Esclusa l’inabilitazione per prodigalità dell’anziano genitore che distribuisce il patrimonio tra gli amici

Redazione Scientifica
30 Gennaio 2017

La Corte di Cassazione ha precisato che non può essere dichiarato inabile per prodigalità l'anziano genitore che, per riconoscenza, preferisce distribuire parte del suo patrimonio a persone a lui care piuttosto che alle figlie assenti.

Il caso. Il Tribunale di Roma ha accolto la domanda di tre sorelle dichiarando l'inabilitazione per prodigalità del loro padre poiché aveva distribuito parte del suo patrimonio tra il figlio ed alcuni amici, non considerando le figlie.

Investita dell'appello proposto dal genitore, la Corte territoriale ha riformato la pronuncia di primo grado rigettando la domanda di inabilitazione, revocando la nomina del curatore provvisorio e respingendo la richiesta di amministrazione di sostegno nei confronti dell'appellante.

Le tre figlie, pertanto, hanno presentato ricorso per cassazione.

La prodigalità non è causa di inabilitazione se non risponde a futili motivi. Secondo la Cassazione, la Corte territoriale ha correttamente assimilato quanto espresso in una sua risalente pronuncia (Cass. n. 6805/1986) ovvero che la prodigalità configura un'autonoma causa di inabilitazione ex art. 415, comma 2, c.c. indipendentemente da una sua derivazione da specifica malattia o infermità e, quindi, anche qualora si traduca in libere scelte di vita, purché sia ricollegabile a futili motivi.

Tale comportamento non può, pertanto, costituire ragione di inabilitazione nel caso in cui risponda a finalità aventi un proprio intrinseco valore come fornire aiuto economico a persona estranea al proprio nucleo familiare ma legata da affetto.

Nel caso di specie, la Corte d'appello ha dimostrato che la distribuzione delle proprie ricchezze da parte del padre delle ricorrenti alle persone a lui vicine, ma non alle figlie, non esprime una tendenza allo sperpero per incapacità di apprezzare il valore del denaro o per frivolezza, vanità od ostentazione ma costituisce una risposta positiva e costruttiva al «naufragio della propria famiglia».

Per questi motivi, la Suprema Corte respinge il ricorso.

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