Liberalità indirette

Andrea Fusaro
14 Maggio 2015

Si parla di donazione atipica o indiretta in relazione a qualsiasi liberalità attuata attraverso uno strumento giuridico caratterizzato da uno scopo diverso, avendosi cura di precisare che la causa è la medesima della donazione diretta
Inquadramento

Si parla di donazione atipica o indiretta in relazione a qualsiasi liberalità attuata attraverso uno strumento giuridico caratterizzato da uno scopo diverso, avendosi cura di precisare che la causa è la medesima della donazione diretta (Cass. civ. 13 maggio 1980, n. 3147). L'ambizione di costruire una teoria generale delle liberalità paga il prezzo di una esasperata oggettivazione, che si traduce nel valutare l'obiettivo arricchimento del beneficiario con conseguente dissoluzione della rilevanza dello spirito di liberalità, ossia della platea di cause che concorrono a spiegare l'attribuzione (Roppo V., Il contratto, Milano, 2001, 437 ss.).

In evidenza

Le liberalità indirette sono donazioni poste in essere attraverso un diverso negozio oneroso che produce, oltre all'effetto suo tipico, anche quello della liberalità, avvantaggiando in via riflessa il beneficiario

Ne deriva la grave conseguenza circa l'amputazione della considerazione dell'atto di autonomia privata e l'assottigliarsi della fattispecie dell'art. 809 c.c.: è, dunque, preferibile una paziente ricognizione delle diverse ragioni in cui si possono manifestare gli atti di liberalità e le figure riconducibili a questo spirito.

Criteri di individuazione delle liberalità non donative

Un contributo ha attaccato la visione che collega l'impoverimento al patrimonio, al dare e non al fare, obiettando che, al contrario, anche il fare può essere ricondotto alla donazione (Gianola A., Atto gratuito, atto liberale, Milano, 2002).

Un'articolata riflessione (Amadio G., La nozione di liberalità non donativa nel codice civile in AA. VV., Liberalità non donative e attività notarile, Quaderni della Fondazione italiana per il Notariato, Milano 2008) ha registrato le tesi che hanno variamente assegnato virtù distintiva allo spirito di liberalità oppure all'arricchimento, segnalando inoltre come la liberalità sia stata alternativamente riferita all'atto oppure agli effetti. La celebre proposta della liberalità come causa fu messa a punto nella prima metà del secolo (Oppo G., Adempimento e liberalità, Milano, 1947), facendo riferimento all'accezione di funzione economico-sociale allora in auge ed impiegando tale identità per giustificare la disciplina comune (errore sul motivo, divieto di mandato). Tuttavia questa prima idea di intento liberale come causa non soddisferebbe, non spiegando il contenuto specifico che consente allo spirito di liberalità di diventare causa.

Una varianteguarda all'effetto di arricchire. La categoria della liberalità sarebbe accomunata dal risultato finale dell'arricchimento del beneficiario, che assurgerebbe ad indice di riconoscimento della categoria, comprendente tutti i negozi-mezzo aventi appunto tale risultato finale. Tale costruzione risulterebbe, però, contraddetta dall'art. 793 comma 2 c.c.- da cui emerge come l'onere possa assorbire l'intero valore della donazione -, cosicché la dottrina più recente ne esclude l'idoneità a contraddistinguere la categoria.

Si propone, allora, di recuperare la piena portata normativa dell'art. 769 c.c. che identifica la donazione come il contratto che non solo arricchisce, ma che lo fa per spirito di liberalità. La conferma sistematica deriverebbe dal confronto tra gratuità e liberalità: è gratuito l'atto che comporta sacrifici economici a carico di una sola parte, oneroso quello che ne importa ad entrambi; quindi il primo arricchisce il beneficiario (si pensi al mecenatismo, ai premi alla clientela, alla prestazione di garanzia a favore delle società controllate), pur non integrando liberalità.

Lo spirito di liberalità sarebbe da tradursi nel soddisfacimento di un interesse non economico. In questo modo si compirebbe la parabola dell'oggettivazione dell'animus donandi in un interesse.

Per contro, l'interesse non patrimoniale identificherebbe la categoria degli atti liberali, come quelli che mirano a procurare all'accipiens un vantaggio in vista del soddisfacimento di un interesse non patrimoniale del tradens.

Sarebbero in questo modo superate le tre antiche teorie sulle liberalità non donative: quella che le assimila al negozio indiretto, costruendo la liberalità quale fine ulteriore; quella della causa sufficiente, secondo la quale la donazione sarebbe sostituita dalla forma; quella dello spirito di liberalità.

Si osserva, poi, che la gamma degli schemi rivolti a realizzare interessi non patrimoniali include comportamenti non negoziali, quali l'astensione dalla interruzione della prescrizione o la mancata indicazione della natura personale del denaro impiegato nell'acquisto di un bene da parte di un soggetto coniugato in comunione legale, dove si verifica la combinazione con l'operatività della fattispecie legale. Per ripensare l'inconciliabilità tra acquisto ex lege ed intento liberale si propone di far capo al "negozio configurativo", quale accordo sulla causa, sorta di contratto normativo, per il quale sorge l'interrogativo circa la necessità dell'atto pubblico (Amadio G., La nozione di liberalità non donativa nel codice civile, cit.).

L'utilizzo dello schermo societario…

Si è opportunamente notato come l'art. 743 c.c. attesti l'attitudine del contratto sociale a veicolare liberalità (Gatt L., Onerosità e liberalità, in Riv. dir. civ., 2003, I, 677).

La riforma del diritto delle società di capitali ha introdotto l'art. 2346 comma 4 c.c. che consente in sede sia di costituzione sia di aumento del capitale attribuzioni di partecipazioni proporzionali rispetto ai conferimenti. L'art. 2468 comma 3 c.c. permette di riconoscere ai singoli soci “particolari diritti” nella distribuzione degli utili. Si tratta di schemi atti a realizzare liberalità non donative laddove difettino ragioni giustificative tali da supportare oggettivamente lo squilibrio.

La via tradizionalmente più praticata passa attraverso rinunce totali o parziali all'opzione in caso di operazioni sul capitale. Nelle società di persone ciò è ritenuto privo di consistenza giuridica da parte di chi esclude la presenza di opzione in senso proprio rispetto agli aumenti, del resto dubitandosi della configurabilità stessa del capitale in senso proprio (per le opposte interpretazioni: Cass. civ. 9 marzo 1955, n. 711; Cass. civ. 27 settembre 1955, n. 2648). Nelle S.p.a. al medesimo risultato può pervenirsi percorrendo l'iter societario dell'esclusione dell'opzione nelle ipotesi e secondo le modalità previste dall'art. 2441 c.c., quindi invocando l'interesse sociale (tra le numerose: Cass. civ. 28 giugno 1980, n. 4089; Cass. civ. 13 gennaio 1987, n. 133), oppure a fronte di conferimento in natura. Alternativamente si offre la - più percorsa - via della rinuncia del socio a sottoscrivere l'aumento, la cui riconducibilità alla liberalità indiretta od alla cessione occulta dell'opzione porta spesso a preferire l'attesa inerte del decorso del termine per l'opzione senza esercitarla, avendo previamente concordato con l'organo amministrativo l'offerta della sottoscrizione al soggetto da favorire. In questa prospettiva fu ammessa, rispetto ad una S.r.l. anteriormente alla riforma, la rinunzia alla sottoscrizione già effettuata da parte del socio, alla stregua di una risoluzione consensuale del contratto, con la conseguente possibilità di offerta ai terzi (Cass. civ. 5 luglio 1984, n. 3945).

Presupposto sottinteso, raramente messo in chiaro, di questo meccanismo è l'inferiorità del "prezzo di sottoscrizione" (ed – eventuale - sovrapprezzo), quindi della somma richiesta per la sottoscrizione, rispetto al suo valore reale. Quest'evenienza è pressoché costante - salvo il caso di società di nuova costituzione, oppure già avviata, ma in stato di decozione - rispetto alle società di persone, il cui capitale è solitamente irrisorio. È tuttavia frequente anche presso le società di capitali.

La causa liberale è stata, tuttavia, esclusa in un'occasione in cui si era inteso attribuire al dipendente una particolare forma di retribuzione, rinunciando all'intestazione delle azioni da parte della maggioranza e dell'organo amministrativo di una S.p.a., avvalendosi del meccanismo del transfert ai sensi dell'art. 2022 comma 2 c.c..

Manovra ancora più drastica è quella consistente nella fuoriuscita di un socio la cui partecipazione venga liquidata in modo depresso, o per nulla.

Oltre al conferimento in numerario, anche quello in natura si presta all'obiettivo di avvantaggiare indirettamente alcuno: si ottiene di arricchire i soci diversi dal conferente, ove quest'ultimo accetti l'attribuzione di quote per un valore inferiore rispetto a quanto attribuito.

Quanto sopra fa, ovviamente, salvo l'eventuale esperimento di azione revocatoria da parte dei creditori particolari del conferente, che è consentito dalla giurisprudenza, in ragione dello squilibrio sinallagmatico, anche nei confronti dei conferimenti in società (Cass. civ. 11 marzo 1995, n. 2817).

Pur essendo ammessa la possibilità di conferire in società un bene sottovalutato contabilmente, la dottrina ritiene, in ogni caso, necessario far emergere, a livello contabile, la corrispondente plusvalenza (Miola M., I conferimenti in natura in Trattato delle società per azioni, G.E. Colombo, G.B. Portale (diretto da), vol. 1 ***, Torino, 2004, 396 e ss).

Considerazioni di corrispondente tenore possono avanzarsi a margine di fusioni e scissioni rispetto al computo del concambio, il quale può avvenire secondo criteri volti a favorire una certa compagine, nei limiti consentiti dalla relazione degli esperti, e nell'assenza di opposizione dei creditori (art. 2503 c.c.). Alcune vicende giudiziarie (Trib. Milano 13 maggio 1999 in Vita not., 2000,991, nonché in Società, 2000, 75) non recentissime evidenziarono, invero, sia l'opinabilità dei conteggi formulati per determinare il rapporto di cambio, sia la limitata sindacabilità da parte del giudice (oggi - in prima battuta - dal notaio).

La riforma ha, inoltre, recepito le aperture giurisprudenziali all'omissione della relazione degli esperti sul rapporto di cambio (art. 2505 c.c.). Per le scissioni con costituzione di nuova società l'art. 2506-ter comma 3 c.c. ha fatto proprio l'orientamento giurisprudenziale che ammetteva la superfluità della relazione degli esperti ove l'assegnazione delle partecipazioni avvenga secondo criteri rigorosamente proporzionali. Il 4 comma dell'art. 2506-ter c.c., escludendo l'obbligo per l'organo amministrativo di redigere i documenti previsti ai commi precedenti con il consenso unanime dei soci e dei possessori di strumenti finanziari, ha recepito il criterio a suo tempo sancito dal decreto ambrosiano (App. Milano, decr., 12 gennaio 2001, in Riv. not., 2001, 1219) il quale ammise che la volontà di tutti i soci (quindi assemblea totalitaria che delibera all'unanimità) possa rendere superflua la relazione degli esperti sul rapporto di cambio, assumendo il carattere disponibile delle norme relative, in quanto poste ad esclusiva tutela dei soci, ed invece irrilevanti per i terzi. È evidente l'utilizzabilità di quest'apertura per attuare liberalità indirette (scorrendo alcuni pareri del Comitato antielusione, esistente fino a metà 2007, si trovano queste indicazioni circa l'applicabilità dell'art. 37-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 alle scissioni).

Il trasferimento di quote a titolo - formalmente - oneroso può, poi, arricchire il cessionario in caso di corrispettivo inferiore al valore effettivo, ciò che configura "vendita mista a donazione". La fattispecie transita nella generica donazione indiretta laddove venga fatto ricorso all'accorgimento consistente nell'effettuazione di versamenti di denaro da parte del cedente nelle casse sociali riservandosene il diritto al rimborso - quindi a titolo di finanziamento, anziché in conto ripianamento perdite/futuro aumento del capitale -, e successiva rinuncia al corrispondente credito, che avvantaggia il cessionario solo in via mediata, per effetto dell'eliminazione di una posta passiva del patrimonio sociale. L'operazione è agevolata dall'incertezza che in concreto spesso circonda la causa di questi versamenti, raramente chiarita al momento del loro perfezionamento, e sfornita di alcuna presunzione (relativa) di fonte non solo legale, ma pure giurisprudenziale, a seguito del superamento dell'originario indirizzo incline ad inferire nel dubbio la natura di versamenti in conto capitale (Cass. civ. 3 dicembre 1980, n. 6315. Successivamente è stato negato, al tempo stesso escludendo la presunzione speculare, onde far capo al mutuo: a titolo esemplificativo si veda Cass. 19 marzo 1996, n. 2314).

…e delle aziende

La sussistenza di un'impresa familiareoffre il destro a ghiotte tentazioni ove si faccia propria la tesi prevalente che rimette all'autonomia degli interessati la capitalizzazione dei crediti spettanti ai collaboratori familiari sulla base dell'art. 230-bis c.c., che si traducono in (percentuale di) contitolarità dell'azienda, e ciò quand'anche, laddove il conferimento sia effettuato nei confronti di una società di capitali, l'apporto sia soggetto alla perizia prevista dall'art. 2343 c.c. (Tassinari F., Costituzione di società di capitali mediante conferimento di azienda familiare, in Notariato, 1996, 4).

La cessione di azienda con costituzione di rendita vitalizia a favore del cedente, non realizzerebbe liberalità indiretta in ragione dell'aleatorietà della causa, salvo la rendita non venga creata a favore di soggetto diverso dal cedente, nel qual caso si rientra nel paradigma della stipulazione a favore del terzo (al riguardo si rinvia a Fusaro A., Autonomia privata e mantenimento: i contratti di vitalizio atipico,in Famiglia e diritto, 2008, n. 3).

Centrale appare la considerazione dell'alienazione di azienda per un corrispettivo inferiore al valore reale, evenienza riconducibile alla figura del "negozio misto con donazione".

Le liberalità risultanti dal medesimo titolo

Con questa espressione si indica, solitamente, l'evenienza del pagamento da parte del terzo, ma pare altrettanto rilevante il contratto a favore del terzo. Viene qui in gioco l'individuazione del perfezionamento della liberalità, spesso affrettatamente individuata nel comportamento presupposto della fattispecie - il pagamento, il trasferimento del bene: insomma la prestazione rivolta a vantaggio di altro soggetto - dimenticando che la qualificazione nei termini della liberalità è subordinata al difetto di rapporto sottostante giustificativo dell'attribuzione (ad esempio un mandato senza rappresentanza, una delegazione, o comunque altra causa idonea a supportare la prestazione solutoria) e, nell'assenza di esso, alla rinuncia ad esperire alcun regresso o ripetizione. Ne consegue l'opportunità di esplicitare in atto la ricorrenza di questi presupposti, negativi (assenza di rapporto pregresso idoneo a supportare casualmente la prestazione) e/o positivi (rinuncia a regresso o ripetizione).

L'efficacia recuperatoria dell'azione di riduzione

La donazione diretta del denaro destinato all'acquisto di un immobile è contemplata dall'art. 1, comma 4-bis, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 e non si tratta di un'evenienza peregrina, ancorché non appaia la più idonea a mettere l'acquisto - specie immobiliare - al riparo dalla potenziale portata recuperatoria dell'azione di riduzione.

Invero, attualmente si suggerisce una formalizzazione distinta - quindi all'interno di un rogito autonomo - della donazione del denaro da impiegarsi per l'acquisto (Delle Monache S., Liberalità atipiche, donazioni occulte e tutela dei legittimari, in www.judicium.it).

Opposto atteggiamento riesce preferibile qualora si intenda consolidare l'esclusione dalla comunione legale del bene acquistato con i denari ricevuti in dono da terzi (solitamente i genitori). Invero - coerentemente con quanto sopra considerato circa la tutela dell'affidamento dei terzi - l'esclusione delle donazioni indirette dalla comunione legale (Cass. civ. 15 novembre 1997, n. 11327; Cass. civ. 14 dicembre 2000, n. 15778) deve intendersi circoscritta al piano obbligatorio, quindi al versante per così dire contabile interno, in assenza di indici emergenti dal titolo di acquisto, ciò che può ora realizzarsi esplicitando la provenienza del denaro senza timore di incorrere in prelievi fiscali, proprio grazie al comma 4-bis dell'art. 1 d.lgs. n. 346/1990.

La prognosi di sopravvivenza della propensione verso le liberalità indirette

La scelta circa la formalizzazione delle liberalità risulterà filtrata da un articolato bilanciamento dei costi e dei vantaggi variabili in dipendenza del contesto. In ordine alle liberalità dirette ai figli giocherà la preoccupazione perequativa, o piuttosto discriminatoria, dei genitori: in un caso saranno confortati dalla perenne tracciabilità delle singole elargizioni idonea a rendere conto della distribuzione del patrimonio, mettendo in grado i discendenti di riepilogarle, e se del caso reclamare conguagli; nell'altro si mostreranno refrattari alla trasparenza in quanto antagonista rispetto ai loro piani.

Altrettanto non vale, ovviamente, per le liberalità tra coniugi,tendenzialmente amorfe in sintonia con l'atmosfera domestica, con la comunione - come si dice - di affetti, di tetto e di mensa. Questo quadro di solidarietà sembra - però - ormai messo a dura prova e sfidato dall'aumento delle crisi coniugali, come ha rilevato la stessa Corte Costituzionale (sent., 25 febbraio 1999, n. 41), allorché ha demolito il carattere assoluto della presunzione di gratuità dei trasferimenti tra coniugi allora contemplata dall'art. 26 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, osservando come all'interno della coppia siano ipotizzabili ed effettivamente si realizzino trasferimenti sia gratuiti sia onerosi. L'inevitabile riverbero degli arricchimenti reciprocamente procurati rispetto alla sistemazione patrimoniale imposta dalla crisi coniugale può - allora - forse costituire un incentivo alla formalizzazione delle liberalità.

Infine ulteriore pressione verso la formalizzazione deriva dalla normativa antiriciclaggio, nonché dai ben noti obblighi di menzionare i mezzi di pagamento in maniera analitica nelle transazioni immobiliari.

Casistica

Deposito di somme presso una banca, rilascio di libretti di deposito intestati a futuri eredi, con istruzioni impartite alla banca circa la consegna dei libretti e rispettivi intestatari

Cass. civ. 18 novembre 1974, n. 3669, qualificando la fattispecie in esame quale liberalità indiretta, ha stabilito che l'imposta progressiva per donazioni, assegnazioni e liberalità sia dovuta ogni volta che per atto tra vivi si verifichi il trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti, qualunque sia il mezzo giuridico adoperato per realizzare il trasferimento, sia esso il risultato tipico di tale mezzo sia esso un risultato ulteriore e finale apparente di un atto avente altro scopo tipico

Versamento da parte di un soggetto di una somma propria su di un conto bancario cointestato, con firma e disponibilità disgiunte

La Cassazione ha riconosciuto «la possibilità che costituisca donazione indiretta l'atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito - qualora la predetta somma, all'atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei contestatari può essere qualificato come donazione indiretta solo quando sia verificata l'esistenza dell'animus donandi, consistente nell'accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità» (Cass. civ. 14 gennaio 2010, n. 468)

Cass. civ. 10 aprile 1999, n. 3499 ha riconosciuto che attraverso il mezzo del contratto di deposito bancario, si realizza l'arricchimento senza corrispettivo dell'altro cointestatario ed ha stabilito che per la validità di tale donazione è sufficiente la forma scritta richiesta per il negozio-mezzo.

«La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto (art. 1854 c.c.) sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell'oggetto del contratto (art. 1298 comma 2 c.c.), ma tale presunzione dà luogo soltanto all'inversione dell'onere probatorio, e può essere superata attraverso presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti - dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa» (Cass. civ. 16 gennaio 2014, n. 809)

Contratto di deposito titoli a custodia e in amministrazione

Cass. civ. 22 settembre 2000, n. 12552, secondo cui non può escludersi che, nell'ambito di un procedimento negoziale complesso, anche il contratto di deposito titoli a custodia e in amministrazione possa essere utilizzato per realizzare in modo indiretto, attraverso la contitolarità, un intento liberale

Permuta di un immobile con buoni del tesoro oggetto di una pregressa donazione tra le parti medesime

Cass. civ. 9 maggio 1979, n. 2658 la quale, in un caso di vendita tra parenti di un immobile preceduta da una donazione disposta dal venditore di titoli dallo smobilizzo dei quali il compratore aveva ricavato la somma versata come prezzo, ha stabilito che, in base all'art. 8 dell'abrogata legge di registro per determinare l'intrinseca natura dell'atto ed i suoi effetti, indipendentemente dalla forma apparente, è consentito accertare se dalla combinazione di più negozi tra loro collegati sia derivato un effetto ulteriore che superi le conseguenze connaturali ai singoli negozi strumentalmente utilizzati

Elargizione della somma di denaro quale mezzo per acquistare un bene immobile

«La dazione di una somma di denaro configura una donazione indiretta d'immobile ove sia effettuata quale mezzo per l'unico e specifico fine dell'acquisto del bene, dovendosi altrimenti ravvisare soltanto una donazione diretta del denaro elargito, per quanto poi successivamente utilizzato in un acquisto immobiliare» (Cass. civ. 2 settembre 2014, n. 18541)

«nell'ipotesi di acquisto di un immobile con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intenda in tal modo beneficiare, con la sua adesione, la compravendita costituisce strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario e, quindi, integra donazione indiretta del bene stesso, non del denaro. Pertanto, in caso di collazione, secondo le previsioni dell'art. 737 c.c., il conferimento deve avere ad oggetto l'immobile, non il denaro impiegato per il suo acquisto» (Cass. civ., S.U., 5 agosto 1992, n. 9282)

Pagamento parziale del prezzo di un immobile

«La donazione indiretta dell'immobile non è configurabile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene, giacché la corresponsione del denaro costituisce una diversa modalità per attuare l'identico risultato giuridico-economico dell'attribuzione liberale dell'immobile esclusivamente nell'ipotesi in cui ne sostenga l'intero costo», successivamente richiamata da Trib. Genova 20 gennaio 2015 (Cass. civ. 31 gennaio 2014, n. 2149)

Sostituzione dell'acquirente tra il preliminare e il definitivo

Cass. civ. 19 marzo 1980, n. 1851, la quale - in un caso in cui il de cuius aveva stipulato in vita un preliminare di compravendita di un bene immobile sostituendo a sé il proprio figlio nel contratto definitivo e fornendogli il danaro per il pagamento del prezzo dell'immobile - ha stabilito che stante l'intimo collegamento tra il preliminare ed il definitivo, fosse ravvisabile un atto di disposizione da parte del genitore che realizzava gli estremi di una donazione indiretta dell'immobile stesso, con la conseguenza che il beneficiario doveva restituire - ai fini della collazione ereditaria - il valore dell'immobile e non la somma di denaro fornitogli per l'adempimento dell'obbligazione di pagamento del prezzo.

«La donazione indiretta è caratterizzata dal fine perseguito di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall'ordinamento, ivi compresi più negozi tra loro collegati, come nel caso in cui un soggetto, stipulato un contratto di compravendita, paghi o si impegni a pagare il relativo prezzo e, essendosene riservata la facoltà nel momento della conclusione del contratto, provveda ad effettuare la dichiarazione di nomina, sostituendo a sé, come destinatario degli effetti negoziali, il beneficiario della liberalità, così consentendo a quest'ultimo di rendersi acquirente del bene ed intestatario dello stesso. Né la configurabilità della donazione indiretta è impedita dalla circostanza che la compravendita sia stata stipulata con riserva della proprietà in favore del venditore fino al pagamento dell'ultima rata di prezzo, giacché quel che rileva è che lo stipulante abbia pagato, in unica soluzione o a rate, il corrispettivo, oppure abbia messo a disposizione del beneficiario i mezzi per il relativo pagamento» (Cass. civ. 29 febbraio 2012, n. 3134)

Trasferimento di un immobile a fronte del quale non avviene il pagamento del prezzo

«Se in un negozio di trasferimento di un immobile non è avvenuto alcun pagamento di prezzo, si configura una vendita dissimulante una donazione e non una donazione indiretta, con conseguente necessità della forma di atto pubblico con la presenza di due testimoni ai fini della validità dell'atto» (Cass. civ. 2 luglio 2014, n. 15095)

Convenzione con cui a fronte della cessione di un'azienda il cessionario si è obbligato a corrispondere una somma mensile al cedente sino al suo decesso e successivamente ad un terzo

«Nella convenzione con cui una parte - in corrispettivo della cessione di un'azienda commerciale (nella specie: rivendita di generi alimentari e di generi di monopolio) e del trasferimento della relativa gestione, implicante la possibilità per il cessionario di ottenere le autorizzazioni amministrative a proprio nome necessarie per continuare a gestire autonomamente l'azienda - si obbliga a corrispondere una determinata somma mensile alla altra parte, fino al decesso di costui, e, successivamente, una rendita in danaro ad un terzo, vita natural durante, sottoposta alla condizione risolutiva dei suo eventuale matrimonio, si configurano una costituzione di rendita vitalizia a titolo oneroso - con costituzione di un vitalizio successivo (art. 1873 comma 2 c.c.), in cui più creditori della rendita sono chiamati a goderne non insieme (vitalizio congiunto), ma uno dopo l'altro - e, nella parte in cui è assicurata la rendita al terzo - una donazione indiretta» (Cass. civ. 3 giugno 1982, n. 3394)

Assunzione del debito altrui realizzata per spirito di liberalità

Cass. civ. 8 luglio 1983, n. 4618 ha stabilito che l'accordo attraverso cui un soggetto assuma per spirito di liberalità il debito di altro verso un terzo, non integra una donazione tipica - stante la mancanza di un arricchimento a favore del debitore, che potrebbe conseguire solo alla liberazione propria dell'accollo privativo ex art. 1273 comma 2 c.c. -, bensì una donazione indiretta che resta assoggettata, circa la forma, alla disciplina propria dell'atto attraverso il quale si realizza la liberalità, salva l'applicazione delle norme sulla revocazione delle donazioni e di quelle sulla riduzione per reintegrare la quota dovuta ai legittimari

Realizzazione di un'opera sul fondo altrui nel caso di rinuncia all'indennità ex art. 936 comma 2 c.c.

Cass. civ. 27 luglio 2007, n. 9872, la quale ha ritenuto che la sopravvenienza dell'animus donandi alla realizzazione di un'opera sul fondo altrui possa configurare una donazione indiretta a favore del proprietario del suolo lasciando prescrivere il diritto all'indennità ex art. 936 comma 2 c.c. ovvero rinunciando all'indennità

Realizzazione di un'opera con denaro altrui su fondo proprio (già acquistato attraverso donazione indiretta)

In tema di donazione indiretta, riguardo all'edificazione con denaro del genitore su terreno intestato al figlio, il bene donato si identifica nell'edificio, anziché nel denaro, senza che ostino i principi dell'acquisto per accessione, qualora, considerati gli aspetti sostanziali della vicenda e lo scopo ultimo del disponente, l'impiego del denaro a fini edificatori risulti compreso nel programma negoziale del genitore donante (Cass. civ. 20 maggio 2014, n. 11035)

Riduzione delle liberalità indirette

«Nell'ipotesi di donazione indiretta di un immobile, realizzata mediante l'acquisto del bene con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intenda in tal modo beneficiare, la compravendita costituisce lo strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario, che ha quindi ad oggetto il bene e non già il denaro. Tuttavia, alla riduzione di siffatta liberalità indiretta non si applica il principio della quota legittima in natura (connaturata all'azione nell'ipotesi di donazione ordinaria di immobile ex art. 560 c.c.), poiché l'azione non mette in discussione la titolarità dei beni donati e l'acquisizione riguarda il loro controvalore, mediante il metodo dell'imputazione; pertanto mancando il meccanismo di recupero reale della titolarità del bene, il valore dell'investimento finanziato con la donazione indiretta dev'essere ottenuto dal legittimario leso con le modalità tipiche del diritto di credito, con la conseguenza che, nell'ipotesi di fallimento del beneficiario, la domanda è sottoposta al rito concorsuale dell'accertamento del passivo ex artt. 52 e 93 l. fall.» (Cass. civ. 12 maggio 2010, n. 11496)

Rinuncia alla quota di comproprietà

«Costituisce donazione indiretta la rinunzia alla quota di comproprietà, fatta in modo da avvantaggiare in via riflessa tutti gli altri comproprietari; e poiché per la realizzazione del fine di liberalità viene utilizzato un negozio, la rinunzia alla quota da parte del comunista, diverso dal contratto di donazione, non è necessaria la forma dell'atto pubblico richiesta per quest'ultimo» (Cass. civ. 25 febbraio 2015, n. 3819)

Vendita di un immobile per un corrispettivo pari al valore catastale (vendita mista a donazione)

Cass. civ. 30 gennaio 2007, n. 1955 ha stabilito che realizza una donazione indiretta - per la quale è sufficiente la forma prescritta per il tipo negoziale adottato dalle parti - il contratto preliminare con il quale - allo scopo di arricchire il promissario acquirente - il promittente venditore consapevolmente si obblighi, appunto, a vendere l'immobile per un prezzo pari al valore catastale

Sommario