Alterazione di stato

21 Agosto 2024

L'alterazione di stato è fattispecie delittuosa prevista dall'art. 567 c.p., posta a tutela dello status del neonato o, più precisamente, volta a contrastare l'attribuzione di uno status diverso da quello spettante per nascita alla persona.

Inquadramento

L'alterazione di stato è fattispecie delittuosa prevista dall'art. 567 c.p., posta a tutela dello status del neonato o, più precisamente, volta a contrastare l'attribuzione di uno status diverso da quello spettante per nascita alla persona.

La norma, originariamente pensata quale delitto “contro la famiglia”, in un ordinamento dove la famiglia aveva un primario interesse di tipo pubblicistico, tutela il neonato dall'attribuzione di relazioni parentali fittizie.

L'articolo in parola prevede, nei due commi che lo compongono, due distinte ipotesi di alterazione dello stato. Al primo comma è prevista l'alterazione dello status mediante sostituzione materiale di due neonati, senza dunque commissione di alcun falso; al comma secondo, invece, è previsto il caso di modifica dello stato del neonato conseguente a diverse ipotesi di false attestazioni all'ufficiale di stato civile al momento della formazione dell'atto di nascita.

Le due fattispecie, pur nella loro autonomia, sono tuttavia accomunate dalla tutela del medesimo bene giuridico (C. cost., 23 marzo 2007, n. 106). Bene giuridico che non si esaurisce nella tutela della fede pubblica, ovverosia nella corretta registrazione dei soggetti nei registri dello stato civile, dal momento che lo status filiationis primariamente «investe l'interesse del minore e la rilevanza sociale del rapporto familiare» (Cass. 13 giugno 2005, n. 32809).

In evidenza

Lo status tutelato dall' art. 567 c.p. non deve essere interpretato in maniera restrittiva. La disposizione tutela il rapporto figlio-genitore derivante dal naturale rapporto di procreazione e non già lo status di figlio “legittimo”, “naturale riconosciuto”, riconoscibile o non riconoscibile. In questo senso la giurisprudenza penale ha largamente anticipato l'unificazione dello status di figlio avvenuta con la riforma della filiazione (l. 10 dicembre 2012 n. 219 e d.lgs. 28 dicembre 2013 n. 154)

Fondamento della fattispecie è dunque la tutela di un diritto della persona e, più precisamente, il diritto all'identità dell'individuo, neonato, in considerazione anche delle relazioni familiari discendenti dal rapporto di procreazione.

Elemento oggettivo: lo scambio di neonati

Il comma 1, art. 567 c.p. punisce “chiunque” (dunque reato comune) altera lo stato civile di un neonato attraverso la sua sostituzione.

La sostituzione dei neonati può avvenire sia prima che dopo l'iscrizione della nascita nei registri dello stato civile. Qualora, tuttavia, solo uno dei neonati sia iscritto, la fattispecie di cui all'art. 567 comma 1 c.p. potrebbe concorrere con il diverso delitto di soppressione di stato, art. 566 c.p., ove il neonato non venga mai registrato.

Giova richiamare l'art. 239 c.c. il quale, in caso di sostituzione di neonato, consente il reclamo dello “stato diverso” di figlio. A seguito della novella del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, che ha modificato gli artt. 239, 241 c.c., la prova della filiazione può essere peraltro data con qualsiasi mezzo.

Segue: falsità nella formazione dell'atto di nascita

Al capoverso successivo è disciplinata la diversa ipotesi di alterazione dello stato del neonato compiuta mediante comunicazione di «false certificazioni, false attestazioni o altre falsità», al momento della formazione dell'atto di nascita.

Trattasi di reato comune in quanto la condotta può essere posta in essere da una pluralità di soggetti, compresi ovviamente i legittimati alla dichiarazione della nascita.

Affinché possa integrarsi il reato è necessario:

- una falsa certificazione, falsa attestazione o una diversa falsità nella formazione dell'atto di nascita: quelle rilasciate dal personale medico o ostetrico con riferimento allo stato di gravidanza, o quelle rese all'ufficiale dello stato civile dai genitori del neonato o da altra persona autorizzata dalla legge (Trib. Milano, 15 ottobre 2013; Trib. Milano, 8 aprile 2014); integra pertanto il reato di alterazione di stato il falso riconoscimento di figlio (Cass. 12 febbraio 2003 n. 17627), fattispecie, questa, frequente in ragione della sua finalità elusiva delle disposizioni in tema di adozione.

- che la falsità possa determinare l'alterazione dello stato: deve essere perciò «idonea a creare una falsa attestazione, con attribuzione al figlio di una diversa discendenza, in conseguenza dell'indicazione di un genitore diverso da quello “naturale”» (Cass. 17 settembre 2014 n. 47136);

- che la falsa dichiarazione, attestazione o certificazione sia contestuale alla redazione dell'atto di nascita, restando però irrilevante che la sottoscrizione dell'atto da parte del pubblico ufficiale non sia contemporanea, ma successiva, alla dichiarazione (Cass., 4 gennaio 1996, n. 29); è necessario, in altri termini, che le false dichiarazioni siano destinate a riflettersi sulla genesi dell'atto di nascita, a nulla rilevando il rilascio di false dichiarazioni che si pongano in un momento successivo in quanto inidonee a pervenire alla modifica della suddetta attestazione (App. Milano 9 gennaio 2024); il neonato, dunque, non deve essere già iscritto nei registri dello stato civile, perché altrimenti si verserebbe in ipotesi di falso (Cass., 18 settembre 2008, n. 35806; Cass., 14 aprile 2003, n. 17267); in particolare le dichiarazioni mendaci successive alla formazione dell'atto di nascita possono integrare eventualmente il meno grave delitto di falsa attestazione o dichiarazione su qualità personali exart. 495, comma 2 n. 1 c.p. (Cass. pen. 25 febbraio 2021, n. 13751Trib. Milano, 13 gennaio 2014).

- non rientra nella fattispecie in esame, la contrarietà dell’atto di nascita all’ordine pubblico (Cass. penale 13 ottobre 2020, n. 31409).

In evidenza

Non integra il delitto di alterazione di stato la falsità avente a oggetto il rapporto esistente tra i genitori oppure lo stato civile di uno o di entrambi di questi. «La fattispecie delittuosa di cui all'art. 567 c.p. punisce l'attribuzione al neonato di un genitore diverso da quello naturale. Ne consegue che non risponde del suddetto delitto la madre che, nel dichiarare all'ufficiale di stato civile che il figlio è stato concepito da un'unione naturale, occulti il suo stato di persona coniugata» (Cass., 8 febbraio 2005, n. 4453; anche Trib. Milano, 4 maggio 2006).

Elemento soggettivo

Il reato è punito a titolo di dolo generico; è richiesta la coscienza e volontà di attribuire al neonato uno stato civile diverso da quello che gli spetterebbe, attraverso la sostituzione del neonato stesso o attraverso una falsa dichiarazione (Cass., 11 dicembre 2014, n. 51662; Cass. 12 febbraio 2003, n. 17627; Cass. 12 marzo 1993, n. 5225; Cass. 16 giugno 1992, n. 8243; Cass. 3 luglio 1989, n. 15039; Cass. 2 dicembre 1970, n. 1504).

In applicazione di tale principio la giurisprudenza di legittimità ha escluso la sussistenza del reato in commento in mancanza di prove circa la consapevolezza, o anche solo il sospetto, che il nascituro non sia stato concepito da coloro che hanno proceduto alla relativa attestazione (Cass. pen. 16 marzo 2021, n. 24250).

In tema di errore, i giudici di legittimità (Cass. 20 maggio 1993, n. 5225; Cass. 16 giugno 1992 n. 8243) hanno affermato che le norme civili sullo "status personae" e sullo "status familiae" costituiscono presupposto e completamento del precetto contenuto nell'art. 567 c.p. e pertanto l'ignoranza, o l'errore sulle medesime, purché non inevitabile, non può essere invocata come scriminante.

L'aver agito spinti dal desiderio di assicurare al neonato un genitore sociale in luogo di quello naturale, non esclude il dolo dell'agente, ma è valutabile ai fini del riconoscimento dell'attenuante dei motivi di particolare valore morale o sociale di cui all'art. 62, comma 1, n. 1 c.p. (Cass. pen. 31 maggio 2018, n. 27746; Cass., 11 dicembre 2014, n. 51662).

Reato tentato

Il reato di alterazione di stato si perfeziona, quanto al comma 1 art. 567 c.p., nel momento in cui si realizza lo scambio del neonato ovvero, per la fattispecie di alterazione mediante falso, nel momento in cui si procede alla redazione dell'atto di nascita.

È dunque ipotizzabile il tentativo di alterazione dello stato ogni qual volta vengano posti in essere atti idonei e non equivoci volti alla sostituzione del neonato o alla alterazione dello stato mediante falsità (Cass. 2 aprile 1958).

Per quanto riguarda la fattispecie più ricorrente di alterazione di stato, tuttavia, resta oggi remota l'ipotesi nella quale il fatto non vada oltre la soglia del mero tentativo, essendo sufficiente per l'iscrizione di cui all'art. 29 d.P.R. n. 396/2000 la semplice dichiarazione sostitutiva di certificazione.

La sanzione

L'alterazione di stato operata mediante sostituzione di neonato è punita con la reclusione da tre a dieci anni.

Il reato compiuto per mezzo di una falsa dichiarazione era originariamente  sanzionato con la reclusione da cinque a dieci anni. Tale previsione è stata successivamente dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza del 10 novembre 2016, n. 236. Attualmente, quindi, le due fattispecie delittuose sono sottoposte alla medesima sanzione.

Sul punto va detto che la diversità di trattamento sanzionatorio tra le due tipologie delittuose era già stata posta all’attenzione dei giudici delle leggi i quali con pronuncia n. 106/2007 ne avevano escluso l’illegittimità, giacché «le fattispecie descritte dal primo comma (scambio di neonati senza commettere alcun falso) e dal secondo comma (falsa attestazione all'ufficiale dello stato civile in ordine alla identità dei genitori del neonato) dell'art. 567 del codice penale sono oggettivamente diverse perché, seppure in entrambe è tutelato il medesimo bene giuridico (l'interesse del minore alla verità dell'attestazione ufficiale della propria ascendenza), nel caso del primo comma la condotta consiste in uno scambio materiale di neonati, mentre la fattispecie prevista dal secondo comma si realizza mediante la commissione di altro reato (quello di falso ideologico, che non concorre con quello di alterazione di stato), rivelando una più intensa carica criminosa, di tal che il principio di eguaglianza appare rispettato, avendo il legislatore trattato, dal punto di vista sanzionatorio, situazioni diverse in modo diverso» (C. cost., ord. n. 106/2007).

La Corte Costituzionale è successivamente ritornata sull’argomento a seguito della questione di illegittimità sollevata dal Tribunale di Varese e, modificando il precedente orientamento, ne ha riconosciuto la sua incostituzionalità per contrasto agli artt. 3 e 27 Cost. per essere il regime sanzionatorio previsto dal secondo comma dell’art. 567 c.p. “sul piano della ragionevolezza intrinseca, manifestamente sproporzionata al reale disvalore della condotta punita, ledendo congiuntamente il principio di proporzionalità della pena rispetto alla gravità del fatto commesso (art. 3 Cost.) e quello della finalità rieducativa della pena (art. 27 Cost.). L'eccessiva severità della sanzione, pur se applicata nel minimo edittale, costringe infatti il giudice ad infliggere una punizione irragionevolmente sproporzionata per eccesso, anche nell'ipotesi di condotte poste in essere allo scopo di giovare agli interessi del neonato attribuendogli un legame familiare altrimenti assente; e può così ingenerare nel condannato la convinzione (ostativa a un efficace processo rieducativo) di essere vittima di un ingiusto sopruso. La manifesta irragionevolezza per sproporzione si evidenzia anche al cospetto della meno severa cornice (reclusione da tre a dieci anni) stabilita dal comma 1 dell'art. 567 c.p. per l'altra fattispecie di alterazione dello stato di famiglia del neonato, commessa mediante la sua sostituzione. Le due fattispecie non sono del tutto disomogenee, essendo identico l'evento delittuoso (alterazione dello stato civile del neonato) e, di conseguenza, il bene giuridico protetto (diritto del minore alla corretta rappresentazione della propria ascendenza); né le differenti modalità esecutive esprimono, in sé stesse, connotazioni di disvalore tali da legittimare una divergenza di pena edittale. Pertanto, alla luce dei poteri di intervento della Corte costituzionale, l'unica soluzione praticabile per eliminare la manifesta irragionevolezza denunciata, utilizzando coerentemente grandezze già rinvenibili nell'ordinamento, consiste nel parificare (in mitius) il trattamento sanzionatorio delle due fattispecie incriminatrici nelle quali si articola l'unitario art. 567 c.p.” (Corte cost. 10 novembre 2016, n. 236).

Conseguenze della condanna sulla titolarità e sull'esercizio della responsabilità genitoriale

L'art. 569 c.p. prevedeva originariamente che alla condanna pronunciata contro il genitore conseguisse automaticamente la decadenza della responsabilità genitoriale.

La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della norma, nella parte in cui stabiliva tale automatismo, precludendo al giudice ogni possibilità di valutare l'interesse del minore nel caso concreto (C. cost. 23 febbraio 2012, n. 31); la pronunzia, da un lato è rispettosa del bene tutelato come sopra descritto, individuato in un diritto fondamentale della persona e dunque tutelato dagli artt. 3, 29 e 30 Cost., e dall'art. 8 CEDU, relativo alla vita privata e familiare; dall'altro costituisce applicazione dell'art. 7 Convenzione New York sui diritti del fanciullo, e della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996 (ratificata con l. 20 marzo 2003, n. 77) che, nel disciplinare i procedimenti riguardanti il minore, impone all'autorità giudiziaria «prima di giungere a qualunque decisione» di acquisire «informazioni sufficienti al fine di prendere una decisione nell'interesse superiore del minore».

A seguito di questo intervento il giudice penale, venuto meno l'automatismo, dovrà effettuare una valutazione che il nostro ordinamento devolve generalmente al giudice civile o a quello minorile.

La questione della competenza per le azioni de potestate è stata oggetto di riforma a seguito della legge n. 206/2021 e del successivo d. lgs n. 149/2022. Nel sistema in vigore anteriforma, l’art. 38 disp. att. c.c. attribuiva al Tribunale per i minorenni la competenza nei procedimenti contemplati dagli artt. 84, 90, 330, 332, 333, 335 c.c. e art. 371 c.c., u.c., con l’indicazione che per quello di cui all’art 333 c.c. la stessa restava esclusa nell'ipotesi in cui fosse in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o ai sensi dell'art. 316 c.c.

In tale ultimo caso, infatti, per tutta la durata del processo, la competenza, anche per i provvedimenti de potestate, spettava al giudice ordinario.

Il caso di contemporanea pendenza di entrambi i procedimenti era stato risolto dalla  giurisprudenza di legittimità mediante l’introduzione del criterio della prevenzione, in virtù del quale la precedenza del procedimento relativo al conflitto genitoriale rispetto all'azione rivolta al Tribunale dei minori per provvedimenti ablativi della responsabilità genitoriale determinava, ai sensi dell’art 38 disp. att. c.c., la "vis attractiva” verso il tribunale ordinario (Cass. 14 gennaio 2016, n. 432)

I numerosi problemi di coordinamento insorti per effetto di tale impostazione hanno indotto il legislatore della riforma a modificare tale previsione; il nuovo modello processuale ha mantenuto la competenza del Tribunale per i minorenni per i procedimenti de potestate per i quali, tuttavia, è prevista una competenza corrente con il Tribunale ordinario, destinata ad operare, in virtù delle modifiche apportate all’art. 38 disp. att. c.c. in tutti i casi in cui sia pendente o sia stato anche successivamente instaurato un procedimento di separazione, di divorzio, di regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale per i figli nati fuori dal matrimonio, ovvero di modifica delle condizioni di separazione o divorzio.

Rapporti con altre fattispecie

Come sopra indicato, non tutte le false dichiarazioni, attestazioni o certificazioni inerenti il figlio, integrano gli estremi del reato di alterazione di stato.

Orientamenti a confronto

I rapporti tra l'alterazione di stato e altri reati

Le falsità successive alla formazione dell'atto di nascita integrano il reato di cui all' art. 495 c.p.

La falsità successiva alla formazione dell'atto di nascita non può incidere sullo status del neonato e, pertanto, al più può essere configurato il reato di cui all'art. 495 c.p. (Cass. pen.  25 febbraio 2021, n. 13751; Cass., 4 febbraio 2003 n. 5356)

La differenza tra l'art. 495 c.p e l'art. 567 comma 2 c.p è che la prima norma punisce «l'immutazione del vero in sé stessa», mentre la seconda punisce «l'immutazione del vero in quanto da essa consegua la perdita del vero stato civile del neonato»; Benché accomunati dal falso ideologico documentale, l'art. 567 c.p. ha quale elemento di specialità l'effetto dell'alterazione dello stato. (Cass. 14 giugno 1996 n. 2514). Con la conseguenza che le false dichiarazioni che si pongano in un momento successivo alla formazione dell’atto rimangono ininfluenti ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa in quanto inidonee a pervenire alla modifica della suddetta attestazione (App. Milano 9 gennaio 2024);

Il falso riconoscimento del figlio naturale successivo alla formazione dell'atto di nascita integra il reato di cui all'art. 483 c.p.

«L'atto di riconoscimento del figlio naturale è una dichiarazione di scienza volta a conferire certezza al fatto naturale della procreazione; pertanto, la non veridicità del riconoscimento incide su di un fatto del quale l'atto è destinato a provare la verità. Ne consegue che il falso riconoscimento di figlio naturale compiuto posteriormente all'atto di nascita integra il delitto di falsità ideologica previsto dall'art. 483 c.p.» (Trib. Bologna 14 luglio 2004)

La cessione uti filius di neonato a coppia di coniugi non integra il delitto di riduzione in schiavitù bensì quello di alterazione di stato

Non è sufficiente a integrare il reato di cui all'art. 600 c.p., la reificazione della persona umana attraverso l'atto di compravendita. E ciò in quanto il reato di riduzione in schiavitù richiede l'esercizio dei poteri corrispondenti al diritto di proprietà sull'individuo sfruttato ovvero la riduzione o il mantenimento della vittima in uno stato di soggezione continuativa (Cass. 6 giugno 2008 n. 32896; Cass. 11 febbraio 2015 n. 13583)

Il falso riconoscimento di neonato effettuato a seguito di promessa di pagamento integra il reato di alterazione di stato e non quelli di cui all' art. 71 comma 5, l . 4 maggio 1983 n. 184

Non sussiste il reato di cui all'art. 71 comma 5, l. 4 maggio 1983 n. 184 bensì è configurato il reato di alterazione di stato, anche quando il falso riconoscimento di neonato sia effettuato a seguito di promessa o pagamento di una somma di denaro o altra utilità, in quanto l'azione del soggetto che promette o dà il denaro non è preordinata a una futura adozione (Cass. 10 settembre 2004 n. 39044)

Attualità della fattispecie in rapporto alla procreazione medicalmente assistita

I problemi più significativi e attuali riguardanti il delitto alterazione di stato sono senza dubbio quelli conseguenti alle nascite avvenute in violazione delle disposizioni contenute nellal. n. 40/2004. A tal proposito non si può non ricordare che il citato testo normativo è stato negli anni oggetto di numerosi interventi da parte del giudice delle leggi. In particolare nel 2014 la Consulta (C. cost., sent. n. 162/2014) ha definitivamente aperto la possibilità alle coppie italiane di accedere alla tecnica della fecondazione eterologa e nel 2015 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli art. 1, commi 1 e 2, e art. 4, comma 1, l. n. 40/2004 nella parte in cui non consentiva alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili il ricorso alle tecniche di p.m.a. (C. cost. 14 maggio 2015 n. 96). Ne deriva che nelle ipotesi in cui la coppia, sussistendo le circostanze legittimanti il ricorso alla PMA, faccia ricorso a tale tecnica, il nato acquisirà, ai sensi della l. n. 40/2004, art. 8, lo status di figlio, nato durante il matrimonio e la dichiarazione di paternità resa in tal senso, non integrerà un'alterazione di stato nè una falsa attestazione in atti dello stato civile, ciò pure nel caso di revoca del consenso da parte del padre, intervenuta in un momento successivo a quello di fecondazione dell'ovulo (Cass. penale 10 gennaio 2019, n. 4854).

Rimane invece ancora in vigore il divieto della cd. “surrogazione di gravidanza”.

Si è dunque posto il problema, nel nostro ordinamento, di verificare la sussistenza di ipotesi di reato nella condotta di due soggetti divenuti genitori grazie a una gravidanza surrogata realizzata all'estero, che richiedano e ottengano la trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero. Le ipotesi che si confrontano sono tre

- che la condotta integri l'ipotesi di alterazione, detta ipotesi trova apparente fondamento nell'attribuzione di un rapporto di filiazione tra richiedenti e neonato non avente alcun riscontro di tipo biologico o genetico;

- che la condotta integri il diverso reato di cui all'art. 495 c.p.;

- che la condotta non integri reato

In evidenza

La trascrivibilità dell'atto di nascita formato all'estero è sottoposta al limite dell'ordine pubblico internazionale exart. 15 d.P.R. n. 396/2000. In particolare i principi espressi dall'art. 4 l. n. 40/2004 e dall'art. 296 c.c., in tema di presunzione di maternità, sono stati indicati in taluni casi quali ostacolo alla trascrivibilità dell'atto.

Appare tuttavia difficile ammettere che oggi esista un principio internazionale di ordine pubblico che impedisca il riconoscimento di questo tipo di nascite, anche perché non sono pochi gli stati, anche dell'UE, che consentono l'utilizzo di queste tecniche.

La Corte di Cassazione ha precisato, in tema di applicazione dell'art. 567 c.p. che «soltanto la falsità espressa al momento della prima obbligatoria dichiarazione di nascita è (..) in grado di determinare la perdita del vero stato civile del neonato. La dichiarazione falsa resa in sede di formazione dell'atto di nascita altera lo stato del neonato, attribuendo al figlio riconosciuto una discendenza che non gli è propria secondo natura, l'interesse protetto dall'art. 567 comma 2 c.p., essendo integrato dall'interesse del neonato a non vedersi attribuire uno stato civile difforme da quello che gli spetta in virtù dei dati costitutivi reali » (Cass., 5 maggio 2008, n. 35806).

Pertanto i soggetti che richiedano la trascrizione dell'atto di nascita già formato all'estero non possono in alcun modo incidere sullo status e, dunque, ledere il bene giuridico tutelato dall'art. 567 c.p.

Si deve precisare d'altra parte che a mente dell'art. 15 d.P.R. n. 396/2000, le dichiarazioni di nascita effettuate dai cittadini italiani all'estero «devono farsi secondo le norme stabilite dalla legge del luogo alle autorità competenti».

L'alterazione di stato è dunque esclusa sul presupposto logico che in Italia venga semplicemente trascritto un atto già legittimamente formato sulla base della legge del luogo della nascita.

In tal caso la giurisprudenza di legittimità esclude la configurabilità dell’ipotesi delittuosa non potendosi considerare ideologicamente falso il certificato conforme alla legislazione del paese di nascita del minore, neppure nel caso in cui la procreazione sia avvenuta con modalità non consentite in Italia. (Cass. penale 13 ottobre 2020, n. 31409)

Diversa è la questione relativa alla trascrivibilità degli atti di nascita formati all’estero in virtù di una legge locale che sia in contrasto con quella interna su cui si è sviluppato un ampio dibattito giurisprudenziale principalmente incentrato sulla individuazione dell’esatta portata del concetto di ordine pubblico, contenuto all’art. 65 della legge 218/1995, la cui contrarietà legittima il rifiuto da parte dell’Ufficiale di Stato civile alla trascrizione dell’atto di nascita nei registri interni. L’orientamento da ultimo prevalente esclude la possibilità di trascrizione dei citati atti di nascita e più specificatamente l’impossibilità del riconoscimento del figlio da parte del genitore d’intenzione, con il solo inserimento, quindi, di quello biologico, trattandosi di un rapporto di filiazione riveniente da una pratica vietata nel nostro ordinamento e come tale contraria all’ordine pubblico (Cass. SS.UU.8 maggio 2019, n. 12193).

La necessità di tutelare la posizione dei neonati concepiti per mezzo di tali pratiche di procreazione ha indotto la giurisprudenza a individuare nel ricorso all’adozione casi particolari di cui all’art. 44 della legge n. 184/1983 lo strumento più idoneo per pervenire alla creazione di un legame di parentela tra il nato e il genitore di intenzione (Cass. SS.UU. 30 dicembre 2022, n. 38162; Cass. 21 settembre 2023, n 26967; Cass. 8 gennaio 2024, n. 511) anche alla luce dell’intervento della Corte Costituzionale che, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 55 della legge n. 184 del 1983 nella parte in cui esclude che l’adozione in casi particolari faccia sorgere rapporti civili tra l’adottato e i parenti dell’adottante per violazione degli artt. 3, 31, e 117, 1 comma in riferimento all’art. 8 della CEDU, consente di raggiungere un effetto simile a quello conseguente al riconoscimento del figlio mediante la trascrizione del legame nell’atto di nascita (Corte cost. 28 marzo 2022, n. 79).

Qualora nella formazione dell'atto di nascita siano dichiarati genitori dei soggetti in violazione della lex loci (perché p.e. è vietata anche in quello Stato quella specifica tecnica di fecondazione) la giurisprudenza di merito ritiene pienamente integrato il reato di alterazione di stato (partendo da condizioni fattuali sostanzialmente identiche, anche se arrivano ad esiti diametralmente opposti, v. Trib. Brescia, 26 novembre 2013 e Trib. Milano, 15 ottobre 2013 i quali esprimono il medesimo principio di diritto).

La derubricazione del fatto a mera falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 495 c.p., implica quale ulteriore conseguenza la richiesta del ministro della giustizia ai sensi dell'art. 9 c.p. per il reato comune commesso all'estero quale condizione di procedibilità (Cass. penale 28 ottobre 2020, n. 5198).

Nell'ottica del delitto di cui all'art. 495 c.p., dunque, la questione si sposta dalla dichiarazione all'ufficiale dell'anagrafe estero alla dichiarazione alle autorità italiane.

Orientamenti a confronto

Surrogazione di gravidanza all'estero e trascrizione dell'atto di nascita

Integra il reato art. 495 c.p. (falsa attestazione o dichiarazione su qualità personali)

(Trib. Milano, 15 ottobre 2013, che dichiara improcedibilità ex art. 9 c.p.; Trib. Milano, 8 aprile 2014)

Non costituisce reato

(GUP Trieste, 4 ottobre 2013; GUP Varese, 8 ottobre 2014)

Integra il reato di alterazione di stato art. 567, comma 2 c.p.

(Trib. Brescia, 26 novembre 2013; Trib. Cremona, 9 dicembre 2014)

Non integra reato la condotta di colui che chiede la trascrizione dell'atto di nascita legittimamente formatosi all'estero, a seguito di maternità surrogata

«Non sussiste il reato di alterazione di stato nella formazione dell'atto di nascita, ove lo stesso risulti formato correttamente, all'esito di una procreazione medicalmente assistita conforme alla lex loci (Ucraina); la scelta di diventare genitori e formare una famiglia che abbia anche figli costituisce espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi, riconducibile agli artt. 2, 3 e 31 Cost., che risulterebbero irragionevolmente compressi, laddove venisse vietata la procreazione medicalmente assistita alle coppie affette da sterilità o infertilità assoluta ed irreversibile di derivazione patologica: al coniuge privo di legame genetico con il bambino nato a seguito di maternità surrogata, qualora l'atto pubblico legalmente formato all'estero ne indichi la qualità di genitore di diritto, tale status può essere riconosciuto e registrato negli atti di stato civile italiani senza che si determini un contrasto con l'ordine pubblico interno» (Trib. Milano 12 giugno 2015, n. 3301)

Non sussiste l'esimente di aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale ( art. 61 c omma 1 n. 1 c.p.)

«se è pur vero che il desiderio di genitorialità è pregevole e la famiglia (..) è oggetto di specifica tutela costituzionale, tanto non vale allorché tale desiderio sia soddisfatto ad ogni costo, anche a probabile discapito del nascituro » (Trib. Milano 8 aprile 2014)

L'attenuante in parola non si applica, valutandosi biasimevole la volontà di avere un figlio a prescindere dalle condizioni dei genitori, ritenuti non idonei per età e per condizioni di salute (Trib. Foggia 10 ottobre 2013)

La trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero e l'ordine pubblico

La trascrizione dell'atto di nascita, legittimamente emesso nel paese straniero come frutto di maternità surrogata, è contrario all'ordine pubblico

«Il divieto di pratiche di surrogazione di maternità è certamente di ordine pubblico, come suggerisce già la previsione della sanzione penale, di regola posta appunto a presidio di beni giuridici fondamentali. Vengono qui in rilievo la dignità umana - costituzionalmente tutelata - della gestante e l'istituto dell'adozione, con il quale la surrogazione di maternità si pone oggettivamente in conflitto perché soltanto a tale istituto, governato da regole particolari poste a tutela di tutti gli interessati, in primo luogo dei minori, e non al mero accordo delle parti, l'ordinamento affida la realizzazione di progetti di genitorialità priva di legami biologici con il nato» (Cass., 11 novembre 2014, n. 24001; Trib Min. Milano, 3 agosto 2012, n. 1248). 

Il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero con cui si sia accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante ricorso alla maternità surrogata e il genitore d’intenzione munito della cittadinanza italiana trova ostacolo nel divieto di surrogazione di maternità previsto dalla l. n. 40/2004, art. 12, comma 6, qualificabile come principio di ordine pubblico (…) la compatibilità con l’ordine pubblico, richiesto dalla legge n. 218 del 1995, artt. 64 e ss, deve essere valutata alla stregua non solo dei principi fondamentali della nostra Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, ma ance del modo in cui gli stessi si sono incarnati nella disciplina ordinaria dei singoli istituti, nonché dell’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza costituzionale ed ordinaria, la cui opera  di sintesi e ricomposizione dà forma a quel diritto vivente del quale non può prescindersi nella ricostruzione delle nozioni di ordine pubblico, quale insieme dei valori fondanti dell’ordinamento in un determinato momento storico ” (Cass. civ., SS.UU, 8 Maggio 2019, n. 12193).

In tema di riconoscimento delle sentenze straniere, l'ordine pubblico internazionale svolge sia una funzione preclusiva, quale meccanismo di salvaguardia dell'armonia interna dell'ordinamento giuridico statale di fronte all'ingresso di valori incompatibili con i suoi principi ispiratori, sia una funzione positiva, volta a favorire la diffusione dei valori tutelati, in connessione con quelli riconosciuti a livello internazionale e sovranazionale, nell'ambito della quale, il principio del "best interest of the child" concorre a formare l'ordine pubblico che, in tal modo, tende a promuovere l'ingresso di nuove relazioni genitoriali, così mitigando l'aspirazione identitaria connessa al tradizionale modello di filiazione, in nome di un valore uniforme rappresentato dal miglior interesse del bambino (Cass. SS.UU., 30 dicembre 2022, n. 38162).

La trascrizione dell'atto di nascita, legittimamente emesso nel paese straniero come frutto di maternità surrogata, non è contrario all'ordine pubblico

«Il concetto di ordine pubblico deve essere declinato con riferimento all'interesse del minore. Ai fini del riconoscimento o meno dei provvedimenti giurisdizionali stranieri, deve aversi prioritario riguardo all'interesse superiore del minore (art.3 l. 27 maggio 1991 n. 176 di ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo, di New York 20 novembre 1989) ribadito in ambito comunitario con particolare riferimento al riconoscimento delle sentenze straniere in materia di rapporti tra genitori e figli, dall'art. 23 Reg CE n. 2201\2003 il quale stabilisce espressamente che la valutazione della non contrarietà all'ordine pubblico debba essere effettuata tenendo conto dell'interesse superiore del figlio» (App. Torino 29 ottobre 2014; Trib. Forlì, 25 ottobre 2011; provv. Procura Catania, 30 marzo 2013). 

L'atto di nascita straniero (valido, nella specie, sulla base di una legge in vigore in un altro Paese della U.E.) da cui risulti la nascita di un figlio da due madri (per avere l'una donato l'ovulo e l'altra partorito), non contrasta di per sè con l'ordine pubblico per il fatto che la tecnica procreativa utilizzata non sia riconosciuta nell'ordinamento italiano dalla legge n. 40 del 2004, la quale rappresenta una delle possibili modalità di attuazione del potere regolatorio attribuito al legislatore ordinario su una materia, pur eticamente sensibile e di rilevanza costituzionale, sulla quale le scelte legislative non sono costituzionalmente obbligate. (Cass. 30 settembre 2016, n. 19599).

“Non è contraria all'ordine pubblico internazionale la trascrizione in Italia, di un atto redatto all'estero, a correzione di un precedente atto di nascita, pur esso redatto all'estero, che preveda che il minore sia registrato come figlio oltre che della madre che lo ha partorito (a seguito di fecondazione assistita), come già risultante dall'originario atto di nascita, anche di altra donna, unita in matrimonio con la prima, e di cui assume il cognome, pur non avendo il minore stesso alcun rapporto biologico con quest'ultima. (Cass. 15 giugno 2017, n. 14878).

L’impugnazione della trascrizione   

Nei registri dello Stato civile:

azione di stato o ricorso ex art. 

95 d.PR 396/2000

“La richiesta di rettifica dell'atto di nascita di una minore nata a seguito del ricorso a PMA eterologa - contenete l'indicazione, accanto alla madre biologica anche di quella di intenzione dello stesso sesso – volta a pervenire alla cancellazione di tale ultimo nominativo e del relativo cognome, afferendo ad una questione che coinvolge lo status, non è soggetta al procedimento di cui all'art. 95 d.P.R. 396/2000 – esclusivamente finalizzato a garantire la corretta tenuta dei registri – ma attraverso la proposizione delle azioni di stato previste dall'ordinamento” (Trib. Padova 1 febbraio 2024)

“La rettificazione degli atti di stato civile non può ritenersi limitata alla sola correzione degli errori materiali che siano commessi nella formazione degli atti di stato civile, poiché, come è dato desumere anche dall'art. 454 c.c. (poi abrogato dal d.P.R. n. 396/2000, art. 110, comma 3) che applica il procedimento di rettificazione a casi che restano al di fuori dell'ambito della mera correzione degli errori materiali, l'espressione “rettificazione richiesta dall'interesse pubblico” (r.d. n. 1238/1939, ex art. 163, poi abrogato dal medesimo D.P.R.) non può essere intesa in senso stretto, né può essere limitata alla sola rettificazione di singoli atti, ma deve essere riferita in senso ampio alla tenuta dei registri dello stato civile nel loro complesso e può ricomprendere la cancellazione di un atto compilato o trascritto per errore, la formazione di un atto omesso, ed anche la cancellazione di un atto irregolarmente iscritto o trascritto” (Cass. 20 febbraio 2024, n. 4448).

Il rifiuto dello Stato di trascrivere l'atto di nascita formatosi legittimamente all'estero è contrario all'ordine pubblico

Il mancato riconoscimento del rapporto di parentela, validamente formatosi all'estero tra l'uomo e la donna che hanno fatto ricorso a maternità surrogata e il bambino viola l'art. 8 Cedu.

In quel caso si trattava della violazione del diritto del minore al rispetto della vita privata e non già della violazione del diritto al rispetto della vita familiare (dei ricorrenti), in quanto lo Stato francese non aveva comunque impedito il proseguimento della vita familiare (non v'era stato alcuna separazione del minore dai genitori). (Corte EDU, 26 giugno 2014, Mennesson c. Francia, ric. n. 65192/11; Corte EDU, 26giugno 2014,Labassee c. Francia, ric. n. 65941/11; Corte EDU, 27 gennaio 2015, Paradiso e Campanelli c. Italia, ric. n. 25358/12).

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