I trasferimenti immobiliari nella negoziazione assitita da avvocati

Carla Loda
27 Novembre 2015

L'accordo di negoziazione assistita che definisce la crisi coniugale può contenere un'attribuzione immobiliare fra i coniugi quale condizione per realizzare il nuovo assetto patrimoniale della famiglia dopo la separazione o il divorzio. Partendo dalla ricognizione della natura dei trasferimenti immobiliari nel procedimento giurisdizionale e analizzando le principali notivà introdotte dalla l. n. 162/2014, ci si sofferma sulle possibili soluzioni pratiche per ipotizzare il trasferimento di immobili nell'ambito della procedura di negoziazione assistita nell'ambito familiare.
La natura dei trasferimenti immobiliari in separazione e in divorzio

A seguito della crisi del rapporto coniugale, in sede di separazione personale o di divorzio, è possibile che i coniugi, nell'accordo volto a regolamentare i propri rapporti, oltre alla modifica del proprio status, all'eventuale affidamento dei figli minori e alla previsione di un assegno di mantenimento, inseriscano delle attribuzioni traslative, ovvero delle disposizioni in base alle quali uno dei coniugi è tenuto a trasferire all'altro - o alla prole - determinati diritti reali immobiliari.

La natura dei trasferimenti di diritti reali immobiliari ai fini della definizione degli accordi di separazione o di divorzio è stata per lungo tempo oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale, che di volta in volta ha offerto diverse ricostruzioni con riferimento alla causa delle pattuizioni contenenti tali disposizioni.

La giurisprudenza - tanto di legittimità che di merito - e la dottrina (cfr., anche per i riferimenti giurisprudenziali ivi contenuti, G. Oberto, "I contratti della crisi coniugale", Milano), si sono trovati concordi nell'escludere il carattere liberale delle attribuzioni effettuate ex uno latere in occasione di separazione o divorzio, in quanto configuranti atti in cui non sono ravvisabili non solo l'animus donandi, ma neppure il titolo gratuito, anche se l'attribuzione patrimoniale difetta di un corrispettivo in senso tecnico. Risulta evidente come l'intento liberale, inteso come volontà di arricchire il beneficiario, espressione dell'animus donandi, sia per lo più assente in una situazione di crisi matrimoniale, fatta salva al più l'ipotesi in cui sia la prole a beneficiare dell'attribuzione.

Il trasferimento a favore dell'altro coniuge in esecuzione degli obblighi assunti dal coniuge trasferente, pur essendo a titolo gratuito, non si sostanzia dunque in una donazione nè in un atto di liberalità, ma è manifestazione della volontà dei coniugi di ridefinire gli assetti economico/patrimoniali conseguenti alla crisi del matrimonio.

Si tratterebbe, per una seconda opinione, di una modalità esecutiva di un accordo transattivo (cfr. F. Angeloni, "Autonomia privata e potere di disposizione nei rapporti familiari", Milano; Cass. n. 12939/2003; Cass. n.8109/2014; Cass., n. 4647/2014), ma appare evidente che gli accordi volti a definire la crisi coniugale si sottraggono alla causa transattiva a causa dell'impossibilità di riscontrare, negli accordi medesimi, la presenza di concessioni reciproche, tipiche della transazione, mentre la possibilità che le condizioni della separazione siano riviste è in contrasto con l'efficacia preclusiva della transazione.

Una terza opinione ritiene che gli accordi traslativi in sede di divorzio abbiano una causa solutoria (cfr. Cass., sent. n. 7470/1992; L. Barbiera, "Il divorzio dopo la seconda riforma", Bologna), sostanziandosi in un atto di adempimento dell'obbligo di mantenimento previsto dall'art. 5 comma 6 l. n. 898/1970 che secondo alcuni potrebbe essere ricondotto ad una prestazione in luogo di adempimento (cfr. Cass. n. 7470/1992). Tale inquadramento può certamente condividersi, ma non dà conto di alcune situazioni quali, ad esempio, quelle di trasferimento a favore dei figli.

La giurisprudenza in questione muove dall'assunto dell'ammissibilità di attribuzioni patrimoniali una tantum a tacitazione dell'obbligo di mantenimento (con la precisazione che tale attribuzione può concretizzarsi, oltre che nella corresponsione di una somma di denaro, nell'attribuzione di beni mobili o immobili in proprietà o in godimento ovvero nell'impegno al trasferimento di tali diritti). D'altro canto l'obbligo di assistenza e di solidarietà fra coniugi - che, entro certi limiti, prosegue anche in caso di cessazione del vincolo - rappresenta un aspetto peculiare del rapporto matrimoniale; il versamento di una somma capitalizzata a favore di uno dei coniugi (o il trasferimento di un cespite immobiliare) rappresenta non solo la realizzazione di tale principio solidaristico, ma consente, altresì, il perseguimento di interessi meritevoli di tutela per l'ordinamento.

Una quarta ed ultima opinione formulata dalla giurisprudenza ravvisa invece in questi negozi la natura di “contratto atipico volto a regolare rapporti patrimoniali tra coniugi”, con presupposti e finalità propri e causa propria diversa da quelle sopra elencate o concorrente con esse(Cass. n. 5741/2004; Cass. n. 5473/2006).

La dottrina più recente inquadra gli atti di trasferimento in oggetto nell'ambito dei cosiddetti negozi a causa esterna in quanto la giustificazione causale dell'operazione è costituita dagli accordi o dai provvedimenti resi dal giudice(G. Oberto, "Prestazioni una tantum e trasferimenti tra coniugi in occasione di separazione e di divorzio", Milano): : il successivo negozio attributivo non è altro che l'adempimento di quell'accordo o di quel provvedimento. Anche la tesi maggiormente accreditata e ormai prevalente in giurisprudenza ravvisa in tali negozi una causa propria quanto ai presupposti ed alle finalità (da individuarsi nella “realizzazione del coacervo degli interessi personali e patrimoniali che accompagnano la crisi familiare”), riconoscendone la natura di contratto atipico - meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c. - volto a regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi ed a fornire al patrimonio familiare un nuovo assetto (ex multis Cass. Civ. n. 4306/1997 e Cass. Civ. n. 11342/2004).

Ancora più precisamente è stata ritenuta possibile la compresenza di una causa tipica di “contratto della crisi matrimoniale” con un “motivo postmatrimoniale” dato che la pattuizione si caratterizza come condizione della separazione (G. Oberto, “I trasferimenti mobiliari ed immobiliari in occasione della separazione personale e l'interesse del coniuge”, in Fam. e dir., 1995).

La trascrizione del verbale di separazione (o della sentenza di divorzio) nei registri immobiliari

Sono state sollevate perplessità, sia in dottrina che in giurisprudenza, circa l'inettitudine del verbale dell'udienza di separazione consensuale e della sentenza divorzile a fare le veci dell'atto pubblico notarile.

La giurisprudenza dominante, a partire da una pronuncia della Corte di Cassazione del 1997 (Cass. Civ. n. 4306/1997), ha tuttavia rilevato da un lato come il verbale dell'udienza presidenziale possieda la natura di atto pubblico a tutti gli effetti, atteso che sia il giudice che il cancelliere rivestono la qualifica di pubblico ufficiale, dall'altro come la redazione dello stesso avvenga ad opera di un ausiliario del giudice, essendo destinato a far fede di quanto in esso sia attestato e perciò palesandosi titolo idoneo per la trascrizione, sicchè a seguito dell'omologazione, che lo rende efficace, il verbale costituisce titolo a norma dell'art. 2657 c.c..

Non può comunque essere ignorata la necessità di adempiere agli obblighi documentali, di menzioni urbanistiche e catastali che la legge prevede a pena di nullità del trasferimento immobiliare, in relazione ai quali la giurisprudenza ha talora affermanto che, pur non competendo al giudice, a differenza del notaio, alcun obbligo di verifica circa la correttezza della descrizione dei dati catastali dell'immobile o dell'effettiva titolarità dell'immobile trasferito, non vi è alcuna preclusione all'omologabilità degli accordi di trasferimento degli immobili, ove le parti forniscano, con proprie autocertificazioni e conseguente assunzione di ogni responsabilità, tutti quei dati e dichiarazioni necessarie per espressa volontà di legge all'attuazione del trasferimento immobiliare (App. Milano, decr., 12 gennaio 2010). Va segnalato tuttavia il diverso orientamento del Tribunale di Milano (decr. 21 maggio 2013) che ha negato che il verbale che contiene il trasferimento del diritto reale possa essere equiparato all'atto pubblico redatto da notaio, affermando che le parti, senza l'intervento di tale professionista, avrebbero una garanzia minore, che mette gravemente in discussione il precetto costituzionale dell'effettività della tutela giurisdizionale (art. 3, comma 2 e art. 24 Cost.).

La difficoltà di far fronte a tali adempimenti viene nella prassi superata limitandosi a inserire nel verbale di udienza una pattuizione contenente l'impegno di uno dei coniugi a trasferire, con un successivo atto, un determinato diritto reale su di un bene immobile, per poi rivolgersi in seguito ad un notaio per la stipula dell'atto di trasferimento.

In relazione alla tutela giudiziale dell'obbligazione di trasferire, dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che, in caso di rifiuto del coniuge che si è obbligato ad operare il trasferimento, l'altro coniuge ha legittimazione ad esperire l'azione di cui all'art. 2932 c.c. (per tutti G. Oberto, Ancora sulle intese traslative tra coniugi in sede di crisi coniugale: a neverending story, in Fam. dir., 2011).

Il regime fiscale agevolato degli atti di attribuzione di beni patrimoniali nei procedimenti di separazione e di divorzio

L'analisi del rapporto tra imposizione fiscale ed atti di trasferimento a favore dei coniugi - o dei figli - nell'ambito dei procedimenti di separazione personale e di divorzio parte dall'esame dell'art.19 l. 6 marzo 1987 n. 74. La norma testualmente recita: “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (...) sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.

Il predetto art. 19 prevedeva, dunque, un regime fiscale agevolativo che, secondo l'interpretazione dominante, risultava applicabile non solo agli atti giudiziari in senso stretto, ma anche agli eventuali atti di attribuzione fra coniugi di beni patrimoniali che traggono origine dagli anzidetti procedimenti. La disposizione - che non considerava l'identità di situazione sostanziale esistente con i procedimenti di separazione - è immediatamente apparsa lesiva di principi costituzionali ed è stata portata all'attenzione del Giudice delle leggi.

La Corte Costituzionale ne ha dichiarato l'illegittimità nella parte in cui non estendeva le agevolazioni al procedimento di separazione personale dei coniugi, con riferimento sia al profilo del principio di eguaglianza di cui all'art. 3, che a quello di ragionevolezza, anche rispetto agli artt. 29, 31 e 53 Cost. (C.Cost., sent., n. 154/1999). Secondo la Corte «il parallelismo, le analogie e la complementarità funzionale dei procedimenti di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e del procedimento di separazione dei coniugi (...) portano (...) a concludere che il profilo tributario non può ragionevolmente riflettere un momento di diversificazione delle due procedure, atteso che l'esigenza di agevolare l'accesso alla tutela giurisdizionale, che motiva e giustifica il beneficio fiscale con riguardo agli atti del giudizio divorzile, è ancor più (...) evidente (...) nel giudizio di separazione: sia perché in quest'ultimo la situazione di contrasto tra i coniugi - ai quali occorre assicurare una pari tutela - presenta di solito una maggiore asprezza e drammaticità rispetto alla fase già stabilizzata dell'epilogo divorzile; sia in considerazione dell'esigenza di agevolare, e promuovere nel più breve tempo, una soluzione idonea a garantire l'adempimento delle obbligazione che gravano, ad esempio, sul coniuge non affidatario della prole».

Sul punto è intervenuta anche la Corte di Cassazione. In una fattispecie riguardante una richiesta di rimborso delle imposte versate in sede di registrazione di un trasferimento immobiliare dal genitore ai figli in ottemperanza ad un'obbligazione assunta in sede di separazione consensuale, i giudici di legittimità hanno così motivato l'applicazione dell'esenzione tributaria anche alle ipotesi di atti esecutivi con effetti favorevoli ai figli: l'esigenza di garantire l'adempimento delle obbligazioni che i coniugi separati hanno assunto per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici non consente un distinguo tra atti a favore dei coniugi ed atti a favore della prole.

La norma esentativa speciale di cui all'art. 19 l. n. 74/1987, estesa alle separazioni, prevale dunque sulla disposizione generale di cui all'art. 26 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, e gli atti di trasferimento di immobili - o comunque di definizione degli interessi nascenti dalla crisi matrimoniale - indipendentemente dal beneficiario (coniuge o figli), devono giovarsene (cfr. Cass., sez. trib., 30 maggio 2005, n. 11458).

All'evidenza tale regime fiscale di favore si scontra con l'interesse erariale volto ad impedire la stipulazione di atti con intenti elusivi, ragione per cui l'Agenzia delle Entrate (Circ. 21 giugno 2012 n. 27/E), pur recependo l'orientamento della Corte di Cassazione, ha precisato che condizione per l'accesso a tale regime è l'esplicita previsione, nel testo dell'accordo omologato dal tribunale, che l'accordo patrimoniale a beneficio dei figli rappresenta un elemento funzionale e indispensabile ai fini della risoluzione della crisi coniugale. L'interpretazione che ne è conseguita è quella secondo cui gli accordi patrimoniali tra coniugi, abbiano essi forma obbligatoria o traslativa, devono essere raggiunti in sede giudiziale e trovare in tale procedimento la loro causa negoziale.

L'esenzione è stata confermata dall'Agenzia delle Entrate (Circ. 21 febbraio 2014 n. 2E) anche dopo il 1 gennaio 2014, quando è entrata in vigore la riforma delle imposte di registro, che ha disposto l'abrogazione di gran parte delle agevolazioni ed esenzioni fiscali precedentemente previste. La legge continua dunque a prevedere, per i trasferimenti immobiliari che avvengono nell'ambito di procedimenti separativi o divorzili, l'esenzione totale dalle imposte di registro, ipotecarie, catastali, dal bollo e da tutti gli altri tributi accessori.

Va in ogni caso rilevato che, secondo alcuni tribunali, nel procedimento di omologa della separazione personale possono rientrare solo i trasferimenti immobiliari che sono attuati in sostituzione (totale o parziale) del pagamento dell'assegno di mantenimento ed espressamente qualificati come tali (secondo questo orientamento negli altri casi i trasferimenti immobiliari non potrebbero essere oggetto di omologa e dovrebbero essere attuati in forme diverse, per esempio con un atto di compravendita oppure con un atto di divisione del patrimonio tra i coniugi). Ricordiamo inoltre che parte della giurisprudenza di merito ritiene necessario che nel verbale di separazione sia inserita solo l'assunzione dell'impegno da parte dei coniugi ad attuare successivamente il trasferimento di fronte al notaio (verbale con contenuto obbligatorio fra le parti). Il Tribunale di Milano - nel già citato decreto 21 maggio 2013 - fa discendere l'inammissibilità dei trasferimenti con effetti reali immediati in sede di omologazione dall'esame dell'ultimo capoverso dell'art. 29 comma 1 bis l. n. 52/1985, introdotto dalla l. n. 122/2010, poichè, ad opinione del collegio, il legislatore avrebbe inteso delegare al notaio, in via esclusiva, a tutela degli interessi pubblici coinvolti, il compito di verificare la corrispondenza tra i dati degli intestatari catastali risultanti dall'atto con quelli riscontrabili dai registri immobiliari. Il Tribunale di Milano afferma dunque che in sede di redazione e sottoscrizione del verbale di comparizione dei coniugi gli stessi potranno soltanto prevedere contratti con meri effetti obbligatori la cui effettività è garantita dalla previsione dell'art. 2932 c.c.. Anche tali trasferimenti potranno comunque essere effettuati in esenzione da tutte le imposte.

La considerazione della natura contrattuale delle intese fra coniugi, siano esse di carattere reale, ovvero meramente obbligatorio, induce parte della dottrina a ritenere che ad esse si applichi anche la disciplina della condizione. Quest'ultima - avuto riguardo ad una procedura di separazione consensuale - potrebbe essere apposta e individuata in relazione al momento in cui il decreto di omologazione diviene definitivo, come avvenimento futuro ed incerto. Si tratterebbe di condizione potestativa ordinaria, perché dipende dalla volontà e dalla richiesta delle parti, ma non solo da questa, dovendo il tribunale accertare che l'accordo non sia contrario a legge, ordine pubblico e buon costume (G. Oberto, "Gli accordi patrimoniali tra coniugi in sede di separazione e divorzio tra contratto e giurisdizione: il caso delle intese traslative" in: www.giacomooberto.com/bologna2011/relazione_oberto_bologna_8_aprile_2011.htm).

La negoziazione assistita da avvocati nei procedimenti di separazione e divorzio

La l. 10 novembre 2014 n. 162, convertendo con modificazioni il d.l. n. 132/2014, ha introdotto nel nostro ordinamento la negoziazione assistita nei procedimenti di famiglia.

L'ambito di applicazione del nuovo istituto è definito nel comma 1 dell'art. 6: la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra i coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all'art. 3 comma 1 n. 2) lett. b) l. 1 dicembre 1970 n. 898 e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

La prima osservazione da farsi è che la nuova normativa non trova applicazione per la regolamentazione dell'affidamento e del mantenimento di figli di coppie non coniugate. La seconda riguarda il divorzio: la negoziazione assistita si applica solo all'ipotesi di divorzio a seguito di sentenza di separazione passata in giudicato o di omologa della separazione consensuale ed in caso di decorso dei tre anni dalla comparizione dei coniugi dinanzi al presidente del tribunale (termine ora ridotto ad un anno ovvero a sei mesi, a seconda che la separazione sia stata consensuale o meno, a seguito dell'entrata in vigore della l. 11 maggio 2015 n. 55); non trova quindi applicazione in relazione alle altre cause di scioglimento del vincolo coniugale, legate a fattispecie particolari o all'applicazione di leggi straniere.

La procedura di negoziazione assistita si avvia con la stipulazione di una convenzione con la quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per definire in via amichevole la crisi familiare. Sotto il profilo formale, la convenzione è redatta, a pena di nullità, in forma scritta. Il perfezionamento dell'accordo è suggellato dalla certificazione con la quale gli avvocati attestano, sotto la propria responsabilità professionale, l'autografia delle sottoscrizioni apposte dai coniugi.

Il comma 3, art. 5 l. n. 162/2014 prevede che, se con l'accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti soggetti a trascrizione, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Non ci si può esimere dal rilevare come la suddetta previsione contrasti con le finalità di semplificazione perseguite dal d.l. n. 132/2014 e comporti un aggravio di spesa per i cittadini che si vedranno costretti a rivolgersi a due diversi professionisti (avvocato e notaio) per la definizione dei loro accordi.

L'accordo concluso tra i coniugi a seguito della convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il tribunale competente che, qualora non ravvisi irregolarità, concede il nulla osta ovvero, in presenza di figli minori (ovvero di figli portatori di handicap grave o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti), rilascia apposita autorizzazione se l'accordo risponde all'interesse dei figli.

In particolare il P.M. ha il compito di verificare:

a) l'assenza di figli minorenni -o maggiorenni incapaci o non economicamente autosufficienti-;

b) la presenza di almeno un avvocato per parte;

c) che l'oggetto dell'accordo riguardi la separazione personale, la cessazione degli effetti civili del matrimonio o lo scioglimento del matrimonio nei casi di cui all'art. 3 comma 1 n. 2) lett. b) l. n. 898/1970 e successive modificazioni, ovvero la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;

d) che nell'accordo sia dato atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e che le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare;

e) che l'accordo sia munito della certificazione dell'autografia delle sottoscrizioni delle parti e della conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico.

Dopo il rilascio dell'autorizzazione (o nullaosta) l'avvocato, ai fini dell'esecuzione delle prescritte annotazioni, è obbligato a trasmettere entro dieci giorni all'Ufficiale di Stato Civile del Comune in cui il matrimonio è stato trascritto o iscritto, una copia dell'accordo autenticata dal legale medesimo.

Nel caso in cui il controllo giudiziario sull'accordo abbia esito negativo, nulla è previsto per l'ipotesi in cui la coppia che si separa non abbia figli. In tale ipotesi si ritiene che il P.M., la cui attività di controllo è in questo caso limitata ad una verifica della regolarità formale dell'atto, debba invitare gli avvocati ad adeguare l'accordo alle norme sostanziali e procedurali violate. In presenza di figli, invece, l'esito negativo del controllo del Procuratore della Repubblica, che qui dovrà valutare la corrispondenza delle pattuizioni all'interesse dei figli, trasmetterà entro cinque giorni l'accordo al Presidente del tribunale che fissa la comparizione delle parti entro trenta giorni e "provvede senza ritardo". Diverse sono ad oggi le soluzioni adottate da alcuni Presidenti di tribunale (cfr. Trib. Torino, sent., 15 gennaio 2015; Trib. Termini Imerese, sent., 24 marzo 2015; Trib. Torino, decr., 20 aprile 2015; Trib. Pistoia 16 marzo 2015) e da ciò discende una notevole incertezza circa il momento in cui si produrranno gli effetti della separazione - o dello scioglimento del rapporto coniugale - ed i connessi effetti sulla regolamentazione dei loro rapporti patrimoniali.

Il trasferimento di diritti reali immobiliari nella negoziazione assistita da avvocati

Chiunque provveda alla stesura di un accordo di negoziazione assistita contenente un trasferimento immobiliare fra i coniugi allo scopo di definire la crisi coniugale, non potrà fare a meno di considerare il rischio che l'accordo non superi il controllo del P.M..

In tale ipotesi, infatti, l'effetto traslativo si verificherebbe prima ed indipendentemente dalla separazione coniugale o dalla cessazione del vincolo. L'accordo di negoziazione assistita ben potrebbe essere stipulato con l'intervento di un notaio, così da rispettare la previsione di cui all'art. 5 comma 3 l. n. 162/2014 e consentire all'accordo stesso di essere titolo idoneo per procedere alla trascrizione, ma, al fine di apprestare idonea tutela alla parte trasferente, l'effetto traslativo dovrebbe essere quantomeno sottoposto alla condizione sospensiva dell'effettivo rilascio di nullaosta/autorizzazione del Procuratore della Repubblica. In linea di massima nessuna obiezione potrebbe farsi ad un accordo così configurato purchè siano correttamente adempiuti tutti gli obblighi documentali, di menzioni urbanistiche, catastali etc., a pena di nullità del trasferimento immobiliare.

Pare prudenziale, ad avviso di chi scrive, evitare la diretta stipulazione di atti traslativi in sede di accordo ai sensi dell'art. 6 l. n. 162/2014, preferendo piuttosto ricorrere alla tecnica obbligatoria. Nella stesura dell'accordo dovrà dunque essere previsto che il trasferimento avverrà in adempimento dell'obbligo assunto con la sua sottoscrizione; dopo la conclusionedel procedimento di negoziazione assistita i coniugi si rivolgeranno al notaio per la stipula del vero e proprio atto di trasferimento (che troverà quindi origine nell'accordo di cui sopra ed in tale accordo giustifica anche la sua causa).

In tali ipotesi rientriamo nella definizione dottrinale di «schema bifasico» (E. Briganti, "Crisi della famiglia e attribuzioni patrimoniali", in Riv. Not. 1997) attraverso cui i coniugi regolano i loro interessi patrimoniali in vista della separazione o del divorzio. Avremo, infatti, un accordo di negoziazione, in cui verrà assunto il mero obbligo di trasferimento della proprietà dell'immobile, ed un rogito notarile di cessione, che enuncerà come causa il suddetto accordo.

Sarà innanzitutto necessario individuare precisamente il bene oggetto di trasferimento poiché, in caso contrario, si porrebbe un problema di natura causale oltre che fiscale: il notaio chiamato a stipulare un contratto di trasferimento fra coniugi senza corrispettivo non previsto dall'accordo di negoziazione assistita, si troverebbe costretto a considerarlo una donazione, con i conseguenti problemi per le successive vicende circolatorie dei beni immobili.

Al fine di comprendere l'effettiva tutela riservata in questi casi al contraente debole è necessario tener presente che gli accordi che prevedono futuri trasferimenti non potranno essere trascritti ai sensi dell'art. 2645 bis c.c., posto che la norma prevede che per la trascrizione è richiesta la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata da notaio.

Ci si è infine chiesti quale debba essere il regime di tassazione degli accordi di negoziazione assistita che contengano il trasferimento di un diritto reale immobiliare quale condizione per realizzare il nuovo assetto patrimoniale della famiglia dopo la separazione o il divorzio dei coniugi.

La Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate 16 luglio 2015 n. 65/E ha fatto chiarezza sul punto affermando che il trattamento tributario di favore di cui all'art.19 l. 6 marzo 1987 n. 74 deve ritenersi applicabile anche agli atti di attribuzione patrimoniale che i coniugi pongono in essere in relazione alla crisi del loro matrimonio purchè dall'atto emerga la sua connessione causale con la separazione o con il divorzio.

In conclusione

Come sopra accennato le agevolazioni di cui all'art. 19 l. 6 marzo 1987 n. 74 si riferiscono a tutti gli atti, documenti e provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell'intento di regolare i rapporti giuridici ed economici connessi allo scioglimento del matrimonio o alla cessazione degli effetti civili dello stesso.

La già ricordata sentenza n. 154/1999 della Corte Costituzionale, nel chiarire che la ratio della norma agevolativa va ricercata nell'esigenza di agevolare l'accesso alla tutela giurisdizionale e che il suo presupposto consiste nel riconoscimento dell'assenza di una manifestazione di capacità contributiva, ha estesto il beneficio fiscale alla separazione personale dei coniugi.

La legge n. 162/2014 ha introdotto nel nostro Paese una procedura alternativa alla risoluzione giudiziale delle controversie in materia di diritto di famiglia e l'accordo di negoziazione assistita produce i medesimi effetti dei provvedimenti giudiziari che concludono i procedimenti di separazione e divorzio; in base a detti accordi, se ritenuti regolari dal Procuratore della Repubblica, potranno essere effettuate le annotazioni negli atti dello stato civile ed i coniugi vedranno modificato il loro status.

Nell'accordo ai sensi dell'art. 6 l. n. 162/2014 pare preferibile prevedere che il trasferimento avverrà in adempimento dell'obbligo assunto con la sua sottoscrizione (i coniugi si rivolgeranno al notaio in un momento successivo per la stipula del vero e proprio atto di trasferimento che avrà la sua causa nell'accordo di negoziazione assistita). Onde evitare che il notaio chiamato a stipulare il successivo rogito possa qualificare l'attribuzione patrimoniale come donazione sarà necessario individuare con chiarezza nell'accordo di negoziazione il bene oggetto di trasferimento.

Qualora le parti preferiscano prevedere il trasferimento direttamente nell'accordo di negoziazione assistita è necessario considerare che, per divenire titolo idoneo alla trascrizione, l'accordo stesso dev'essere stipulato con l'intervento di un notaio, come prevede la disposizione dell'art. 5 comma 3 l. n. 162/2014, che deve adempiere a tutti gli obblighi documentali, di menzioni urbanistiche, catastali, etc. e che, al fine di realizzare un'adeguata tutela del coniuge che cede il bene, l'effetto traslativo va sottoposto alla condizione del rilascio dell'autorizzazione o del nullaosta da parte del Procuratore della Repubblica.

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