L’accettazione tacita dell’eredità da parte del beneficiario di amministrazione di sostegno

29 Settembre 2017

Può il beneficiario di amministrazione di sostegno accettare l'eredità in modo puro e semplice ed altresì tacitamente?
Massima

I beneficiari di amministrazione di sostegno possono, in linea di principio, accettare l'eredità cui sono chiamati puramente e semplicemente. Non vi sono ragioni per escludere, in capo a costoro, la capacità di procedere all'accettazione tacita dell'eredità con la precisazione che è necessaria la previa autorizzazione del Giudice tutelare ex art. 374, comma 1, n. 3, c.c. avente ad oggetto proprio l'atto il cui compimento importerà l'accettazione tacita di eredità.

Il caso

Tizia, beneficiaria di amministrazione di sostegno per decreto del Giudice tutelare, è chiamata a succedere ab intestato nei confronti della madre, in quanto unica chiamata all'eredità.

Il decreto di nomina di amministrazione di sostegno in favore di Tizia prevedeva la necessaria assistenza dell'amministratore di sostegno per gli atti di straordinaria amministrazione patrimoniale e, precisamente, tanto la riscossione di capitali per somme superiori a 5.000 euro, quanto l'accettazione di eredità, richiamando l'art. 374, numeri 2) e 3), c.c..

Con il ricorso sottoscritto dalla beneficiaria e dall'amministrazione di sostegno, le istanti evidenziavano fra l'altro che nel compendio dismesso figurassero valori mobiliari e 3/4 della piena proprietà di un immobile, il cui residuo 1/4 era già di proprietà della beneficiaria; dalla copia della dichiarazione di successione allegata emergeva inoltre che l'asse ereditario fosse privo di passività.

Veniva chiesto al Giudice tutelare di autorizzare la riscossione dei valori mobiliari, atto che avrebbe determinato la accettazione tacita dell'eredità in favore di Tizia.

In luogo di un provvedimento di autorizzazione del Giudice tutelare alla accettazione con beneficio di inventario, Tizia e la sua amministrazione facevano istanza al Giudice tutelare affinchè fosse autorizzato il compimento di un atto che, se posto in essere, avrebbe comportato ex se l'accettazione pura e semplice, senza le garanzie e le formalità di cui alla accettazione beneficiata.

Il Giudice tutelare, letto il ricorso ed esaminata la documentazione, accoglie l'istanza. Chiarisce innanzitutto che l'attuale normativa permette ai beneficiari di amministrazione di sostegno di accettare l'eredità cui sono chiamati anche puramente e semplicemente, non dovendosi ritenere applicabile in via analogica il disposto di cui all'art. 471 c.c., secondo cui minori e interdetti non possono accettare l'eredità se non col beneficio di inventario.

La questione

Può il beneficiario di amministrazione di sostegno accettare l'eredità in modo puro e semplice ed altresì tacitamente?

Le soluzioni giuridiche

L'accettazione dell'eredità può essere manifestata in maniera esplicita o implicita. La stessa accettazione può essere pura e semplice, ovverosia senza riserve, oppure con il beneficio di inventario grazie al quale l'erede, in pratica, non risponde con il suo patrimonio di eventuali debiti del defunto.

Un soggetto capace di agire può accettare l'eredità senza limitazioni ed in maniera c.d. pura e semplice anche tacitamente, assumendosi tutti i rischi del caso, compresa la “fusione” del proprio patrimonio a quello del de cuius e perciò il pagamento dei debiti del defunto anche ricorrendo alle proprie disponibilità personali, ove l'attivo della massa ereditaria non sia sufficiente a tal fine.

L'ordinamento invece appresta tutela nei confronti dei soggetti cosiddetti deboli, quali i minori e gli interdetti (art. 471 c.c.), come pure i minori emancipati e gli inabilitati (art. 472 c.c.), cui è inibita la facoltà di accettare l'eredità se non con beneficio di inventario.

L'introduzione dell'istituto dell'amministrazione di sostegno ha di fatto relegato gli istituti della interdizione e della inabilitazione a fattispecie del tutto residuali. L'amministrazione di sostegno offre a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che sacrifica la capacità di agire del soggetto nella minor misura possibile, con possibilità per il Giudice tutelare di graduarne gli effetti limitativi.

È infatti facoltà del Giudice tutelare (art. 411, u.c., c.c.) – valutato l'interesse del beneficiario di amministrazione di sostegno – quella di disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, si estendano al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, nel provvedimento con il quale nomina l'amministratore di sostegno, o anche successivamente.

Quanto all'acquisto di eredità, essa può essere limitata in vario modo da parte del Giudice tutelare, prevedendo, con riferimento agli atti di accettazione, la rappresentanza o l'assistenza dell'amministratore e disponendo se l'amministratore ovvero il beneficiario e l'amministratore possano accettare puramente e semplicemente ovvero debbano avvalersi del beneficio di inventario.

In tali casi il beneficiario, che per regola generale mantiene la propria capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno, risulterà, benché soltanto quoad actum, alla stregua di un soggetto incapace a tutti gli effetti di legge.

L'orientamento che, pur senza una previsione ad hoc, vedeva nell'accettazione con beneficio di inventario anche per il beneficiario di amministrazione di sostegno un elemento imprescindibile dell'amministrazione stessa (cfr. Trib. Roma 22 aprile 2005), ha lasciato spazio ad una interpretazione maggiormente conforme alla ratio dell'istituto.

La discrezionalità del Giudice Tutelare è elemento che governa l'intero istituto dell'amministrazione di sostegno. Sorge con il potere di procedere – o non procedere – alla nomina dell'amministratore di sostegno e si estende sino alle decisioni in materia successoria, ove il Giudice è chiamato a pronunciarsi tenendo a mente «gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle richieste di questa» (art. 407, comma 2, c.c.).

In realtà, è pacifico che gli artt. 471 e 472 c.c. non possano essere applicati analogicamente all'istituto dell'amministrazione di sostegno, come peraltro osservato dal Giudice tutelare di Vercelli, nel decreto in esame. L'utilità di tale limitazione deve essere vagliata dal Giudice, con riferimento agli interessi del soggetto protetto dall'istituto dell'amministrazione.

Allo stesso modo, è altrettanto rimessa alla discrezionalità del Giudice la facoltà di disporre diverse modalità di acquisto dell'eredità in favore del beneficiario di amministrazione, a seconda della situazione rappresentata e documentata dalla parte istante.

L'accettazione di eredità, incidendo sul capitale e non sul reddito è atto di straordinaria amministrazione, ma non per questo il provvedimento autorizzativo del Giudice tutelare deve necessariamente estrinsecarsi nella salvaguardia patrimoniale di cui alla accettazione prevista ex lege per i soggetti più deboli.

Il Giudice tutelare, in altre parole, è legittimato, proprio in virtù del potere discrezionale conferitogli per legge, a stabilire le misure necessarie a tutela del soggetto amministrato.

Non potrà in ogni caso presumersi la facoltà di accettazione tacita del beneficiario di amministrazione di sostegno. Laddove il provvedimento di nomina di amministratore preveda l'autorizzazione successiva del Giudice tutelare per gli atti di straordinaria amministrazione – in cui è da comprendersi anche l'accettazione di eredità – il beneficiario non potrà accettare se non previamente autorizzato.

E poiché l'accettazione tacita è desumibile dal compimento di un atto che, se posto in essere, determina ex se l'acquisto in capo al chiamato all'eredità la qualità di erede puro e semplice, allora il soggetto istante dovrà non solo illustrare al Giudice tutelare il contenuto dell'atto da autorizzarsi, bensì anche il fatto che il compimento di quell'atto determinerà l'acquisto ex art. 476 c.c., con effetti positivi e in ogni caso senza controindicazioni per il beneficiario.

Osservazioni

La misura protettiva dell'amministrazione di sostegno è strumento che dalla sua emanazione ad opera del legislatore (l. n. 6/2004) ha dapprima affiancato, poi sostituito l'istituto della interdizione, relegando quest'ultima a ipotesi solo residuali.

Inizialmente concepita come rimedio a tutela di soggetti deboli, ma non infermi a tal punto da necessitare la misura dell'interdizione, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno viene oggi individuato «con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma alle residue capacità e all'esperienza di vita dallo stesso maturate».

Nella applicazione dell'istituto, il potere discrezionale del Giudice tutelare svolge un ruolo fondamentale. A lui è affidato il compito di «conformare i poteri dell'amministratore e le limitazioni da imporre alla capacità del beneficiario in funzione delle esigenze di protezione della persona e di gestione dei suoi interessi patrimoniali» (Cass. 11 settembre 2015 n. 17962).

Il Giudice tutelare di Vercelli, investito della richiesta di nomina, ha confezionato un decreto –un vero e proprio “abito su misura” – cucito sulle esigenze personali del disabile e soprattutto nel rispetto dello spirito dell'istituto in questione, ovverosia «con la minor limitazione possibile della sua capacità di agire» (art. 1, l. n. 6/2004).

È evidente che il Giudice tutelare non potrà che cucire un “abito” per il disabile sulla base della “stoffa” che gli verrà fornita. Per tale motivo deve tenersi a mente che l'interessato dovrà necessariamente illustrare non solo i contenuti dell'atto di cui si chiede l'autorizzazione, ma altresì che il compimento dello stesso determinerà l'accettazione tacita dell'eredità, e che ciò avrà conseguenze positive per il soggetto beneficiario, o quantomeno non avrà conseguenze negative.

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