06 Aprile 2017

Il cittadino italiano può contrarre matrimonio all'estero con altro cittadino italiano ovvero con cittadino straniero, indipendentemente dalla presenza di uno specifico elemento di collegamento con lo Stato prescelto per le nozze.
Inquadramento

Il cittadino italiano può contrarre matrimonio all'estero con altro cittadino italiano ovvero con cittadino straniero, indipendentemente dalla presenza di uno specifico elemento di collegamento con lo Stato prescelto per le nozze.

La disciplina del matrimonio contratto all'estero dal cittadino italiano soggiace a quanto previsto dall'art. 115 c.c. e dalle norme di diritto internazionale privato previste dalla l. n. 218/1995 e, nello specifico, dagli artt. 27 e 28: il primo individua la legge regolatrice delle condizioni necessarie per contrarre matrimonio, mentre l'art. 28 individua la legge chiamata a disciplinare la forma del matrimonio.

Il complesso normativo di riferimento evidenzia il favor validitatis nei confronti del matrimonio celebrato all'estero. Il legislatore ha inteso salvaguardare il matrimonio validamente contratto da soggetti dotati di adeguata capacità e di tutti i requisiti sostanziali, rispetto a possibili invalidità dovute alla mancanza di requisiti formali.

La celebrazione del matrimonio all'estero non deve esser fatta con lo scopo di eludere le norme interne che prevedono le condizioni necessarie per contrarlo; il cittadino italiano è comunque soggetto alle norme in tema di capacità a contrarre matrimonio come disposto dagli artt. 84 e ss. c.c., anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite.

In evidenza

Il matrimonio contratto all'estero dispiega i propri effetti alla pari del matrimonio civile celebrato in Italia, a prescindere dalla trascrizione dello stesso nei registri di stato civile, poiché la trascrizione, in questo caso, ha mera natura pubblicitaria e non costitutiva.

Il cittadino italiano che contrae matrimonio all'estero non soggiace alla disciplina delle pubblicazioni matrimoniali. Diversamente, qualora la celebrazione avvenga dinanzi all'autorità consolare, la pubblicazione dovrà esser fatta presso l'ufficio consolare in cui la celebrazione deve avvenire (d.P.R. n. 200/1967).

Le pubblicazioni

Il matrimonio celebrato all'estero dal cittadino italiano con un altro cittadino italiano, oppure con uno straniero, non soggiace a quanto previsto dall'art. 96 c.c. in tema di richiesta della pubblicazione, vista l'abrogazione del comma 2 dell'art. 115 c.c. ed in linea con il favor matrimonii che ha ispirato il legislatore della riforma di diritto internazionale privato.

L'esclusione di un obbligo in tal senso per il cittadino italiano è stato recentemente sancito anche dal Ministero dell'Interno, con la circolare 22 maggio 2008 n. 5, in cui lo stesso Ministero precisa che in caso di matrimonio da celebrare all'estero da parte del cittadino italiano, quest'ultimo non debba procedere alle pubblicazioni in Italia, a meno che non sia la legge straniera a richiederlo.

Il matrimonio celebrato dinanzi alle autorità consolari, invece, sconta l'applicazione della disciplina di cui al d.lgs. 3 febbraio 2011, n. 71, che ha abrogato il d.P.R. 5 gennaio 1967 n. 200: in tal caso, dunque, le pubblicazioni di cui all'art. 54 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, sono effettuate presso l'ufficio consolare nella cui circoscrizione egli è residente o in Italia, qualora ivi residente.

La forma del matrimonio

Per forma del matrimonio si intende ciò che attiene all'atto della celebrazione vera e propria, come la presenza dei nubendi, le modalità di espressione del loro consenso, la presenza dell'autorità celebrante e dei testimoni, etc..

La celebrazione del matrimonio all'estero può avvenire nella forme diplomatiche e consolari, ovvero nelle forme dalla legge dello Stato estero oppure ancora nelle altre forme contemplate dall'art. 28 l. n. 218/1995.

Nel primo caso, si tratta del c.d. matrimonio consolare, celebrato dal capo dell'ufficio consolare; tale forma è disciplinata dal d.lgs. 3 febbraio 2011, n. 71 (artt. 12-18) coordinato con quanto disposto dal d.P.R. n. 396/2000 e che prevede, fra l'altro, anche il matrimonio per procura.

Oltre al matrimonio consolare, il cittadino italiano all'estero può contrarre matrimonio (art. 115 c.c. e art. 28 l. n. 218/1995) secondo le forme dettate :

- dalla legge del luogo di celebrazione;

- dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione;

- dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento.

La previsione di numerosi criteri di collegamento – tre, addirittura quattro se i coniugi hanno nazionalità diverse – è espressione del c.d. favor validitatis: in tal modo, il legislatore ha inteso salvaguardare il matrimonio contratto validamente quanto ai requisiti sostanziali, sì da non inficiare la validità di atti che presentino tutte le caratteristiche necessarie dal punto di vista sostanziale, compresi i requisiti di capacità degli sposi.

La forma con cui il matrimonio viene celebrato rileva soprattutto nel caso di matrimonio contratto all'estero in forma religiosa.

In tal caso, esso sarà ritenuto valido e immediatamente efficace anche in Italia agli effetti civili qualora la lex loci ne riconosca a sua volta gli effetti civili.

Ciò vale sia per il matrimonio religioso celebrato secondo il rito canonico, sia per il matrimonio religioso acattolico: quest'ultimo, se contratto dal cittadino italiano all'estero, sarà valido ed efficace se il Paese di celebrazione riconosce detto matrimonio religioso anche agli effetti civili.

Per quanto concerne il matrimonio celebrato in forma canonica, invece, qualora lo Stato ove è stato celebrato non vi connette effetti civili, sarà necessaria la trascrizione del matrimonio in Italia.

In ogni caso, anche il matrimonio contratto all'estero in forma religiosa soggiace ai requisiti sostanziali relativi allo stato e alla capacità delle persone previsti nel nostro ordinamento, mentre la sua validità è normalmente indipendente dall'osservanza di quanto previsto dall'ordinamento italiano relativamente alla trascrizione nei registri dello stato civile.

Alcuni problemi in ordine alla forma del matrimonio sorgono con riferimento a legislazioni che non prevedano requisiti formali per la contrazione del vincolo matrimoniale.

Ad esempio, il cosiddetto common law marriage; conosciuto anche come matrimonio sui iuris, il common law marriage è un matrimonio informale, ovverosia senza celebrazione né civile né religiosa e senza alcuna formale registrazione. É considerato valido in alcuni paesi di common law, come alcuni Stati degli Stati Uniti (Alabama, Colorado, Pennsylvania, Rhode Island, South Carolina, Iowa, Montana, Utah, e Texas) e alcuni Stati dell'Australia, mentre in Inghilterra e Galles, pur non conferendo diritti né doveri, i common law marriage, intesi come l'unione fra persone di sesso diverso caratterizzata dalla coabitazione, vengono talvolta riconosciuti dal legislatore per la concessione di determinati benefici a carattere sociale.

Infine, il matrimonio contratto all'estero alla presenza fisica di uno solo dei nubendi e con la partecipazione dell'altro tramite strumenti telematici (es. Skype) sarà valido se questo è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione, o dalla legge nazionale di almeno uno dei nubendi al momento della celebrazione, o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento (v. in tal senso Cass. civ., sez. VI, 18 luglio 2013, n. 17620).

Pertanto, dovrà verificarsi in concreto, quanto alla forma, se una delle leggi citate prevede la valida celebrazione del matrimonio secondo le modalità telematiche; in caso positivo, esso sarà valido per l'ordinamento italiano, non ostandovi alcun principio di ordine pubblico (v. Cass. civ., sez. I, 25 luglio 2016, n. 15343).

Legge applicabile

Il cittadino che intenda contrarre all'estero matrimonio è soggetto, con riferimento ai requisiti sostanziali necessari, a quanto stabilito dall'art. 115 c.c. e dall'art. 27 l. n. 218/1995.

L'art. 27 l. n. 218/1995 dispone che «La capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio».

Riguardo al cittadino italiano, secondo il dettato dell'art. 115 c.c., questi è soggetto alle disposizioni di cui agli artt. 84-89 c.c. anche quando contrae matrimonio in paese straniero, secondo le forme ivi stabilite.

Valgono pertanto gli impedimenti derivanti dall'età (art. 84 c.c.), dalla capacità di intendere e di volere (art. 85 c.c.), dalla libertà di stato (art. 86 c.c.), quelli derivanti da rapporto di parentela, affinità, adozione e affiliazione (art. 87 c.c.), da delitto (art. 88 c.c.) e per divieto temporaneo di nuove nozze (art. 89 c.c.).

Quindi, qualora i cittadini siano entrambi italiani ed abbiano contratto matrimonio all'estero, sarà applicabile a entrambi la legge italiana sulle condizioni per contrarre matrimonio; se, invece, il cittadino ha contratto matrimonio all'estero con un cittadino di altro Paese, a quest'ultimo si applicheranno le norme relative alla propria legge nazionale al momento della celebrazione del matrimonio, ex art. 27 l. n. 218/1995.

Secondo la suddetta applicazione disgiuntiva delle leggi nazionali è possibile che, nella pratica, venga celebrato un c.d. matrimonio claudicante, ovverosia un matrimonio valido per un ordinamento – di solito quello in cui è stato celebrato il matrimonio – ma non per un altro, come ad esempio l'ordinamento italiano.

In ogni caso, è importante sottolineare come anche nell'ipotesi in cui il matrimonio sia stato celebrato in mancanza dei requisiti sostanziali previsti dalla legge italiana, l'atto di matrimonio non perde la sua validità fino a quando non sia impugnato per una delle ragioni previste dall'art. 117 c.c. e non sia intervenuta una pronuncia di nullità o di annullamento (cfr. Cass. civ., 2 marzo 1999, n. 1739; Cass. Civ., 13 aprile 2001, n. 5537).

Detta pronuncia, peraltro, non dovrà tenere in considerazione l'astratta e solo potenziale contrarietà di siffatto matrimonio rispetto all'ordine pubblico ma dovrà riferirsi all'effettiva e concreta violazione di tali elementi nella fattispecie portata all'esame del giudicante, con l'effetto di considerarlo valido ed efficace qualora esso sia stato contratto in ossequio alle forme stabilite dalla legge del luogo di celebrazione e dei requisiti di stato e capacità della parti.

Ad esempio, il matrimonio celebrato all'estero secondo il rito islamico è stato ritenuto valido ed immediatamente efficace in Italia, anche in assenza di trascrizione, con ciò implicitamente ritenendo che l'astratta natura poligamica del matrimonio non impedisce di per sé di ritenerlo né invalido né inefficace, dovendosi valutare l'incidenza della poligamia, propria di tale rito celebrativo, all'interno dello specifico matrimonio

La trascrizione

Il matrimonio celebrato all'estero può essere trascritto in Italia nel paese di residenza comune o di ultima residenza degli sposi.

Salvo il caso di matrimonio canonico celebrato in uno Stato che non ne riconosca gli effetti civili, esso non necessita di trascrizione in Italia ai fini della validità e del dispiegamento dei propri effetti.

Il matrimonio celebrato all'estero nel rispetto di quanto sancito dagli artt.115 c.c., art.27 e 28 l.31 maggio 1995 n. 218 è valido anche nell'ordinamento italiano e tale validità non è condizionata dall'osservanza delle norme italiane relative alla trascrizione, atteso che questa «ha natura certificativa e di pubblicità, e non costitutiva» (Cass. civ., 28 aprile 1990, n. 3599; Cass. civ., 25 gennaio 1979, n. 557; Cass. civ., 14 febbraio 1975, n.569).

La prova della celebrazione è data ai sensi dell'art. 130 c.c. con la produzione dell'atto di matrimonio estratto dai registri dello stato civile del Paese estero di celebrazione.

Inoltre, l'atto di matrimonio non perde la propria validità sino a quando non sia impugnato con apposita azione, con conseguente pronuncia di nullità o annullamento del matrimonio ad opera del Tribunale competente in funzione collegiale ex art. 50-bis, n.1, c.p.c..

Quindi, la validità nell'ordinamento italiano del matrimonio contratto all'estero è immediata con la produzione dell'atto e la trascrizione non può essere rifiutata ai sensi dell'art. 18 d.P.R. n. 396/2000 per motivazioni relative ad eventuali violazioni dell'ordine pubblico; sarà l'ufficiale civile a dover trasmettere gli atti al Procuratore competente onde potersi procedere ad una eventuale impugnazione ex artt.117 e ss. c.c..

La mancata trascrizione, inoltre, non è elemento ostativo per la pronuncia di scioglimento del matrimonio, poiché, «non vale ad escludere la giurisdizione del giudice italiano, in caso di domanda di divorzio tra cittadini stranieri, la circostanza che l'eventuale sentenza sarebbe improduttiva di effetti nel territorio della Repubblica, perché non suscettibile di annotazione nei registri dello stato civile nei quali il matrimonio non è stato mai trascritto» (Cass. civ., S. U., 28 ottobre 1985, n. 5292).

Il matrimonio fra persone dello stesso sesso contratto all'estero ante l. n. 76/2016

In attesa dell'introduzione da parte del legislatore di una normativa a tutela delle unioni omoaffettive, che adottasse uno statuto sostanzialmente equiparabile a quello derivante dal vincolo matrimoniale (cfr. Cass. civ., sez. I, 21 aprile 2015, n. 8097), si poneva il problema relativo ai matrimoni celebrati fra persone dello stesso sesso all'estero.

Negli anni si sono susseguiti vari orientamenti espressi dalle Corti di merito, perlopiù tendenti al riconoscimento della validità dei cc.dd. matrimoni omosessuali contratti all'estero, assumendo la non contrarietà degli stessi all'ordine pubblico e neppure ai requisiti di cui agli artt. 84 c.c. e ss. con conseguente ammissibilità della trascrizione nei registri interni dello Stato Civile.

Sul punto, la Corte di Cassazione, dopo aver in un primo momento ritenuto “inesistente” il matrimonio contratto in assenza dei cc.dd. requisiti minimi per la configurabilità giuridica del vincolo, ha recentemente mutato orientamento considerando il matrimonio fra omosessuali contratto all'estero come “inidoneo alla produzione di effetti” all'interno dell'ordinamento giuridico italiano.

Il quadro interpretativo, in particolare, è cambiato a seguito della pronuncia n. 4148/2012 della Corte di Legittimità, la quale, pur dando atto della meritevolezza dell'unione omoaffettiva e riconoscendo la titolarità delle coppie dello stesso sesso al diritto alla “vita familiare” – fra l'altro anche stabilito dall'art. 8 CEDU – nell'esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente la propria unione, ha sancito l‘inidoneità alla produzione di effetti da parte dell'atto matrimoniale contratto all'estero fra persone dello stesso sesso.

Tale inidoneità alla produzione degli effetti giuridici era una inefficacia in senso stretto, non conseguenza di altro vizio; l'ordinamento italiano, quindi, riconosceva, sulla base sia del proprio quadro normativo e giurisprudenziale, che di quello europeo, la validità e la meritevolezza del c.d. matrimonio omosessuale, ma in assenza di una espressa previsione normativa non poteva che precludere il dispiegarsi degli effetti, con ciò impedendone la trascrizione.

L'intervento legislativo, divenuto realtà con la l. n. 76/2016, è stato incoraggiato anche a seguito di una recente pronuncia della Corte Costituzionale, la quale ha dichiarato il contrasto costituzionale ex art. 2 Cost. rispetto a soluzioni che determinino la cancellazione, sul piano giuridico, del pregresso vissuto della coppia che abbia maturato reciproci diritti e doveri, anche di rilievo costituzionale, i quali, seppur non più declinabili all'interno del modello matrimoniale, non sono, per ciò solo, tutti necessariamente sacrificabili (cfr. Corte cost., 11 giugno 2014, n. 170).

Orientamenti a confronto

Inquadramento del matrimonio omosessuale

Incapacità del matrimonio omosessuale a produrre effetti

Il matrimonio omosessuale (anche se celebrato all'estero) deve intendersi incapace, nel vigente sistema di regole, di costituire tra le parti lo status giuridico proprio delle persone coniugate (con i diritti e gli obblighi connessi) in quanto privo dell'indefettibile condizione della diversità di sesso dei nubendi, che il nostro ordinamento configura quale connotazione ontologica essenziale dell'atto di matrimonio (Cons. Stato, sez. III, 26 ottobre 2015, n. 4897).

Il matrimonio contratto all'estero tra soggetti dello stesso sesso non può essere qualificato come matrimonio per l'ordinamento italiano, mancando uno dei requisiti essenziali e quindi non può produrre effetti giuridici. La logica conseguenza è che non è possibile alcuna trascrizione, non sussistendo un matrimonio per l'ordinamento italiano (Trib. Pesaro, decr. 21 ottobre 2014)

Trascrivibilità del matrimonio omosessuale

In forza di un'interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata delle norme vigenti, è illegittimo il rifiuto opposto dell'ufficiale di stato civile di trascrivere il matrimonio contratto all'estero da persone dello stesso sesso (Trib. Grosseto, 26 febbraio 2015).

È trascrivibile l'atto di matrimonio celebrato all'estero tra persone omosessuali, non esistendo nell'ordinamento italiano alcun impedimento alla trascrizione nei registri dello stato civile dell'atto di matrimonio contratto all'estero, secondo le forme previste dalla legge straniera, non avendo la trascrizione natura costitutiva, ma soltanto certificativa e di pubblicità di un atto già valido di per sé sulla base del principio tempus regit actum (Trib. Grosseto, 9 aprile 2014).

Intrascrivibilità del matrimonio omosessuale per contrarietà all'ordine pubblico

Non può essere trascritto negli atti dello stato civile il "matrimonio" contratto all'estero tra persone dello stesso sesso, in quanto contrastante con l'ordine pubblico interno (Trib. Roma, 30 giugno 2005).

Il matrimonio contratto all'estero tra persone dello stesso sesso non è trascrivibile in Italia, sia per l'assenza dei requisiti minimi essenziali affinché possa ricorrere l'istituto definito dalla legge italiana come matrimonio, sia per contrasto con l'ordine pubblico ai sensi dell'art. 18 d.P.R. n. 396/2000 (Trib. Latina, 10 giugno 2005).

Il matrimonio fra persone dello stesso sesso contratto all'estero dopo la l. n. 76/2016

Come è noto, la l. n. 76/2016 non ha introdotto una parificazione tout court delle unioni fra persone dello stesso sesso a quelle matrimoniali. Il matrimonio civile può essere celebrato solo fra persone di sesso diverso, mentre le unioni omoaffettive trovano analoga tutela giuridica nella c.d. unione civile, disciplinata dall'art. 1, commi 1 e ss., della novella.

Una delle caratteristiche più rilevanti della nuova legge è quella di estendere anche ai membri dell'unione civile, secondo il disposto dell'art. 1, comma 20, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti.

Non solo con riferimento alla l. n. 76/2016, ma ovunque tali termini ricorrano nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, proprio al fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso.

Oltre alla citata clausola generale, è vigente dal 29 luglio 2016 il D.P.C.M. 23 luglio 2016 n. 144 che disciplina espressamente le modalità operative per la trascrizione del matrimonio fra persone dello stesso sesso oppure della unione civile contratti all'estero.

Detto provvedimento stabilisce che, sia la costituzione dell'unione civile secondo la legge italiana dinanzi all'autorità consolare, sia la celebrazione di matrimonio all'estero, vengano trasmessi dalla autorità consolare ai fini della trascrizione in un apposito registro provvisorio delle unioni civili.

I decreti attuativi della l. n. 76/2016

Alla fase transitoria hanno posto rimedio i Decreti Legislativi emanati il 19 gennaio 2017 in attuazione della l. n. 76/2016. Ora la coppia composta da persone dello stesso sesso ha la possibilità sia di costituire all'estero l'unione civile, sia di contrarre matrimonio all'estero qualora lo stato di celebrazione contempli tale istituto anche per le unioni omoaffettive.

L'unione civile all'estero può essere effettuata fra cittadini italiani e fra un cittadino italiano e un cittadino di nazionalità straniera.

Il d.lgs. n. 5/2017 ha modificato il d.P.R. n. 396/2000 con riferimento ai matrimoni e alle unioni civili celebrate all'estero. L'art. 16, la cui rubrica è sostituita dalla seguente: «Matrimoni celebrati e unioni civili costituite all'estero», al comma 1 ha assimilatoai fini della costituzionela disciplina delle unioni civili a quella matrimoniale, sancendo che quando le parti dell'unione civile sono entrambi cittadini italiani o uno di essi è cittadino italiano e l'altro è cittadino straniero, possano essere costituite innanzi all'autorità diplomatica o consolare competente, oppure innanzi all'autorita' locale secondo le leggi del luogo.

Il medesimo d.lgs. 5/2017 ha modificato la normativa su «Ordinamento e funzioni degli uffici consolari», disciplinata dal d.lgs. n. 71/2011 coordinando la lettera della l. n. 76/2016 con le specifiche disposizioni già previste per la celebrazione del matrimonio.

La costituzione dell'unione civile all'estero dovrà effettuarsi presso la sede consolare, secondo il dettato del nuovo art. 15-bis d.lgs. n. 71/2011. In ogni caso, gli adempimenti formali dell'unione civile sono gli stessi sanciti dai commi 2 e 10 dell'art. 1 l. n. 76/2016, siccome richiamati dall'art. 12-bis d.lgs. n. 71/2011.

Quanto al matrimonio celebrato all'estero fra persone dello stesso sesso, esso non comporta l'automatica assimilazione all'istituto matrimoniale italiano, nemmeno se trascritto in Italia.

Con il d.lgs. n. 7/2017, infatti, è stata modificata la l. 31 maggio 1995, n. 218 ed è stato introdotto, fra l'altro, l'art. 32-bis («Matrimonio contratto all'estero da cittadini italiani dello stesso sesso»), grazie al quale il matrimonio contratto all'estero da cittadini italiani con persona dello stesso sesso produce gli effetti dell'unione civile regolata dalla legge italiana.

Il favor già espresso dal legislatore nei confronti del matrimonio celebrato all'estero viene trasposto anche nella normativa attuativa delle unioni omoaffettive.

L'art. 32-quinquies l. n. 218/1995, come introdotto dal d.lgs. n. 7/2017 dispone, infatti, che non solo l'unione civile ma anche anche “altro istituto analogo”, costituiti all'estero tra cittadini italiani dello stesso sesso e abitualmente residenti in Italia produce gli effetti dell'unione civile regolata dalla legge italiana.

Sulla trascrivibilità delle unioni civili e dei matrimoni fra persone dello stesso celebrati all'estero è intervenuto il d.lgs. n. 5/2017 che, in modifica al R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, ha introdotto l'art. 134-bis, denominato «Iscrizioni e trascrizioni nel registro delle unioni civili». All'interno di detto registro, come stabilito dal nuovo articolo al comma 3, vengono iscritti gli atti di costituzione delle unioni civili avvenute all'estero e gli atti dei matrimoni tra persone dello stesso sesso avvenuti all'estero.

Val la pena ricordare che, in assenza di espressa previsione di legge, non possono essere trascritte le mere convivenze registrate all'estero, fattispecie assimilabile alle c.d. famiglie di fatto, di cui all'art. 1 commi 36 e ss., per le quali non è prevista apposita disciplina; l'unica disposizione internazionalprivatistica è confinata alle ipotesi in cui la coppia di fatto abbia sottoscritto apposito contratto di convivenza al quale, giusta introduzione dell'art. 30-bis l. n. 218/1995, si applica la legge nazionale comune dei contraenti e nel caso di diversa cittadinanza si applica la legge del luogo in cui la convivenza è prevalentemente localizzata.

Casistica

Potere di intervento degli organi amministrativi

Il Prefetto non risulta avere alcuna potestà di intervento o rettifica con riguardo alla trascrizione di un matrimonio contratto all'estero tra persone dello stesso sesso. La vigente normativa affida soltanto all'autorità giudiziaria ordinaria il potere di rettificare o annullare gli atti indebitamente trascritti (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 29 settembre 2015, n. 2037).

Giurisdizione del giudice amministrativo

Esula dall'ambito di giurisdizione del giudice amministrativo, per rientrare in quello del giudice ordinario, l'impugnativa del provvedimento con il quale il Prefetto ha disposto l'annullamento della trascrizione nei registri di stato civile di un Comune di un matrimonio contratto all'estero tra due soggetti dello stesso sesso (T.A.R. Toscana, sez. I, 25 settembre 2015, n. 1291)

Competenza giurisdizionale sulla trascrivibilità del matrimonio

La trascrizione del matrimonio omosessuale, contratto all'estero, non può essere disposta dal giudice, dal momento che l'individuazione delle forme di riconoscimento e di garanzia di tale unione è riservata alla competenza del legislatore (Cass. civ., sez. I, 15 marzo 2012, n. 4184)

*Scheda aggiornata ai Decreti di attuazione della Legge sulle Unioni civili (d.lgs. n. 5, 6, 7/2017)

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