Adottabile il minore costretto da parte dei genitori a rimanere in uno stato infantile

Marta Rovacchi
27 Maggio 2016

La situazione di abbandono è presupposto necessario per la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore ed è configurabile ogniqualvolta si accerti l'inadeguatezza dei genitori "naturali" a garantirgli il normale sviluppo psico-fisico.
Massima

La situazione di abbandono è presupposto necessario per la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore ed è configurabile ogniqualvolta si accerti l'inadeguatezza dei genitori naturali a garantirgli il normale sviluppo psico-fisico.

Il caso

Il Tribunale per i minorenni di Roma, nel 2013, dichiarava lo stato di adottabilità di una minore di dieci anni sul presupposto della inadeguatezza genitoriale di entrambi i genitori, i quali avevano tenuto la figlia in un completo stato di isolamento, impedendone ogni frequentazione che non fosse quella con i soli genitori, tanto da non farle nemmeno frequentare alcuna scuola.

Dopo l'apertura del fascicolo da parte della Procura, la bimba veniva collocata in una struttura comunitaria e si apriva il procedimento di verifica della genitorialità. Quest'ultima dava esito negativo, avendo la madre dimostrato di perseverare nelle proprie convinzioni, addirittura spingendosi a rimproverare la figlia di rivelare le sue condizioni di vita in famiglia e di preferire la vita in comunità. I genitori, che si vedevano respingere anche il ricorso in Appello avanzato avverso la sentenza dichiarativa dello stato di adottabilità emessa dal Tribunale per i minorenni, proponevano pertanto anche ricorso avanti la Suprema Corte che emetteva la sentenza quivi in esame.

La questione

La assoluta peculiarità della questione è costituita dalla valutazione del presupposti necessari e sufficienti per la dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore che, come nella fattispecie in esame, può conseguire a un distorto ed estremizzato senso protettivo ed educativo del minore stesso in capo ai genitori. Tale valutazione che deve essere compiuta da parte del Giudice ponendo al centro dell'attenzione esclusivamente il supremo e superiore interesse del minore.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, avallando totalmente le conclusioni già tratte dalla Corte di Appello e, quindi, respingendo il ricorso dei genitori anche nel terzo grado di giudizio, affronta la questione partendo dall'esame dell'art. 8 l. 4 maggio 1983 n. 184, ai sensi del quale la situazione di abbandono di un minore è presupposto necessario per la dichiarazione dello stato di adottabilità.

Il sacrificio dell'esigenza primaria di un bambino di vivere in seno alla propria famiglia biologica, è dunque configurabile sia nei casi di materiale abbandono del minore, ma anche ogniqualvolta si accerti l'inadeguatezza dei genitori “naturali” a garantire al figlio il normale sviluppo psico-fisico. In questa ottica, il concetto di stato di abbandono, precisano i giudici di legittimità, non è da intendersi limitato al rifiuto intenzionale ed irrevocabile dell'adempimento dei doveri genitoriali, ma va parametrato ad una situazione di fatto del minore che obiettivamente impedisca o metta gravemente in pericolo il suo pieno sviluppo psico-fisico. Ciò, indipendentemente dagli intendimenti dei genitori.

Nel caso in esame, dunque, il risultato delle scelte dei genitori e una impostazione della vita familiare volta ad escludere qualsiasi controllo sociale ed a mantenere la figlia in uno stato infantile, senza nemmeno farle frequentare la scuola, è stato quello di provocare nella minore stessa un danno potenzialmente irreversibile, tanto da doversi ritenere sussistente il presupposto normativo dello stato di abbandono di cui alla citata legge. L'inadeguatezza genitoriale a svolgere le proprie funzioni, è, per la Corte, resa ancora più grave laddove si consideri che la madre, di professione insegnante, avrebbe avuto tutti gli strumenti per potere comprendere la gravità delle scelte compiute in danno alla figlia. La ferma posizione della Cassazione di confermare la radicale decisione della dichiarazione di adottabilità della bambina, si è basata anche sulla valutazione dell'ulteriore dato normativo che, ai fini di tale dichiarazione, esige la certezza dell'irrecuperabilità della funzione genitoriale da parte della famiglia di origine. A questo proposito, i risultati delle indagini compiute nei diversi gradi di giudizio, hanno infatti confermato un disturbo della personalità in entrambi i genitori, descritto come una grave sindrome da isolamento ed evitamento sociale e concepimento del rapporto genitoriale solo ed esclusivamente in termini fusionali con il figlio e di negazione dei suoi bisogni.

Non solo, dunque, è stato rilevato un forte dubbio in ordine alla stessa volontà dei genitori di attivarsi in un percorso di recupero, avendo gli stessi manifestato anche nel corso dei giudizi un forte attaccamento alle proprie convinzioni, ma, osserva la Cassazione, gli eventuali tempi del recupero o dell'acquisizione delle capacità genitoriali sarebbero comunque stati incompatibili con l'urgente esigenza di tutela e garanzia dello sviluppo della bimba.

Osservazioni

L' interessante e delicata questione affrontata dalla Suprema Corte, verte sul concetto di “stato di abbandono “ del minore.

Il legislatore ha appositamente evitato di fornire una precisa e rigida definizione del concetto di stato di abbandono per consentire una valutazione aderente alla realtà fattuale e concreta del minore oggetto protagonista del procedimento: solo una attenta aderenza al caso concreto può, infatti, consentire una obiettiva analisi del rispetto da parte dei genitori di quel generale principio del dovere di cura e assistenza al minore sancito dagli artt. 30 Cost. e 147 c.c..

E' indubbio che la sentenza della Suprema Corte quivi esaminata, si ponga in linea con la crescente tendenza al rafforzamento del diritto del bambino ad essere “istruito e assistito moralmente dai genitori”. E' dunque l “assistenza morale” uno dei principali termini di valutazione, della famiglia d'origine del minore ai fini della dichiarazione di adottabilità del bambino. A ben vedere, il parametro valutativo che ha ispirato, tra gli altri, la decisione della Corte, è quello dell'art. 15 l. n. 184/83 che, nel disciplinare l'abbandono morale e materiale, stabilisce che lo stato di adottabilità del minore deve essere dichiarato dal Tribunale per i Minorenni quando «le prescrizioni per l'assistenza del minore sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori ovvero è provata l'irrecuperabilità delle capacità genitoriali dei genitori in un tempo ragionevole».

Poiché l'interesse del minore è il principio ispiratore dell'istituto, la prima considerazione da effettuarsi deve avere una connotazione oggettiva dello stato in cui si trova il figlio al fine di eliminare le conseguenze negative e le mancanze genitoriali riguardo al suo sereno ed equilibrato sviluppo psico-fisico. A questo proposito, è stato chiaro il legislatore della riforma di cui alla l. n. 219/2012 laddove ha sancito che «nella specificazione della nozione di abbandono materiale e morale dei figli con riguardo alla provata irrecuperabilità delle capacità genitoriali in un tempo ragionevole da parte dei genitori, le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all'esercizio de diritto del minore alla propria famiglia».

Volendo, dunque, sommariamente riferirsi allo stato di abbandono, si può sostenere che esso sussista quando è certo e grave il pericolo che il minore subirebbe in modo permanente ed irreversibile laddove rimanesse nella sua famiglia naturale, tanto da giustificarne il distacco e la sostituzione ad essa di un nuovo nucleo familiare. Proprio per il suo carattere residuale e per la prioritaria esigenza del figlio di vivere, nei limiti del possibile, con genitori biologici e di essere da loro allevato, si impone, dunque, particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità.

Ciò non significa, come abbiamo visto nella sentenza in commento, che lo stato di adottabilità non possa essere dichiarato ancorché un genitore sia ispirato da sentimenti di amore profondo: in una precedente sentenza del 21 marzo 2014 n. 6755, la Corte di Cassazione aveva infatti avuto occasione di precisare che, quando, nonostante l'affetto genitoriale, lo stato di abbandono sia determinato da un disturbo comportamentale grave e non transitorio che renda quel genitore inidoneo ad assumere e a conservare piena consapevolezza delle proprie responsabilità genitoriali verso il figlio, tanto da comprometterne irreversibilmente il suo sviluppo ed il suo equilibrio psichico, dovrà farsi luogo all'estremo rimedio dell'adozione di quel minore da parte di una famiglia in grado di offrirgli la assistenza morale e materiale, idonea allo sviluppo equilibrato della sua personalità. Ne consegue che la volontà dei genitori, il loro comportamento e la loro intenzionalità non hanno un'incidenza diretta ai fini della dichiarazione dello stato di adottabilità, nel senso che una mera espressione di volontà di accudire il figlio minore, in assenza di concreti riscontri, non è idonea al superamento della situazione di abbandono .