ad esempio, un accordo di negoziazione assistita preveda limitati spazi di frequentazione tra un genitore e figli: la possibilità (ad oggi non prevista dalla normativa in esame, ma per il vero neppure esclusa) di sentire le parti ad esempio a chiarimenti (è indubbio che si tratterebbe di una fase procedimentale normativamente non prevista), potrebbe essere un mezzo per “ dare voce” - anche se in via indiretta - ai minori nel relativo procedimento lasciando ai genitori di esplicitare in concreto la volontà del fanciullo ad esempio illustrandone le motivazioni. Si verrebbe in tal modo ad escludere o quantomeno a limitare le fattispecie di dinieghi di autorizzazione di accordi di negoziazione che, ad esempio, si discostino da una regolamentazione “standard” delle relazioni genitori/figli rimettendo ai genitori il compito non solo di rendersi latori della volontà dei figli nel procedimento ma anche di esplicitarne, concordemente, i desiderata.

Da ultimo non può non considerarsi che anche la fase, per così dire eventuale, davanti al Presidente del Tribunale (nel caso di diniego di autorizzazione), salvo le ipotesi in cui si concluda in una «omologazione dell'accordo di negoziazione assistita» (Trib. Pistoia decr. 12/16 marzo 2015), non prevede spazi per l'audizione del minore ovvero per la valutazione della manifesta superfluità dell'ascolto. Peraltro, a parere di chi scrive, un'audizione dei minori in questa fase, sebbene non espressamente prevista, non sarebbe affatto incompatibile con il sistema, ed anzi potrebbe agevolare e rendere possibile l'autorizzazione complessiva dell'accordo di negoziazione a fronte dei chiarimenti eventualmente resi anche dagli stessi minori.

In conclusione

La legge sulla negoziazione assistita non contempla e non lascia spazio all'audizione dei minori: pare che il legislatore se ne sia dimenticato sia dal punto di vista sostanziale sia dal punto di vista formale. Allorchè sia stata una scelta consapevole, difficile risulta la comprensione delle ragioni alla stessa sottese.

Il procedimento, pur degiurisdizionalizzato, coinvolge in via primaria e immediata diritti ed interessi dei minori: interessi incomprimibili di rango primario in tutto analoghi a quelli valutati ed apprezzati dall'autorità giudiziaria nei procedimenti giudiziali. La natura “amministrativa” del procedimento non modifica la natura dei diritti coinvolti e con essa disciplinati e impone di riflettere su soluzioni - anche de iure condendo - che prevedano l'apprezzamento negli accordi della volontà e dei desideri dei minori coinvolti in quel procedimento.

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