Indennità di maternità: nessun limite all’età del minore italiano adottato dalla libera professionista
26 Ottobre 2015
Mancata concessione dell'indennità di maternità. Una madre libera professionista otteneva dal Tribunale per i minorenni competente, in favore suo e del marito, l'affidamento preadottivo di un minore di nazionalità italiana e, successivamente, presentava presso la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali (alla quale era iscritta) una domanda volta ad ottenere l'indennità di maternità. La Cassa nazionale rigettava la domanda eccependo come tale indennità dovesse essere erogata esclusivamente ove il minore non avesse già compiuto sei anni. A seguito di tale rifiuto la madre adiva il Tribunale ordinario di Verbania, in funzione di giudice del lavoro, denunciando l'illegittimità e il carattere discriminatorio del provvedimento di rigetto incentrato sul rilievo che il minore avesse già compiuto il sesto anno di età al momento dell'ingresso nel nucleo familiare. La Cassa nazionale di previdenza si costituiva in giudizio eccependo in via preliminare la tardività della domanda amministrativa, presentata dalla richiedente oltre il termine perentorio di centottanta giorni decorrente dall'ingresso del minore nella famiglia. L'ente contestava, altresì, la fondatezza della richiesta, in quanto, era possibile beneficiare dell'indennità solo se il minore non avesse superato i sei anni di età. La ricorrente replicava che la domanda era da considerarsi tempestiva in quanto solo il decreto di affidamento preadottivo legittimava la richiesta di indennità e il termine di centottanta giorni decorreva dallo stabile ingresso del minore nel nucleo familiare.
La questione di legittimità costituzionale. Il Tribunale di Verbania, con ordinanza, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 72 d. lgs. n. 151/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), in riferimento agli artt. 3, comma 1, 31, comma 2, e 37, comma 1 Cost., nella parte in cui, in caso di adozione nazionale, concede l'indennità di maternità alla madre libera professionista solo se il bambino non abbia superato i sei anni di età. Il giudice rimettente sostiene che la normativa relativa all'indennità di maternità, nel prevedere il limite dei sei anni di età del minore esclusivamente per la madre libera professionista che ricorra all'adozione nazionale, contravvenga al fondamentale principio di uguaglianza e a quello di tutela della maternità e dell'infanzia. Inoltre, evidenzia che tale limite è stato superato dal legislatore per i lavoratori dipendenti (l. 24 dicembre 2007, n. 244) e la stessa Corte ha dichiarato illegittimo per la madre libera professionista che ha optato per l'adozione internazionale (sent. n. 371/ 2003). Tale disparità di trattamento non trova giustificazione anche alla luce della «notevole durata» della procedura di adozione nazionale che spesso implica, allorché interviene il decreto di affidamento preadottivo, il superamento del limite dei sei anni di età. La norma impugnata risulta, altresì, in contrasto con i precetti costituzionali che impongono di «supportare in modo effettivo le famiglie e soprattutto le donne, le quali si trovano a sostenere l'arduo compito di far coesistere il loro ruolo di lavoratrici con quello di madri e di conseguire l'interesse dei minori». Inoltre, «l'interesse dei minori non è meno meritevole di tutela nella procedura di adozione nazionale, che registra, al pari della procedura di adozione internazionale, difficoltà e “problematiche sociali e psicologiche” anche quando il minore abbia superato i sei anni di età». Nel giudizio interviene la ricorrente chiedendo l'accoglimento della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale ordinario di Verbania.
La decisione della Consulta. La Corte Costituzionale, nell'affrontare la questione, muove dall'inquadramento delle finalità dell'istituto. Nell'indennità di maternità, alla funzione di tutela della donna, si affianca anche quella di garantire l'interesse del minore: proprio su tale presupposto il trattamento di maternità è stato progressivamente esteso dal legislatore anche alle ipotesi di affidamento e adozione. L'estensione, prima circoscritta alle lavoratrici dipendenti, ha coinvolto successivamente le lavoratrici autonome e le madri libere professioniste. Al minore, indipendentemente dalle implicazioni biologiche del rapporto con la madre, deve essere garantito uno sviluppo della personalità compiuto e armonico che, in caso di affidamento o adozione, non può prescindere dall'assistenza durante il delicato inserimento in un nuovo nucleo familiare. In questo quadro, il beneficio dell'indennità di maternità costituisce attuazione dell'art. 37 Cost. che esige un'adeguata protezione per la madre e il bambino e dal quale deriva che quest'ultimo non può subire discriminazioni legate alla tipologia del rapporto di lavoro della madre o della particolarità del rapporto di filiazione. La Consulta evidenzia che la normativa censurata, negando l'indennità di maternità alle madri libere professioniste che adottino un minore di nazionalità italiana che abbia già compiuto i sei anni, si pone in contrasto con il principio di uguaglianza e con quello di tutela della maternità e dell'infanzia. Una situazione come quella in esame non può considerarsi meno meritevole di tutela per il solo fatto che il bambino abbia superato il limite di età al momento dell' ingresso nel nucleo familiare, essendo il momento dell'inserimento sempre ed ugualmente delicato. Il giudice delle leggi precisa, inoltre, che l'art.20 del d.lgs. n. 80/2015 (Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro) svincola definitivamente l'erogazione dell'indennità dal requisito del mancato superamento dei sei anni di età del bambino, ponendo rimedio all'incongruenza censurata. Per questi motivi l'art. 72 del d.lgs. n. 151/2001 è costituzionalmente illegittimo, nella versione antecedente alle novità introdotte dall'art. 20 d.lgs. n.80/2015. |