Matrimonio religioso non cattolicoFonte: Cod. Civ. Articolo 83
29 Giugno 2017
Inquadramento
Il sistema matrimoniale italiano è caratterizzato dal principio della pluralità delle forme di celebrazione in funzione della tutela delle libertà matrimoniale e religiosa. Infatti,il codice civile ad apertura del Titolo VI «Del Matrimonio», Libro I, regola al Capo II il matrimonio religioso distinguendo le fattispecie del matrimonio celebrato davanti a ministri sia del culto cattolico (art. 82 c.c.) sia dei culti ammessi nello Stato (art. 83 c.c.). Mentre nel primo caso l'art. 82 c.c. rinvia unicamente alla legislazione speciale (dettata in materia dalle norme di derivazione concordataria, c.d matrimonio concordatario), nel secondo caso l'art. 83 c.c. dispone che il matrimonio degli acattolici sia regolato dalle norme dettate per il matrimonio civile, salvo quanto stabilito nella legge speciale che lo concerne. Quest'ultima riguarda una pluralità di fonti: occorre distinguere tra le confessioni religiose prive di una intesa con lo Stato ex art. 8, comma 3, Cost., rispetto alle quali è tuttora vigente la legislazione fascista sui culti ammessi (l., 24 giugno 1929, n. 1159 e relativo decreto attuativo R.D., 28 febbraio 1930, n. 289), e le confessioni che tale intesa hanno stipulato, per le quali è vigente la legge di approvazione della medesima che esclude espressamente l'applicazione delle norme sui culti ammessi. Circa quest'ultima nozione, si noti che una valutazione statale in ordine all'ammissibilità delle singole confessioni religiose non è più compatibile con il principio della uguale libertà di esse davanti alla legge (art. 8, comma 1, Cost.), espressione del principio supremo di laicità dello Stato (C. cost., sent., 12 aprile 1989, n. 203).
Il riconoscimento del matrimonio degli acattolici secondo la legislazione sui culti ammessi del 1929
Il neonato Stato italiano, sorto sulle ceneri del potere temporale della Chiesa cattolica, aveva introdotto con la prima codificazione (1865) l'istituto del matrimonio civile come unica forma di celebrazione valida, determinando la irrilevanza del matrimonio celebrato in forma religiosa. Il c.d. sistema del matrimonio civile obbligatorio fu abbandonato solo nel 1929 quando, con la stipulazione del Concordato Lateranense (l., 27 maggio 1929, n. 810), lo Stato si è impegnato a riconoscere al “sacramento del matrimonio”, così come disciplinato dal diritto canonico, gli stessi effetti del matrimonio civile; inoltre, fu prevista la rilevanza della giurisdizione ecclesiastica in materia (art. 34, c.d. matrimonio concordatario). In parallelo, anche agli appartenenti delle confessioni religiose di minoranza (purché “culti ammessi”) fu riconosciuta la facoltà di accedere allo status civile di coniuge celebrando il rito ad esse proprio (artt. 7-12, l n. 1159/1929 e artt. 25-28 R.D. 28 febbraio 1930). In questo secondo caso, tuttavia, e coerentemente con il carattere confessionista dello Stato autoritario, la rilevanza delle norme confessionali è limitata alla fase rituale di celebrazione mentre per ogni altro aspetto (capacità, impedimenti, cause di nullità) il matrimonio diverso dal cattolico èregolato dalle norme proprie del matrimonio civile, nonché rimesso alla giurisdizione esclusiva dello Stato. Dunque, per un verso con tali previsioni si determinava una deroga all'uguaglianza giuridica dei cittadini in materia di stato civile perché era stato introdotto, solo a favore dei cattolici, il principio della rilevanza della legge personale confessionale; e, per altro verso, il matrimonio degli acattolici civilmente efficace non arriva a configurarsi come un tipo diverso dal matrimonio civile, tanto da essere qualificato dai più come matrimonio civile in forma speciale (come i matrimoni celebrati al cospetto di soggetti diversi dall'ufficiale di stato civile, ma titolari del potere pubblico di certificazione, come i consoli all'estero e i comandanti di navi e aeromobili).
Il riconoscimento agli effetti civili del matrimonio religioso diverso dal cattolico è subordinato alla trascrizione nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale. Le parti, nel richiedere la pubblicazione, devono dichiarare all'ufficiale dello stato civile, che sarebbe competente a celebrare, l'intenzione di voler celebrare il matrimonio davanti al ministro di culto indicato. Ai fini della legittimazione del ministro celebrante occorre:
La celebrazione si svolge secondo le regole confessionali, ma occorre sottolineare che l'ordinamento statale non ne sanziona il mancato rispetto. Invece, la legge impone al ministro celebrante una serie di adempimenti civili concomitanti alla celebrazione religiosa (art. 9 legge cit.):
Il ministro di culto non ha il potere di rilasciare copie, né certificati degli atti di matrimonio celebrati davanti a lui (art. 28 R.D. cit.), essendo questa una funzione propria dell'ufficiale dello stato civile. Tuttavia, nello svolgimento degli adempimenti civili, egli agisce come pubblico ufficiale in quanto svolge una pubblica funzione amministrativa di certificazione (art. 357 c.p.); l'atto da lui compilato è atto pubblico e, anche se non espressamente previsto, si ritiene che vi possano essere inserite le dichiarazioni accessorie ammesse dalla legge in tema di regime patrimoniale e di riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio (artt. 162, comma 2, 167, 254 c.c.) anche se l'efficacia civile di tali dichiarazioni è subordinata alla trascrizione dell'atto nei registri dello stato civile.
A conclusione del procedimento, l'ufficiale di stato civile, ricevuto l'atto, ne constatata la regolarità e ne cura, entro le 24 ore successive, la trascrizione nei registri dello stato civile per darne poi notizia al ministro di culto che celebrò il matrimonio.Prevale l'opinione che, come per il matrimonio concordatario, la trascrizione abbia efficacia retroattiva e costitutiva, e non meramente probatoria come tipico degli atti dello stato civile, perché in mancanza di essa il matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti ammessi non produce effetti nell'ordinamento statale;non così se tale matrimonio è celebrato dal cittadino italiano all'estero e sia valido agli effetti civili secondo la lex loci, perché in questo caso rileva in Italia come matrimonio civile indipendentemente dall'omissione della pubblicazione e della trascrizione quando sussistano i requisiti sullo stato e la capacità delle persone previsti dall'ordinamento italiano (ex art. 115 c.c. e artt. 27 e 28 l. n. 218/1995). La legislazione sui culti ammessi non prevede l'istituto concordatario della trascrizione tardiva, ossia il recupero degli effetti civili su domanda delle parti qualora l'atto di matrimonio non sia trasmesso dal ministro di culto entro i cinque giorni dalla celebrazione.
Quanto alle cause di intrascrivibilità, la trascrizione del matrimonio degli acattolici è esclusa in presenza di qualsiasi impedimento previsto dalla legge civile. Le cause di nullità sono le medesime previste per il matrimonio celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile (art. 11, l. n. 1159/1929, ossia art. 117 ss. c.c.), a cui si aggiungono quelle per i vizi propri della forma speciale di celebrazione. In particolare, vi è concordanza nel ritenere causa di nullità la mancata approvazione governativa della nomina, poiché trattasi di requisito indispensabile perché gli atti del ministro di culto sortiscano effetti giuridici nell'ordinamento statale. Per quanto riguarda irregolarità e inadempimenti che possano verificarsi nel corso del procedimento, pur nel silenzio della legge sul punto, si ritiene possibile la regolarizzazione successiva. Anche lo straniero può celebrare validamente in Italia il matrimonio davanti ai ministri dei culti diversi dal cattolico (art. 116 c.c.). Ma la giurisprudenza di legittimità ha dichiarato nullo il matrimonio tra una cittadina italiana e un cittadino israeliano celebrato in Italia alla presenza del rabbino e senza alcuna delle formalità di cui alla l. n. 1159 cit.; essendo, però, tale matrimonio regolarmente registrato in Israele, ha inteso valorizzarne la validità riconosciuta all'estero e lo ha dichiarato nullo ma non inesistente (con la conseguenza che, trattandosi di invalidità per vizi di forma, ha trovato applicazione la regola secondo cui il possesso di stato conforme all'atto di celebrazione sana ogni difetto di forma ex art. 131 c.c., v. Cass., sez. I, 9 giugno 2000, n. 7877).
Il riconoscimento del matrimonio degli acattolici secondo la legislazione sulla base di intese con le confessioni religiose
Se si eccettuano l'Unione Buddhista italiana (l. 31 dicembre 2012, n. 245) e l'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (l. 28 giugno 2016, n. 130), tutte le confessioni religiose di minoranza che hanno stipulato intese con lo Stato italiano (ex art. 8, comma 3, Cost.) hanno pattuito nuove regole sul riconoscimento del matrimonio religioso con l'obbiettivo pratico di sottrarsi alla legislazione restrittiva sui culti ammessi. In particolare, la disciplina del matrimonio contenuta nella prima intesa stipulata con la Tavola Valdese (art. 11, l. 11 agosto 1984, n. 449) ha costituito il modello al quale si è conformato sia il primo gruppo di intese, approvate con legge tra il 1984 e il 1995, sia il secondo gruppo di intese approvate con legge tra il 2012 e il 2016 (confessioni eterogenee rispetto alle precedenti che appartenevano al ceppo giudaico-cristiano). Una disciplina in parte diversa, accostabile a quella prevista per il matrimonio concordatario, è dettata dall'intesa con l'Unione delle Comunità ebraiche italiane (art. 14, l. 8 marzo 1989 n. 101), alla quale si è conformata in materia anche l'intesa con i Mormoni (art. 14, l. 30 luglio 2012, n. 127). La prima considerazione d'insieme è che permane il procedimento di trascrizione previe pubblicazioni civili, ma vi sono delle differenze importanti rispetto a quanto previsto dalla legislazione sui culti ammessi. Circa la legittimazione del ministro di culto, è significativa la soppressione della approvazione governativa della nomina e dell'autorizzazione rilasciata dall'ufficiale di stato civile; viene meno, cioè, quello stretto collegamento che nella legislazione generale sui culti acattolici caratterizza il rapporto tra il ministro di culto e l'ordinamento statuale tanto che, in passato, si era prospettata la figura del celebrante come quella di un delegato dell'ufficiale dello stato civile, seppure in mancanza di un vero rapporto organico tra i due soggetti. Nelle nuove norme la nomina del ministro di culto si svolge senza alcuna ingerenza statale; in punto, rileva la certificazione rilasciata appositamente dall'autorità confessionale che attesti la qualifica di ministro di culto. Invece, rimane il requisito della cittadinanza italiana (tralasciato solo nella prima intesa con la Tavola Valdese) in mancanza del quale il matrimonio è nullo, essendo il ministro privo dei poteri pubblicistici di certificazione e notificazione. Promossa dalle confessioni evangeliche è la novità di anticipare la lettura degli articoli del codice civile, ponendola a carico dell'ufficiale dello stato civile in sede di pubblicazioni e non più del ministro di culto dopo la celebrazione, nell'intento di separare più nettamente la fase della celebrazione religiosa dagli adempimenti richiesti per il conseguimento degli effetti civili quasi ad evitare, ove possibile, ogni contaminazione tra il sacro e il profano. Ne consegue che il sub-procedimento di pubblicazione si conclude con il rilascio di un mero nullaosta in doppio originale che attesti l'inesistenza di impedimenti secondo la legge civile e l'avvenuta lettura delle norme codicistiche fatta ai coniugi; esso deve, inoltre, individuare in base a quali norme o riti tale celebrazione si svolgerà e in quale Comune avverrà, secondo l'indicazione delle parti. Sempre nell'intento di restituire integrità alla fase della celebrazione religiosa, il ministro non deve più ricevere la manifestazione del consenso delle parti. Non è una differenza di poco conto, rispetto alla legislazione sui culti ammessi, se si considera che, ad esempio, nel caso del matrimonio ebraico, la disciplina sulla base di intesa permette il riconoscimento di effetti civili ad una celebrazione religiosa nell'ambito della quale la sposa non manifesta espressamente la propria volontà, ma si limita ad accettare l'anello nuziale dallo sposo, con notevole distanza dallo schema di accertamento della volontà matrimoniale dei nubendi secondo la legge civile. Al termine della celebrazione, il ministro di culto deve provvedere alla redazione dell'atto di matrimonio in due originali, assolvendo ad una duplice attività certificativa nei confronti della confessione e dello Stato; infine, deve trasmettere uno di tali originali, con allegato uno dei nullaosta, all'ufficiale di stato civile per la trascrizione nei pubblici registri. Alcune particolarità si riscontrano nell'intesa con l'Unione delle Comunità ebraiche italiane (art. 14, l. 8 marzo 1989 n. 101), cui si è conformata successivamente l'intesa con i Mormoni (art. 14, l. 30 luglio 2012, n. 127), più vicinaal modello del matrimonio concordatario. Infatti, ivi è previsto che l'adempimento della lettura spetti al ministro di culto nel momento successivo alla celebrazione religiosa; inoltre, si stabilisce espressamente che nell'atto da lui compilato possano essere inserite le dichiarazioni consentite dalla legge civile (così anche nelle intese approvate nel 2012 con gli Ortodossi, con gli Induisti e con gli appartenenti alla Chiesa Apostolica in Italia). Quanto alla regola inclusa secondo cui “resta ferma la facoltà di celebrare e sciogliere matrimoni religiosi, senza alcun effetto o rilevanza civile, secondo la legge e la tradizione ebraiche” (art. 14.9) essa non fa che ribadire una prerogativa che deriva dal diritto di libertà religiosa previsto dalla Costituzione, ma lascia immutata la competenza piena ed esclusiva dello Stato a regolare i requisiti di capacità, le ipotesi di impedimento e le cause di nullità del vincolo matrimoniale, sottoposte alla giurisdizione esclusiva di esso. In proposito, la giurisprudenza di merito in una occasione ha ritenuto di considerare come “ottenuto all'estero” il provvedimento di divorzio ottenuto dal tribunale rabbinico di Roma da un cittadino straniero coniugato con una cittadina italiana, al fine di pronunciare lo scioglimento del vincolo ai sensi dell'art. 3, n. 2, lett. e), l. 1 dicembre 1970, n. 898 (Trib. Milano 5 ottobre 1991).
Neppure la disciplina sulla base di intese contempla l'istituto della trascrizione tardiva che, allo stato attuale, riguarda in via privilegiata solo i matrimoni canonici. Tuttavia, nel caso in cui l'atto non sia trasmesso o lo sia oltre i cinque giorni dalla celebrazione, o ancora sia irregolare, si ritiene possibile ottenere una trascrizione tardiva su ordine del tribunale, promuovendo il procedimento di rettificazione volto a regolarizzare o ricostruire l'atto (art. 95 ss. d.P.R. 2000 n. 396 cit). La giurisprudenza di merito, esclusa la trascrizione tardiva per mera volontà degli sposi perché ius speciale non applicabile ai matrimoni celebrati con riti diversi da quello concordatario, ha accolto, nel caso di un matrimonio ebraico non trascritto per mancata trasmissione dell'atto da parte del rabbino, una istanza di trascrizione posticipata volta a porre riparo ad un procedimento di registrazione del matrimonio che non si è perfezionato per mero fatto ostativo non rimproverabile ai nubendi; ciò a condizione che, al momento della domanda, non siano venute meno le condizioni che legittimavano a suo tempo il matrimonio e purché sia provata la volontà degli sposi di ottenere fin dall'inizio gli effetti civili (Trib. Milano, decr. 22 febbraio 2016).
Orientamenti a confronto
Rispetto alla legislazione sui culti ammessi, le nuove norme attestano il riconoscimento di una maggiore autonomia delle confessioni religiose, tanto che è sembrato di poterne ricavare elementi a sostegno della tesi che configura il matrimonio acattolico come un ulteriore tipo di matrimonio religiosamente caratterizzato (tertium genus). Ma se anche si tenga conto che la forma religiosa di celebrazione soddisfa un preciso interesse religioso dei cittadini non cattolici, e dunque adempie una funzione sociale di particolare importanza, non può passare in secondo piano che per quanto riguarda la capacità, gli impedimenti e le ipotesi di invalidità del negozio matrimoniale, il sistema resta quello previsto per il matrimonio civile. Infine, si discute sull'opportunità della unificazione della disciplina del matrimonio degli acattolici per il mezzo di una legge generale sulla libertà religiosa abrogativa della legislazione sui culti ammessi che, ponendo termine alla proliferazione di intese dai contenuti sostanzialmente uguali (intese c.d. fotocopia), riservi alla legislazione pattizia la regolamentazione delle sole specificità proprie di ogni singola confessione religiosa; a tale legge generale spetterebbe il compito di risolvere quelle differenze rispetto al modello del matrimonio concordatario che ancora inducono a parlare di privilegi o differenze di trattamento irragionevoli.
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