Affidamento a terzi

20 Maggio 2024

In tema di affidamento dei minori criterio che guida il giudice nelle scelte è quello dell'interesse della prole. Di solito, si adotta l'affidamento condiviso per mantenere un legame equilibrato con entrambi i genitori. Tuttavia, in situazioni eccezionali, come quelle dannose per il minore, si possono applicare misure diverse come l'affidamento esclusivo o l'affidamento a terzi. L'obiettivo rimane la salvaguardia dell'interesse dei minori durante la separazione dei genitori.

Inquadramento

*Aggiornamento a cura di F. Ferrandi

Quando si discute dell'affidamento dei minori il criterio fondamentale che il giudice è tenuto a seguire è quello dell'interesse morale e materiale della prole, dovendo, quindi, privilegiare la soluzione che appaia, nel caso concreto, più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione familiare. Di regola, in tali circostanze, il best interest del minore viene dunque soddisfatto disponendo l'affidamento condiviso, misura capace di garantire la compresenza di entrambe le figure genitoriali, nonché una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi i genitori. A volte, però, vi sono situazioni peculiari in cui l'affidamento condiviso non può trovare applicazione, in quanto nocivo o contrario all'interesse del minore, tanto che, in sua vece, devono trovare applicazione rimedi residuali quali l'affidamento esclusivo o l'affidamento a terzi.

In questi casi, pertanto, il giudizio prognostico che l'autorità giudiziaria deve operare, nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, con riguardo alle capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione familiare, deve essere formulato tenendo conto, sulla base di elementi concreti, da un lato, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto e, dall'altro, della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore (cfr. Trib. Sulmona, sez. I, 30 marzo 2023; Cass. civ., sez. I, ord., 06 luglio 2022, n. 21425). Il tutto, ovviamente, nel rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, capace di garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, sui quali rimane il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione (Cass. civ., sez. VI - 1, ord., 04 novembre 2019, n. 28244).

Tuttavia, nelle ipotesi in cui il giudice riscontri l'incapacità dei genitori di esercitare correttamente la responsabilità genitoriale, è frequente la scelta di optare l'affidamento del figlio ai Servizi Sociali al fine di cercare di superare le difficoltà e mancanze mostrate dai genitori, dando a tali organi l'incarico di proseguire i percorsi di sostegno alla genitorialità e di intraprendere altresì gli interventi ritenuti opportuni nell'interesse del minore e finalizzati a ristabilire sane dinamiche familiari.

Ovviamente, però, laddove l'incapacità genitoriale dovesse riguardare entrambe le parti, vi sarà una limitazione della responsabilità genitoriale ai sensi dell'art. 333 c.c., con affidamento a terzi della prole che, sebbene provvedimento rebus sic stantibus e provvisorio è comunque in grado di consentire nelle more il recupero delle capacità genitoriale di una o entrambe le parti. Tale misura, infatti, ha lo scopo, salvo che in esito al monitoraggio del servizio affidatario emergano condotte di più rilevante gravità dei genitori, di legittimare una richiesta di più intensa compressione della responsabilità genitoriale, o financo di decadenza ex art. 330 c.c., di fornire alle parti gli strumenti per il recupero delle corrette funzioni genitoriali in un contesto in cui vi sia un annichilimento dei ruoli educativi e normativi, finanche affettivi che i genitori devono rivestire e saper correttamente svolgere.

Essendo, però, l'affidamento a terzi un provvedimento non tipizzato, potendo l'ambito di intervento assumere diversi contenuti, destinati a prendere forma a seconda delle concrete necessità da perseguire, è quanto mai opportuno, al fine di superare ogni eventuale difficoltà applicativa, che nei provvedimenti di affidamento non venga genericamente riportata la dicitura “affidamento al servizio”, ma che, al contrario, vengano dettagliati i compiti e siano indicati gli ambiti nei quali dovranno essere assunte le decisioni. In tale ottica, dunque, il contenuto del provvedimento dovrà essere plasmato a seconda che tale ostacolo consista nell'elevata conflittualità tra i genitori, o piuttosto in inadeguatezze di uno od entrambi gli stessi, da qualsiasi causa generati, ovvero di altra natura (v. Trib. Ancona, sez. I, 3 novembre 2022). Ne consegue, quindi, che l'affidamento ai Servizi Sociali deve essere inteso, ordinariamente, come provvedimento propedeutico a ristabilire un corretto funzionamento dei rapporti parentali e corrette dinamiche relazionali tra i componenti del nucleo familiare, così da tutelare il minore dal pregiudizio subito, suo malgrado, dalla crisi che ha coinvolto i suoi genitori (cfr. Trib. Grosseto, 14 gennaio 2023).

Peraltro, tali principi sono stati specificamente rimarcati dalla l. 4 maggio 1983, n. 184, art. 5-bis – norma inserita dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, art. 28, comma 1, lett. d), con effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 – grazie alla quale è stato specificato che l'affidamento ai Servizi Sociali costituisce una species del più ampio genus dell'affidamento a terzi, il quale presenta alcune peculiarità in ragione della natura e delle funzioni da essi assolti ed anche delle ragioni che determinano il giudice della famiglia a scegliere un soggetto pubblico, avente compiti istituzionali suoi propri, prefissati per legge, e non una persona fisica individuata in ambito familiare.

I diritti fondamentali del minore

Diritto fondamentale del minore è, in primo luogo, quello di crescere nella propria famiglia e di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente e materialmente dai suoi genitori, salvo che quest'ultimi si rivelino inadeguati, malgrado gli interventi di sostegno ed aiuto che devono essere disposti in favore del nucleo familiare (art. 315-bis c.c.; l. n. 184/1983, art. 1).

L'art. 30 Cost., se da un lato prevede il dovere e il diritto dei genitori di mantenere, istruire e educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio, dall'altro prevede altresì che, nei casi di incapacità dei genitori, “la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”. Gli artt. 330 e 333 c.c. stabiliscono, di conseguenza, in presenza di una condotta pregiudizievole tenuta dai genitori in danno del figlio minore, che il giudice possa pronunciare un provvedimento ablativo (decadenza dalla responsabilità genitoriale) ma anche, a seconda del caso concreto, adottare “provvedimenti convenienti” e optare per l'allontanamento del minore dalla residenza familiare.

Le disposizioni, infatti, dell'art. 333 ss. c.c., in linea con quelle dettate in tema di affidamento del minore consentono al giudice, chiamato a decidere sull'affidamento, di adottare i c.d. provvedimenti atipici a tutela dei minori (“ogni altro provvedimento relativo alla prole”, come recita l'art. 337-ter c.c. e in precedenza, l'art. 155 c.c.), nella consapevolezza che il perseguimento degli interessi morali e materiali dei figli minori, in mancanza di un adeguato accordo dei genitori deve muovere da una attenta valutazione del caso concreto e dalle specifiche esigenze di quei minori di cui si discute.

I principi appena ricordati devono, poi, essere integrati con quelli affermati dalla Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo e dalla giurisprudenza della Corte EDU, unico organo legittimato a intrepretare la Convenzione, i quali costituiscono parametro di costituzionalità delle norme nazionali, in forza del disposto dell'art. 117 Cost., comma 1, e segnatamente, con quanto stabilito dall'art. 8 della Convenzione sul rispetto della vita privata e familiare. Quest'ultima norma, in particolare, tutela la vita familiare e stabilisce che l'eventuale ingerenza dei pubblici poteri nella vita privata e familiare sia da considerare legittima solo qualora effettivamente necessaria, fondata su una base legale chiara, prevedibile e finalizzata ad un fine legittimo, nel rispetto del principio di proporzionalità tra la misura e lo scopo perseguito. In tale ottica, l'art. 8 della Convenzione obbliga lo Stato ad adottare misure positive volte a garantire i diritti degli interessati, bilanciando gli interessi individuali con quelli della società, il tutto nel miglior interesse del minore, il quale deve sempre prevalere su quello dei genitori, specie nei casi in cui l'ambiente familiare si rilevi particolarmente inadeguato a garantire una sua armoniosa crescita (cfr. CEDU, 12 febbraio 2019, Minervino e Trausi c. Italia).

Peraltro, la Corte Edu in diverse pronunce ha ricordato che sottrarre i minori alle cure dei genitori è un'ingerenza nella vita familiare che esige una giustificazione legata alla necessità di attuare il miglior interesse del minore; simile ingerenza, dunque, deve essere considerata come una misura temporanea, da sospendere appena sia possibile il ricongiungimento familiare (Corte EDU, Grande Camera, 10 settembre 2019, Strand Lobben e altri c. Norvegia).

Genitori inadeguati e interventi in favore del minore

In presenza di una disgregazione familiare il giudice, al fine di perseguire l'interesse del minore, può optare per interventi di sostegno e supporto alla famiglia, ampliativi di quelle che sono le risorse destinate al benessere del minore oppure per quelli in tutto o in parte ablativi.

Nel primo caso, l'autorità giudiziaria opterà per affiancare ai genitori un soggetto terzo, in modo da assisterli e vigilarli nello svolgimento delle loro funzioni (cfr. Cass. civ., sez. I, ord., 22 giugno 2023, n. 17903), senza però nulla togliere a quell'insieme di poteri e doveri espressione della responsabilità genitoriale, procedendo, quindi, per accrescimento o addizione delle risorse dirette ad assicurare il best interest of the child.

Nel secondo caso, invece, il giudice, rilevata l'incapacità totale o parziale del genitore ad assolvere i suoi compiti, dichiara la decadenza dalla responsabilità genitoriale e al contempo, procedendo per sottrazione e non per addizione, sottrae alla sfera delle funzioni genitoriali (poteri e doveri) alcune competenze demandandole a terzi.

Peraltro, mentre il provvedimento di decadenza è tipizzato, dal momento che il genitore perde la responsabilità genitoriale ed è sostituito dal nominato tutore, pur se resta tenuto al dovere di mantenimento, perdurando lo status filiationis (v. Cass. civ., sez. I, ord., 20 giugno 2023, n. 17578), i provvedimenti resi ex art. 333 c.c. sono atipici, riferendosi genericamente la norma alla adozione di “provvedimenti convenienti”. Di conseguenza, il giudice può adottare provvedimenti parzialmente ablativi (per sottrazione), provvedimenti ampliativi (per addizione), ovvero ancora provvedimenti misti, laddove oltre a sottrarne alcuni ai genitori ed affidarli a terzi, attribuisca ai Servizi Sociali ulteriori compiti di supporto e vigilanza.

Affidamento al Servizio Sociale

Nell'ambito dell'affidamento a terzi a seguito della disgregazione familiare si colloca l'istituto dell'affidamento al Servizio Sociale.

Prima ancora della Riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022) il riferimento normativo sul quale poggiava tale intervento era da rintracciarsi nel r.d.l. n. 1404/1934, artt. 25 e 26, conv. nella l. n. 835/1935, e succ. modif. indicanti le misure applicabili ai minori irregolari per condotta o per carattere, fra le quali rientra l'affidamento al Servizio Sociale minorile, il quale può essere disposto ex art. 26 “quando il minore si trovi nella condizione prevista dall'art. 333 c.c.” (v. Cass. 17578/2023 cit.).

Anche dopo la Riforma Cartabia il contenuto della misura è ancora una volta rimesso alla discrezionalità del giudice, anche se con riguardo alle finalità della stessa, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che la decisione dell'autorità giudiziaria di disporre l'affidamento ai Servizi Sociali rientra nei provvedimenti convenienti per l'interesse del minore, di cui all'art. 333 c.c., in quanto diretta a superare la condotta pregiudizievole di uno o di entrambi i genitori, ma non dà luogo alla pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c. (cfr. Cass. civ., sez. I, ord., 10 dicembre 2018, n. 31902).

L'affidamento ai servizi sociali può essere disposto tanto in corso di causa quanto a conclusione del procedimento.

Nel primo caso, il giudice dovrà necessariamente valutare se le ragioni che hanno condotto all'adozione del provvedimento siano legate all'apertura di un procedimento ex art. 333 c.c. ovvero al profilarsi di un conflitto di interessi tra il minore ed i suoi genitori, dovendo nominare in tal caso un curatore speciale a pena di nullità (v. Cass. civ., sez. I, ord., 16 dicembre 2021, n. 40490; Cass. civ., sez. I, ord., 05 maggio 2021, n. 11786 e Cass. civ., sez. I, ord., 09 marzo 2022, n. 7734); laddove, invece, le ragioni per cui si conferisce il mandato risiedano nella necessità di ampliare le misure a sostegno del minore, senza però che si profili una condotta pregiudizievole idonea a determinare la misura limitativa, ovvero un conflitto di interessi tra minore e genitori, la nomina del curatore non sarà necessaria (cfr. Cass. n. 7734/2022 cit.).

Nel secondo caso, invece, nel regime previgente all'entrata in vigore della riforma operata dal d.lgs. n. 149/2022, sebbene sia preferibile apporre un termine finale all'affidamento, così da risaltarne la natura provvisoria e temporanea, anche laddove manchi esso è privo del carattere della definitività, essendo sempre revocabile, al pari di quello limitativo della responsabilità genitoriale (cfr. Cass. 31902/2018 cit.). Inoltre, il provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale emesso a conclusione del procedimento non richiede, nel regime ante riforma Cartabia, la nomina (o la conferma della nomina adottata in corso di causa) del curatore speciale, che nella originaria impostazione offerta dagli artt. 78 e 79 c.p.c. ricopre compiti e funzioni legati nel processo, ove rappresenta, in maniera indipendente ed imparziale, gli interessi del minore.

A fronte, quindi, di quanto appena ricordato, laddove sia disposto l'affidamento del minore ai Servizi Sociali occorre distinguere, anche nel regime previgente all'entrata in vigore della l. n. 184/1983, art. 5-bis, l'affidamento con compiti di vigilanza, supporto ed assistenza senza limitazione di responsabilità genitoriale (c.d. mandato di vigilanza e di supporto), da quello conseguente ad un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale.

Nella prima ipotesi, infatti, viene conferito da parte del giudice un mandato con l'individuazione di compiti specifici al fine di assicurare la funzione di supporto ed assistenza ai genitori ed ai figli e vigilare sulla corretta attuazione dell'interesse del minore. Tale tipologia di affidamento, non incidendo per sottrazione sulla responsabilità genitoriale, non richiede, prima della sua adozione, la nomina di un curatore speciale, a meno che il giudice non ravvisi comunque, in concreto, un conflitto di interessi, e non esclude che i Servizi possano attuare anche altri interventi di sostegno nell'ambito dei loro compiti istituzionali.

Nella seconda, invece, l'affidamento consegue ad un provvedimento limitativo, anche provvisorio, della responsabilità genitoriale tanto che, costituendo un'intromissione nella vita privata e familiare, deve essere giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente all'attuazione degli interessi morali e materiali del minore, specie laddove i programmi di supporto e sostegno già svolti in favore della genitorialità non abbiano sortito alcun effetto. L'adozione del provvedimento in questione presuppone la sua discussione nel contraddittorio, da estendersi anche al minore, i cui interessi devono essere imparzialmente rappresentati da un curatore speciale. Quanto ai contenuti assunti dal provvedimento, essi devono rispettare il principio di proporzionalità e di conseguenza il giudice, chiamato a vigilare sull'operato dei Servizi, dovrà specificare i loro compiti, in relazione a quelli che sono i doveri e i poteri sottratti dall'ambito della responsabilità genitoriale e distinti da quelli eventualmente demandati al soggetto collocatario laddove persona diversa dai genitori. I Servizi non possono svolgere funzioni e compiti propri della responsabilità genitoriale se non specificamente individuati nel provvedimento limitativo, dovendo in questo caso essere necessariamente nominato, prima della sua adozione, un curatore speciale del minore, i cui compiti devono essere altrettanto declinati.

Affidamento familiare

L'affidamento familiare, di cui all'art. 4 l. n. 184/1983, è una misura volta a tutelare il minore in caso di difficoltà o di disagio temporaneo dei genitori, determinate da una malattia degli stessi, isolamento sociale, trascuratezza, fenomeni di violenza fisica e psichica, relazioni disfunzionali: tutti casi, quindi, che, temporaneamente, possono ostacolare la funzione educativa e la convivenza tra genitore e figlio. Tale tipologia di affidamento è destinata a superare siffatte situazioni di difficoltà e di disagio familiare connesse all'esercizio della responsabilità genitoriale, con conseguente ripristino del collocamento presso la famiglia d'origine.

Esso si pone in funzione strumentale alla tutela, riconosciuta con carattere prioritario dall'Ordinamento, del diritto del minore a crescere nella propria famiglia di origine e, quindi, può declinarsi nelle forme dell'affidamento interfamiliare, ai membri della c.d. “famiglia allargata” (es. a una zia o un nonno).

Il provvedimento, però, che dispone tale tipo di affidamento deve indicare: i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri dell'affidatario; le modalità attraverso cui i genitori e gli altri familiari mantengono il rapporto con il minore; il servizio sociale responsabile del programma di assistenza e di vigilanza sull'affidamento, con l'obbligo di tenere costantemente informato il giudice procedente su ogni evento significativo e soprattutto il periodo di presumibile estensione temporale della misura, rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d'origine. Tale misura, poi, cessa con provvedimento della stessa autorità che l'ha disposta, valutato l'interesse del minore, al venire meno della situazione di difficoltà della famiglia d'origine ovvero allorché la prosecuzione si presenti pregiudizievole per il minore, non essendone possibile il reinserimento nel suo nido naturale.

Quanto appena ricordato, permette di evidenziare le differenze che intercorrono tra l'affidamento ai Servizi e quello di tipo familiare.

In particolare, nel caso dell'affidamento al Servizio Sociale non sempre il minore viene spostato dalla residenza del genitore con il quale conviveva prima del provvedimento di affidamento; inoltre, il Servizio Sociale, a differenza del parente individuato quale affidatario, oltre ai poteri conferitigli dal giudice dispone di quelli derivanti dalla legge, quali la legge Quadro 8 novembre 2000, n. 328, e in particolare dall'art. 16 (“valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari”). Inoltre, i Servizi, nell'ambito del processo riguardante i minori, possono assumere di volta in volta funzioni e ruoli diversi, anche contestuali. Ad essi, infatti, può essere: affidata un'indagine conoscitiva sulle condizioni di vita del minore, da confluire in una relazione che ha ingresso nel giudizio come mezzo di prova e che le parti hanno diritto di esaminare e contestare (Cass. civ., sez. I, sent., 24 novembre 2015, n. 23976), oppure affidato il ruolo di ausiliari del giudice ai sensi dell'art. 68 c.p.c. per specifiche attività (ad esempio per l'assistenza nell'attuazione dei provvedimenti di affidamento) o essere investiti di un provvedimento di affidamento cui si affianca anche un mandato di vigilanza e supporto.

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