Separazione dei beniFonte: Cod. Civ. Articolo 215
07 Aprile 2015
Inquadramento
Il regime patrimoniale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione, è costituito dalla comunione dei beni. L'art. 159 c.c., infatti, indica la comunione dei beni come il regime ordinario che vige tra i coniugi al momento del matrimonio in assenza di dichiarazione degli stessi; tale regime può essere derogato o integrato da convenzioni matrimoniali, stipulate in ogni tempo, costitutive di fondo patrimoniale, di comunioni convenzionali o di separazione dei beni. La separazione dei beni, perciò, non è un regime automatico ed è necessaria, per la sua costituzione, una manifestazione espressa di volontà di entrambi i coniugi, che può avvenire in ogni tempo: prima del matrimonio, durante lo stesso o anche successivamente. Tale regime, però, può instaurarsi anche giudizialmente, a seguito di una sentenza del Tribunale con cui viene sciolta la comunione dei beni, ovvero in seguito alla richiesta di uno dei coniugi, in caso di inabilitazione dell'altro coniuge, di cattiva amministrazione dei beni in comunione, o quando la cattiva gestione degli affari mette in pericolo gli interessi dell'altro coniuge, o della famiglia e i suoi beni. Il regime di separazione dei beni può anche instaurarsi automaticamente in seguito a determinate circostanze ben individuate dalla legge, come la separazione personale dei coniugi ex art. 191 c.c., come innovato dalla l. n. 55/2015, ovvero il fallimento di uno dei due.
La separazione dei beni è un regime integrale che disciplina tutti i rapporti patrimoniali tra i coniugi, non lasciando escluso alcun tipo di acquisto. Nell'ipotesi in cui due coniugi, nella massima espressione di autonomia privata, vogliano un regime di separazione di tipo parziale, che si riferisca cioè solamente ad una parte dei futuri acquisti dei coniugi, (ad esempio ai soli beni immobili), tale regime sarà possibile e lecito ma dovrà essere considerato non come regime di separazione parziale dei beni, ma semplicemente come comunione convenzionale aventi uno specifico oggetto. Il regime di separazione dei beni non si sottrae in alcun modo all'applicazione del dovere di contribuzione, di cui all'art. 143 c.c.: entrambi i coniugi sono tenuti a contribuire al soddisfacimento dei bisogni della famiglia limitatamente alle capacità economiche a disposizione e il regime di separazione dei beni non costituisce valido motivo per non valorizzare il contributo di entrambi apportato anche mediante attività non remunerative, quali il lavoro casalingo.
Oggetto
La disciplina codicistica della separazione è estremamente scarna, perché rinvia agli ordinari criteri civilistici di circolazione ed amministrazione dei beni. Oggetto del regime sono i beni acquistati in costanza di matrimonio da parte del singolo coniuge, sia a titolo originario che derivativo. La titolarità del bene e i conseguenti diritti di godimento e amministrazione del bene spetteranno esclusivamente al coniuge parte acquirente. Di conseguenza il coniuge non acquirente non potrà vantare alcun diritto, nemmeno di godimento, su detti beni. La scelta del regime di separazione permette in ogni caso ai coniugi, che desiderino acquistare un bene in comunione, di effettuare tale acquisto in comunione ordinaria, secondo le regole di cui agli artt. 1100 ss. c.c.; i coniugi potranno acquistare perciò in quote uguali o diseguali, in base all'effettivo apporto economico nell'acquisto e gestiranno il bene sempre secondo i principi di cui al terzo libro del codice civile. L'art. 217 c.c. prevede, al secondo e al terzo comma, la facoltà per ciascun coniuge in regime di separazione di conferire all'altro procura per amministrare i propri beni; tale procura, che può essere speciale o generale a seconda del contenuto, viene normalmente qualificata come revocabile, in quanto un conferimento irrevocabile andrebbe a ledere il principio di parità tra i coniugi. Ad esempio, uno dei coniugi è proprietario di un immobile da prima del matrimonio. Conferisce procura speciale alla gestione di detto immobile, irrevocabile perché anche nell'interesse del mandatario, coniuge ivi residente. La irrevocabilità è limitata al principio rebus sic stantibus, perché certamente non potrà essere più presente l'interesse buono del mandatario, una volta intervenuta una separazione personale fra i coniugi. La procura fra coniugi per la gestione di beni di godimento familiare è connotata da una forzata gratuità, in adempimento agli obblighi di solidarietà familiare. Nel caso in cui il mandato sia conferito con obbligo di rendiconto, il coniuge cattivo amministratore non potrà però invocare il dovere di contribuzione come attenuante, ma risponderà solo per dolo o colpa grave nel limite dei frutti percepiti e percepibili con l'ordinaria diligenza. Senza l'obbligo di rendiconto, invece, il coniuge mandatario dovrà restituire i soli frutti esistenti, sul presupposto che la percezione e il godimento siano avvenuti nella normale gestione familiare. La regola generale prevista dal nostro ordinamento è che le convenzioni matrimoniali richiedano la capacità di agire degli stipulanti. Esistono, però, alcune deroghe alla disciplina generale: l'art. 165 c.c. riconosce al minore autorizzato a contrarre matrimonio la facoltà di stipulare convenzioni matrimoniali con l'assistenza dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale, del tutore o del curatore speciale designato ai sensi dell'art. 90 c.c.. Qualora l'esercente la responsabilità genitoriale opponga un rifiuto, il minore può ricorrere al giudice tutelare ai sensi dell'art. 395 c.c.; nel caso in cui il giudice ritenga il rifiuto ingiustificato, può nominare un curatore speciale che provvederà in sostituzione. L'inabilitato, ovvero colui contro il quale è stato promosso giudizio di inabilitazione, può, ai sensi dell'art. 166 c.c., stipulare convenzioni matrimoniali con l'assistenza del curatore già nominato, o, qualora questi non sia stato ancora designato, del curatore speciale da nominarsi appositamente. L'interdetto legale non può stipulare convenzioni; però, poiché egli pur non potendo compiere atti di natura patrimoniale, conserva la capacità di agire relativamente agli atti di natura personale e familiare, si discute se queste vadano stipulate tramite il suo rappresentante legale oppure la rappresentanza sia da escludere perché si tratta di un atto di natura personale. In considerazione del fatto che non ci sono espresse deroghe all'incapacità dell'interdetto legale, è opportuno che sia il tutore debitamente autorizzato a sottoscrivere una convenzione matrimoniale in nome e per conto di questi. L'interdetto per infermità mentale non ha la capacità di contrarre matrimonio e, quindi, gli è preclusa ogni possibilità di stipulare convenzioni matrimoniali, ex art. 85 c.c.. La forma della convenzione con cui i coniugi scelgono il regime di separazione, precedentemente o successivamente alla celebrazione del matrimonio, è quella dell' atto pubblico, a pena di nullità, alla necessaria presenza di due testimoni. La rigidità formali con cui avviene l'atto pubblico fanno sì che i coniugi riflettano ponderatamente sulla scelta del regime patrimoniale, che oggi ben può essere mutato più di una volta. È da segnalare che le convenzioni matrimoniali poste in essere prima dell'entrata in vigore della l. n. 142/1981 possono essere modificate solo con l'autorizzazione del giudice. La forma dell'atto pubblico non è richiesta qualora la scelta del regime di separazione sia effettuata contestualmente alla celebrazione del matrimonio perché investita della forma solenne del matrimonio. La pubblicità avviene in modi distinti a seconda del momento in cui il regime è scelto: se la dichiarazione è contestuale al matrimonio, la pubblicità è ad opera dell'ufficiale celebrante, se invece la convenzione è stipulata avanti al notaio in un momento precedente o posteriore al matrimonio, la pubblicità è compito del notaio. Gli obblighi di pubblicità del regime patrimoniale di separazione dei beni sono duplici: un primo obbligo derivante dalla sola scelta del regime, ovvero la trascrizione a margine dell'atto di matrimonio, e un secondo obbligo, invece, di pubblicità - circolazione, ovvero la trascrizione presso la competente conservatoria dei registri immobiliari ogniqualvolta nella comunione sciolta sia stato presente un bene immobile. L'opponibilità ai terzi è data dalla trascrizione a margine dell'atto di matrimonio ai sensi dell'art. 162 comma 4 c.c.. Per ottenere tale trascrizione, il notaio che ha ricevuto la convenzione deve produrre all'ufficiale di Stato Civile del Comune competente una copia conforme dell'atto e una nota di trascrizione contenente l'indicazione della data del contratto, il notaio rogante e le generalità dei contraenti, di modo che tali informazioni vengano riportate a margine dell'atto di matrimonio e possano essere estrapolate dall'estratto per sunto dell'atto stesso. La trascrizione nei registri immobiliari serve per rendere noto che il bene non è più in comunione legale, ma in comunione ordinaria e perciò ciascun coniuge potrà liberamente disporre della sua quota di comproprietà, secondo le regole del libro terzo. Nel caso in cui venga effettuato un acquisto in regime di separazione dei beni, la trascrizione nei registri immobiliari dovrà essere fatta dando conto di detto regime. Però tale acquisto sarà opponibile al creditore procedente nei confronti dell'altro coniuge solo se entrambi gli obblighi di pubblicità evidenziati siano stati rispettati, ovvero se sia stato trascritto l'acquisto in separazione e se la scelta del regime patrimoniale di separazione risulti regolarmente annotata a margine dell'atto di matrimonio (Cass. civ., sez. I, 22 gennaio 1986, n. 397).
Inoltre, nelle ipotesi di scelta del regime di separazione dopo il matrimonio, si pongono questioni in ordine alla titolarità di beni mobili. Il problema si manifesta pressante se sol si pensa che i coniugi possono stabilire di sciogliere la comunione legale e optare per il regime di separazione dei beni anche dopo decenni di matrimonio. L'art. 219 c.c. riconosce al coniuge la facoltà di provare, con ogni mezzo nei confronti dell'altro, la proprietà esclusiva di un bene; nel caso in cui nessuno dei coniugi possa dimostrare la proprietà esclusiva di un bene, esso è di proprietà indivisa per pari quota di entrambi i coniugi (tale regola vale anche per le somme di denaro; Cass., sez. II, 15 febbraio 2010, n. 3479). Il secondo comma contiene una presunzione volta a derogare alla regola generale sull'onere della prova in tema di rivendicazione, deroga non necessaria invece per la circolazione degli immobili (Cass., sez. I, 15 novembre 1997, n. 11327). In assenza di contenzioso fra le parti sarà sempre possibile un atto di scioglimento della comunione con divisione e assegnazione di alcuni o tutti i beni in proprietà esclusiva. Diverse sono le situazioni nelle quali la costituzione del regime di separazione dei beni avviene automaticamente in forza di legge. La separazione giudiziale dei beni instaura automaticamente il regime di separazione dei beni: il comma 4 dell'art. 193 c.c. prevede espressamente che la sentenza che pronunzia la separazione ha l'effetto di instaurare il regime di separazione dei beni; poiché detta sentenza retroagisce al giorno in cui è stata proposta la domanda è possibile ipotizzare che anche gli effetti dello scioglimento della comunione retroagiscano al giorno in cui è stata proposta la domanda, in deroga al principio in forza del quale gli effetti di tale sentenza non possono prodursi se non dal passaggio in giudicato della stessa (Cass., sez. I, 27 febbraio 2001, n. 2844). Il regime di separazione dei beni si instaura automaticamente ogni qualvolta il Tribunale emetta una sentenza di interdizione o di inabilitazione dell'altro coniuge, di cattiva amministrazione dei beni in comunione, oppure quando la cattiva gestione degli affari metta in pericolo gli interessi dell'altro coniuge, o dei beni in comune o della famiglia. Infine, quando l'altro coniuge non contribuisca ai bisogni della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze e capacità di lavoro. Il fallimento di un coniuge o di entrambi produce la cessazione degli effetti della comunione legale e l'instaurarsi ex lege del regime di separazione, dalla data in cui viene dichiarato il fallimento. Nel caso di revoca della dichiarazione di fallimento il regime di comunione legale viene ripristinato. La dichiarazione di assenza, invece, non instaura il regime di separazione dei beni, pur facendo venir meno la comunione legale, poiché fa cessare gli effetti del matrimonio. La separazione personale dei coniugi pronunciata giudizialmente è causa di scioglimento della comunione legale: il secondo comma dell'art. 191 c.c., come novellato dalla l. n. 55/2015, prevede espressamente che la comunione si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero dalla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato. Il novellato art. 191 c.c. si preoccupa inoltre di disciplinare come vada effettuata la pubblicità di tale mutamento di regime: l'ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all'ufficiale dello stato civile ai fini dell'annotazione dello scioglimento della comunione. Purtroppo la norma non dice chi deve effettuare tale comunicazione e nel silenzio normativo si deve ritenere certamente obbligata la Cancelleria, ma potrà effettuare tale comunicazione chiunque sia interessato, ricordando che senza detta annotazione a margine dell'atto di matrimonio lo scioglimento della comunione legale non è opponibile ai terzi. La separazione di fatto non rileva ai fini dello scioglimento della comunione legale. In caso di riconciliazione a seguito di separazione personale dei coniugi, si discute se la ricostituzione della comunione legale avvenga automaticamente o se sia necessaria una dichiarazione di volontà dei coniugi. Secondo una tesi, al fine di ricostituire la comunione legale, sarebbe necessaria una convenzione matrimoniale ad hoc, secondo invece un'altra tesi si ripristinerebbe automaticamente la comunione legale. Nell'ambito di tale secondo orientamento si discute se la ricostituzione avvenga con effetti ex tunc, con effetti ex nunc (Cass., 12 novembre 1998, n. 11418) oppure con effetti ex nunc tra i coniugi e con effetto dalla pubblicità ex art. 69 lett. f) d.P.R. n. 396/2000 verso i terzi (Cass., 5 dicembre 2003, n. 18619). Estinzione del regime di separazione
Il regime patrimoniale della separazione dei beni si estingue, principalmente, in forza di un atto volontario dei coniugi, con il quale essi decidano di passare al regime della comunione legale dei beni o ad un altro regime composito. La separazione dei beni può venir meno anche a seguito dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio o quando viene dichiarata la morte presunta di un coniuge. Infine, causa di scioglimento del regime è l'avveramento della condizione risolutiva o scadenza del termine apposti alla convenzione stessa. Casistica
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