Validi gli accordi sulla responsabilità genitoriale conclusi con il genitore sociale
27 Luglio 2016
Massima
Gli accordi volti a garantire la presenza del genitore sociale, nella specie l'ex compagno della madre biologica, nella vita dei figli minori di quest'ultima, assicurando loro una continuità affettiva ed una presenza dello stesso genitore sociale nel loro percorso educativo e di crescita, possono essere apprezzati dal Tribunale per i minorenni al fine di valutare il non luogo a provvedere sul ricorso ai sensi dell'art. 333 c.c. proposto dal genitore sociale che lamentava di essere escluso dalla relazione coi minori. Il caso
Tizia è madre di due figli a seguito di inseminazione artificiale nell'ambito di un progetto genitoriale di coppia comune a lei e alla sua compagna e convivente Caia. Quest'ultima, dopo la nascita dei bambini, cambia sesso in costanza di relazione affettiva e convivenza. Dopo alcuni anni la convivenza si interrompe e a seguito della grave conflittualità che ne scaturisce, Caio (già Caia) ricorre al TM, lamentando che la relazione affettiva e di cura tra lui e i bambini, di sette e quattro anni, venga ostacolata e chiede i provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale necessari al ripristino della relazione stessa. Con un primo provvedimento interlocutorio il giudice incarica il servizio sociale di approfondire la qualità del legame tra i bambini e l'ex partner e di intervenire nella regolazione dei rapporti. Nelle more del procedimento le parti raggiungono un accordo, il cui contenuto è sostanzialmente quello tipico di un accordo sulla regolazione della responsabilità genitoriale: si prevede un contributo al mantenimento dei bambini da parte del genitore sociale e tempi di permanenza degli stessi presso di lui; si decide inoltre che egli riceva dal genitore biologico l'autorizzazione a comunicare con gli insegnanti, i responsabili dell'attività sportiva ed i professionisti incaricati di trattamenti sanitari rivolti ai bambini. La questione
Il provvedimento offre lo spunto per affrontare due questioni: qual è il ruolo e quali sono i poteri del genitore sociale? Sono possibili accordi sull'esercizio della responsabilità genitoriale che coinvolgono il genitore non biologico? La soluzione
Quanto alla prima questione, il raggiungimento di un accordo tra le parti ha indotto il giudice a non soffermarsi sul problema della legittimazione processuale del ricorrente, emettendo un provvedimento che da un lato dichiara il non luogo a provvedere, dall'altro richiama nella parte motiva il contenuto degli accordi di fatto riconoscendo allo stesso una legittimazione, quanto meno sostanziale che diversamente non avrebbe avuto. Quanto alla seconda questione, il TM prende le mosse dalla considerazione del legame instauratosi tra il ricorrente ed i bambini all'interno di un progetto di famiglia perseguito dagli adulti fino alla loro separazione, osservando che le successive difficoltà a raggiungere un accordo, a seguito della rottura del rapporto di coppia, sulla regolamentazione delle frequentazioni tra genitore sociale e minori si rivelano come gravemente pregiudizievoli per questi ultimi. Il superamento di queste difficoltà mediante il raggiungimento di un'intesa esclude quindi ulteriori ambiti di intervento dell'a.g., tanto più che l'accordo appare «sensato e idoneo ad un adeguata tutela dei bambini». Osservazioni
Nel nostro ordinamento non si dà alcuna possibilità di separare la responsabilità genitoriale dalla filiazione. Il genitore cosiddetto sociale, spesso il partner o l'ex partner di quello biologico che stabilisce un rapporto affettivo e di cura divenendo per il bambino una figura significativa, non ha un riconoscimento giuridico a fronte di tale ruolo. La relazione affettiva tra minore e genitore sociale, è certamente riconosciuta sotto il profilo dell'art. 8 CEDU come espressione della vita familiare da proteggere da ingerenze; per altro verso, la condotta del genitore che ostacola la frequentazione e il genitore sociale può per tale motivo rendersi responsabile di un comportamento pregiudizievole per il minore. Il procedimento potrebbe essere promosso, però, soltanto da uno dei soggetti indicati dall'art. 336 c.c. che indica, quali legittimati, l'altro genitore, i parenti ed il PM. Il genitore sociale non ha legittimazione, ma solo eventualmente il potere di sollecitare il PM. Analoga questione era già stata considerata nell'ordinanza con cui la Corte d'appello di Palermo ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 337 ter c.c. nella parte in cui escluderebbe la legittimazione attiva del genitore sociale (App. Palermo, 31 agosto 2015) In questo quadro normativo e giurisprudenziale “fluido”, gli aspetti più rilevanti del provvedimento sono due, il primo dei quali è dato dal riconoscimento della legittimazione processuale del padre sociale, non prevista dall'art. 336 c.c. come già osservato, che peraltro è un'assoluta novità per il giudice milanese che, alcuni anni orsono l'aveva esclusa espressamente (Trib. Min. Milano, 20 ottobre 2009) Il secondo aspetto risiede nella circostanza che il giudice abbia preso atto di un accordo che si presenta come un atto di disposizione di obblighi, poteri e diritti riconducibili alla complessa posizione giuridica denominata responsabilità genitoriale, di cui, però, solo una delle due parti è titolare. Dal punto di vista della teoria del negozio giuridico l'accordo di cui si tratta appare piuttosto come una manifestazione di volontà del titolare della responsabilità genitoriale di voler disporre dei relativi poteri in un determinato senso, riconoscendo che esso è finalizzato all'interesse del minore e che una condotta alternativa sarebbe invece pregiudizievole. Il consenso del genitore sociale e gli impegni a sua volta assunti, anche di carattere economico, restano, sul piano tecnico, manifestazioni di volontà prive di effetti (se non, quanto al contributo al mantenimento, con gli effetti di un'obbligazione naturale). Il provvedimento evidenzia una particolarità dell'attuale stato dell'arte in tema di diritto e genitorialità. Da una parte, infatti, la responsabilità genitoriale rimane saldamente ancorata alla filiazione, biologica o adottiva; dall'altra, però, non si può più porre nell'irrilevanza giuridica la relazione affettiva e di cura indicata con l'espressione “genitorialità sociale”, in quanto dalla relazione stessa scaturisce il diritto fondamentale delle persone a vederla protetta da ingerenze, secondo il principio sancito all'art. 8 della CEDU. Altri ordinamenti di paesi dell'Unione Europea conoscono un regime in cui da un lato non vi è automatismo tra l'instaurazione del rapporto di filiazione e attribuzione dell'autorità parentale, come in Italia, dall'altro è prevista la possibilità di tale attribuzione, in varia misura e con determinate condizioni, anche in assenza di rapporto di filiazione, proprio al partner del genitore biologico. Il provvedimento in esame non ha certamente, né avrebbe potuto, recepire l'accordo dandogli rilevanza di un provvedimento giudiziale, stante la lacuna “genetica”, per dir così, sul piano negoziale, relativa agli impegni assunti dal genitore sociale. Siamo, infatti, di fronte ad un peculiare atto di autodeterminazione ed impegno reciproco tra soggetti che si trovano in diverse situazioni giuridiche: l'uno, il genitore biologico, unico titolare dell'autorità parentale e quindi del potere di gestire gli interessi del figlio, nonché dei doveri connessi; l'altro titolare di un proprio diritto alla relazione affettiva, diritto umano fondamentale, ma privo di alcun potere di rappresentanza del corrispondente diritto del minore; ed altresì privo di obblighi giuridici verso lo stesso. E poiché l'unica possibile rilevanza giuridica di tale accordo risiede negli impegni assunti dal genitore biologico, a ciò consegue che la sola conseguenza possibile dell'inadempimento dell'accordo potrebbe spiegarsi nella sfera giuridica dello stesso, mediante interventi sulla responsabilità genitoriale. A fronte di eventuali comportamenti inadempienti del genitore sociale, infatti, il titolare della responsabilità genitoriale non avrebbe alcuno strumento coattivo, ma sarebbe certamente legittimato, in caso tali inadempimenti comportassero pregiudizi per il minore, ad adottare le condotte ritenute più opportune nell'esercizio della piena ed esclusiva responsabilità genitoriale. Alla luce di queste considerazioni il Giudice avrebbe ben potuto recepire la parte dell'accordo relativa agli impegni assunti dalla madre, traducendoli in prescrizioni ex art. 333 c.c.; ma ciò avrebbe determinato un overruling giudiziario rispetto all'autonoma determinazione del titolare della responsabilità genitoriale ed un' alterazione dell'equilibrio sostanziale rispecchiato dall'accordo, al di là della sua natura giuridica non omogenea quanto agli impegni assunti dalle parti. Non restava, dunque, che una soluzione: prendere atto di tale intesa come circostanza di fatto che faceva venir meno il presupposto del procedimento, valorizzando l'elemento della collaborazione tra le parti nell'interesse che insieme nutrono per i minori. |