Alterazione di statoFonte: Cod. Pen Articolo 567
21 Agosto 2024
Inquadramento L'alterazione di stato è fattispecie delittuosa prevista dall'art. 567 c.p., posta a tutela dello status del neonato o, più precisamente, volta a contrastare l'attribuzione di uno status diverso da quello spettante per nascita alla persona. La norma, originariamente pensata quale delitto “contro la famiglia”, in un ordinamento dove la famiglia aveva un primario interesse di tipo pubblicistico, tutela il neonato dall'attribuzione di relazioni parentali fittizie. L'articolo in parola prevede, nei due commi che lo compongono, due distinte ipotesi di alterazione dello stato. Al primo comma è prevista l'alterazione dello status mediante sostituzione materiale di due neonati, senza dunque commissione di alcun falso; al comma secondo, invece, è previsto il caso di modifica dello stato del neonato conseguente a diverse ipotesi di false attestazioni all'ufficiale di stato civile al momento della formazione dell'atto di nascita. Le due fattispecie, pur nella loro autonomia, sono tuttavia accomunate dalla tutela del medesimo bene giuridico (C. cost., 23 marzo 2007, n. 106). Bene giuridico che non si esaurisce nella tutela della fede pubblica, ovverosia nella corretta registrazione dei soggetti nei registri dello stato civile, dal momento che lo status filiationis primariamente «investe l'interesse del minore e la rilevanza sociale del rapporto familiare» (Cass. 13 giugno 2005, n. 32809).
Fondamento della fattispecie è dunque la tutela di un diritto della persona e, più precisamente, il diritto all'identità dell'individuo, neonato, in considerazione anche delle relazioni familiari discendenti dal rapporto di procreazione. Elemento oggettivo: lo scambio di neonati Il comma 1, art. 567 c.p. punisce “chiunque” (dunque reato comune) altera lo stato civile di un neonato attraverso la sua sostituzione. La sostituzione dei neonati può avvenire sia prima che dopo l'iscrizione della nascita nei registri dello stato civile. Qualora, tuttavia, solo uno dei neonati sia iscritto, la fattispecie di cui all'art. 567 comma 1 c.p. potrebbe concorrere con il diverso delitto di soppressione di stato, art. 566 c.p., ove il neonato non venga mai registrato. Giova richiamare l'art. 239 c.c. il quale, in caso di sostituzione di neonato, consente il reclamo dello “stato diverso” di figlio. A seguito della novella del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, che ha modificato gli artt. 239, 241 c.c., la prova della filiazione può essere peraltro data con qualsiasi mezzo. Segue: falsità nella formazione dell'atto di nascita Al capoverso successivo è disciplinata la diversa ipotesi di alterazione dello stato del neonato compiuta mediante comunicazione di «false certificazioni, false attestazioni o altre falsità», al momento della formazione dell'atto di nascita. Trattasi di reato comune in quanto la condotta può essere posta in essere da una pluralità di soggetti, compresi ovviamente i legittimati alla dichiarazione della nascita. Affinché possa integrarsi il reato è necessario: - una falsa certificazione, falsa attestazione o una diversa falsità nella formazione dell'atto di nascita: quelle rilasciate dal personale medico o ostetrico con riferimento allo stato di gravidanza, o quelle rese all'ufficiale dello stato civile dai genitori del neonato o da altra persona autorizzata dalla legge (Trib. Milano, 15 ottobre 2013; Trib. Milano, 8 aprile 2014); integra pertanto il reato di alterazione di stato il falso riconoscimento di figlio (Cass. 12 febbraio 2003 n. 17627), fattispecie, questa, frequente in ragione della sua finalità elusiva delle disposizioni in tema di adozione. - che la falsità possa determinare l'alterazione dello stato: deve essere perciò «idonea a creare una falsa attestazione, con attribuzione al figlio di una diversa discendenza, in conseguenza dell'indicazione di un genitore diverso da quello “naturale”» (Cass. 17 settembre 2014 n. 47136); - che la falsa dichiarazione, attestazione o certificazione sia contestuale alla redazione dell'atto di nascita, restando però irrilevante che la sottoscrizione dell'atto da parte del pubblico ufficiale non sia contemporanea, ma successiva, alla dichiarazione (Cass., 4 gennaio 1996, n. 29); è necessario, in altri termini, che le false dichiarazioni siano destinate a riflettersi sulla genesi dell'atto di nascita, a nulla rilevando il rilascio di false dichiarazioni che si pongano in un momento successivo in quanto inidonee a pervenire alla modifica della suddetta attestazione (App. Milano 9 gennaio 2024); il neonato, dunque, non deve essere già iscritto nei registri dello stato civile, perché altrimenti si verserebbe in ipotesi di falso (Cass., 18 settembre 2008, n. 35806; Cass., 14 aprile 2003, n. 17267); in particolare le dichiarazioni mendaci successive alla formazione dell'atto di nascita possono integrare eventualmente il meno grave delitto di falsa attestazione o dichiarazione su qualità personali exart. 495, comma 2 n. 1 c.p. (Cass. pen. 25 febbraio 2021, n. 13751; Trib. Milano, 13 gennaio 2014). - non rientra nella fattispecie in esame, la contrarietà dell’atto di nascita all’ordine pubblico (Cass. penale 13 ottobre 2020, n. 31409).
Elemento soggettivo Il reato è punito a titolo di dolo generico; è richiesta la coscienza e volontà di attribuire al neonato uno stato civile diverso da quello che gli spetterebbe, attraverso la sostituzione del neonato stesso o attraverso una falsa dichiarazione (Cass., 11 dicembre 2014, n. 51662; Cass. 12 febbraio 2003, n. 17627; Cass. 12 marzo 1993, n. 5225; Cass. 16 giugno 1992, n. 8243; Cass. 3 luglio 1989, n. 15039; Cass. 2 dicembre 1970, n. 1504). In applicazione di tale principio la giurisprudenza di legittimità ha escluso la sussistenza del reato in commento in mancanza di prove circa la consapevolezza, o anche solo il sospetto, che il nascituro non sia stato concepito da coloro che hanno proceduto alla relativa attestazione (Cass. pen. 16 marzo 2021, n. 24250). In tema di errore, i giudici di legittimità (Cass. 20 maggio 1993, n. 5225; Cass. 16 giugno 1992 n. 8243) hanno affermato che le norme civili sullo "status personae" e sullo "status familiae" costituiscono presupposto e completamento del precetto contenuto nell'art. 567 c.p. e pertanto l'ignoranza, o l'errore sulle medesime, purché non inevitabile, non può essere invocata come scriminante. L'aver agito spinti dal desiderio di assicurare al neonato un genitore sociale in luogo di quello naturale, non esclude il dolo dell'agente, ma è valutabile ai fini del riconoscimento dell'attenuante dei motivi di particolare valore morale o sociale di cui all'art. 62, comma 1, n. 1 c.p. (Cass. pen. 31 maggio 2018, n. 27746; Cass., 11 dicembre 2014, n. 51662). Reato tentato Il reato di alterazione di stato si perfeziona, quanto al comma 1 art. 567 c.p., nel momento in cui si realizza lo scambio del neonato ovvero, per la fattispecie di alterazione mediante falso, nel momento in cui si procede alla redazione dell'atto di nascita. È dunque ipotizzabile il tentativo di alterazione dello stato ogni qual volta vengano posti in essere atti idonei e non equivoci volti alla sostituzione del neonato o alla alterazione dello stato mediante falsità (Cass. 2 aprile 1958). Per quanto riguarda la fattispecie più ricorrente di alterazione di stato, tuttavia, resta oggi remota l'ipotesi nella quale il fatto non vada oltre la soglia del mero tentativo, essendo sufficiente per l'iscrizione di cui all'art. 29 d.P.R. n. 396/2000 la semplice dichiarazione sostitutiva di certificazione. La sanzione L'alterazione di stato operata mediante sostituzione di neonato è punita con la reclusione da tre a dieci anni. Il reato compiuto per mezzo di una falsa dichiarazione era originariamente sanzionato con la reclusione da cinque a dieci anni. Tale previsione è stata successivamente dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza del 10 novembre 2016, n. 236. Attualmente, quindi, le due fattispecie delittuose sono sottoposte alla medesima sanzione. Sul punto va detto che la diversità di trattamento sanzionatorio tra le due tipologie delittuose era già stata posta all’attenzione dei giudici delle leggi i quali con pronuncia n. 106/2007 ne avevano escluso l’illegittimità, giacché «le fattispecie descritte dal primo comma (scambio di neonati senza commettere alcun falso) e dal secondo comma (falsa attestazione all'ufficiale dello stato civile in ordine alla identità dei genitori del neonato) dell'art. 567 del codice penale sono oggettivamente diverse perché, seppure in entrambe è tutelato il medesimo bene giuridico (l'interesse del minore alla verità dell'attestazione ufficiale della propria ascendenza), nel caso del primo comma la condotta consiste in uno scambio materiale di neonati, mentre la fattispecie prevista dal secondo comma si realizza mediante la commissione di altro reato (quello di falso ideologico, che non concorre con quello di alterazione di stato), rivelando una più intensa carica criminosa, di tal che il principio di eguaglianza appare rispettato, avendo il legislatore trattato, dal punto di vista sanzionatorio, situazioni diverse in modo diverso» (C. cost., ord. n. 106/2007). La Corte Costituzionale è successivamente ritornata sull’argomento a seguito della questione di illegittimità sollevata dal Tribunale di Varese e, modificando il precedente orientamento, ne ha riconosciuto la sua incostituzionalità per contrasto agli artt. 3 e 27 Cost. per essere il regime sanzionatorio previsto dal secondo comma dell’art. 567 c.p. “sul piano della ragionevolezza intrinseca, manifestamente sproporzionata al reale disvalore della condotta punita, ledendo congiuntamente il principio di proporzionalità della pena rispetto alla gravità del fatto commesso (art. 3 Cost.) e quello della finalità rieducativa della pena (art. 27 Cost.). L'eccessiva severità della sanzione, pur se applicata nel minimo edittale, costringe infatti il giudice ad infliggere una punizione irragionevolmente sproporzionata per eccesso, anche nell'ipotesi di condotte poste in essere allo scopo di giovare agli interessi del neonato attribuendogli un legame familiare altrimenti assente; e può così ingenerare nel condannato la convinzione (ostativa a un efficace processo rieducativo) di essere vittima di un ingiusto sopruso. La manifesta irragionevolezza per sproporzione si evidenzia anche al cospetto della meno severa cornice (reclusione da tre a dieci anni) stabilita dal comma 1 dell'art. 567 c.p. per l'altra fattispecie di alterazione dello stato di famiglia del neonato, commessa mediante la sua sostituzione. Le due fattispecie non sono del tutto disomogenee, essendo identico l'evento delittuoso (alterazione dello stato civile del neonato) e, di conseguenza, il bene giuridico protetto (diritto del minore alla corretta rappresentazione della propria ascendenza); né le differenti modalità esecutive esprimono, in sé stesse, connotazioni di disvalore tali da legittimare una divergenza di pena edittale. Pertanto, alla luce dei poteri di intervento della Corte costituzionale, l'unica soluzione praticabile per eliminare la manifesta irragionevolezza denunciata, utilizzando coerentemente grandezze già rinvenibili nell'ordinamento, consiste nel parificare (in mitius) il trattamento sanzionatorio delle due fattispecie incriminatrici nelle quali si articola l'unitario art. 567 c.p.” (Corte cost. 10 novembre 2016, n. 236). Conseguenze della condanna sulla titolarità e sull'esercizio della responsabilità genitoriale L'art. 569 c.p. prevedeva originariamente che alla condanna pronunciata contro il genitore conseguisse automaticamente la decadenza della responsabilità genitoriale. La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della norma, nella parte in cui stabiliva tale automatismo, precludendo al giudice ogni possibilità di valutare l'interesse del minore nel caso concreto (C. cost. 23 febbraio 2012, n. 31); la pronunzia, da un lato è rispettosa del bene tutelato come sopra descritto, individuato in un diritto fondamentale della persona e dunque tutelato dagli artt. 3, 29 e 30 Cost., e dall'art. 8 CEDU, relativo alla vita privata e familiare; dall'altro costituisce applicazione dell'art. 7 Convenzione New York sui diritti del fanciullo, e della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996 (ratificata con l. 20 marzo 2003, n. 77) che, nel disciplinare i procedimenti riguardanti il minore, impone all'autorità giudiziaria «prima di giungere a qualunque decisione» di acquisire «informazioni sufficienti al fine di prendere una decisione nell'interesse superiore del minore». A seguito di questo intervento il giudice penale, venuto meno l'automatismo, dovrà effettuare una valutazione che il nostro ordinamento devolve generalmente al giudice civile o a quello minorile. La questione della competenza per le azioni de potestate è stata oggetto di riforma a seguito della legge n. 206/2021 e del successivo d. lgs n. 149/2022. Nel sistema in vigore anteriforma, l’art. 38 disp. att. c.c. attribuiva al Tribunale per i minorenni la competenza nei procedimenti contemplati dagli artt. 84, 90, 330, 332, 333, 335 c.c. e art. 371 c.c., u.c., con l’indicazione che per quello di cui all’art 333 c.c. la stessa restava esclusa nell'ipotesi in cui fosse in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o ai sensi dell'art. 316 c.c. In tale ultimo caso, infatti, per tutta la durata del processo, la competenza, anche per i provvedimenti de potestate, spettava al giudice ordinario. Il caso di contemporanea pendenza di entrambi i procedimenti era stato risolto dalla giurisprudenza di legittimità mediante l’introduzione del criterio della prevenzione, in virtù del quale la precedenza del procedimento relativo al conflitto genitoriale rispetto all'azione rivolta al Tribunale dei minori per provvedimenti ablativi della responsabilità genitoriale determinava, ai sensi dell’art 38 disp. att. c.c., la "vis attractiva” verso il tribunale ordinario (Cass. 14 gennaio 2016, n. 432) I numerosi problemi di coordinamento insorti per effetto di tale impostazione hanno indotto il legislatore della riforma a modificare tale previsione; il nuovo modello processuale ha mantenuto la competenza del Tribunale per i minorenni per i procedimenti de potestate per i quali, tuttavia, è prevista una competenza corrente con il Tribunale ordinario, destinata ad operare, in virtù delle modifiche apportate all’art. 38 disp. att. c.c. in tutti i casi in cui sia pendente o sia stato anche successivamente instaurato un procedimento di separazione, di divorzio, di regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale per i figli nati fuori dal matrimonio, ovvero di modifica delle condizioni di separazione o divorzio. Rapporti con altre fattispecie Come sopra indicato, non tutte le false dichiarazioni, attestazioni o certificazioni inerenti il figlio, integrano gli estremi del reato di alterazione di stato. Orientamenti a confronto
Attualità della fattispecie in rapporto alla procreazione medicalmente assistita I problemi più significativi e attuali riguardanti il delitto alterazione di stato sono senza dubbio quelli conseguenti alle nascite avvenute in violazione delle disposizioni contenute nellal. n. 40/2004. A tal proposito non si può non ricordare che il citato testo normativo è stato negli anni oggetto di numerosi interventi da parte del giudice delle leggi. In particolare nel 2014 la Consulta (C. cost., sent. n. 162/2014) ha definitivamente aperto la possibilità alle coppie italiane di accedere alla tecnica della fecondazione eterologa e nel 2015 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli art. 1, commi 1 e 2, e art. 4, comma 1, l. n. 40/2004 nella parte in cui non consentiva alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili il ricorso alle tecniche di p.m.a. (C. cost. 14 maggio 2015 n. 96). Ne deriva che nelle ipotesi in cui la coppia, sussistendo le circostanze legittimanti il ricorso alla PMA, faccia ricorso a tale tecnica, il nato acquisirà, ai sensi della l. n. 40/2004, art. 8, lo status di figlio, nato durante il matrimonio e la dichiarazione di paternità resa in tal senso, non integrerà un'alterazione di stato nè una falsa attestazione in atti dello stato civile, ciò pure nel caso di revoca del consenso da parte del padre, intervenuta in un momento successivo a quello di fecondazione dell'ovulo (Cass. penale 10 gennaio 2019, n. 4854). Rimane invece ancora in vigore il divieto della cd. “surrogazione di gravidanza”. Si è dunque posto il problema, nel nostro ordinamento, di verificare la sussistenza di ipotesi di reato nella condotta di due soggetti divenuti genitori grazie a una gravidanza surrogata realizzata all'estero, che richiedano e ottengano la trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero. Le ipotesi che si confrontano sono tre - che la condotta integri l'ipotesi di alterazione, detta ipotesi trova apparente fondamento nell'attribuzione di un rapporto di filiazione tra richiedenti e neonato non avente alcun riscontro di tipo biologico o genetico; - che la condotta integri il diverso reato di cui all'art. 495 c.p.; - che la condotta non integri reato
La Corte di Cassazione ha precisato, in tema di applicazione dell'art. 567 c.p. che «soltanto la falsità espressa al momento della prima obbligatoria dichiarazione di nascita è (..) in grado di determinare la perdita del vero stato civile del neonato. La dichiarazione falsa resa in sede di formazione dell'atto di nascita altera lo stato del neonato, attribuendo al figlio riconosciuto una discendenza che non gli è propria secondo natura, l'interesse protetto dall'art. 567 comma 2 c.p., essendo integrato dall'interesse del neonato a non vedersi attribuire uno stato civile difforme da quello che gli spetta in virtù dei dati costitutivi reali » (Cass., 5 maggio 2008, n. 35806). Pertanto i soggetti che richiedano la trascrizione dell'atto di nascita già formato all'estero non possono in alcun modo incidere sullo status e, dunque, ledere il bene giuridico tutelato dall'art. 567 c.p. Si deve precisare d'altra parte che a mente dell'art. 15 d.P.R. n. 396/2000, le dichiarazioni di nascita effettuate dai cittadini italiani all'estero «devono farsi secondo le norme stabilite dalla legge del luogo alle autorità competenti». L'alterazione di stato è dunque esclusa sul presupposto logico che in Italia venga semplicemente trascritto un atto già legittimamente formato sulla base della legge del luogo della nascita. In tal caso la giurisprudenza di legittimità esclude la configurabilità dell’ipotesi delittuosa non potendosi considerare ideologicamente falso il certificato conforme alla legislazione del paese di nascita del minore, neppure nel caso in cui la procreazione sia avvenuta con modalità non consentite in Italia. (Cass. penale 13 ottobre 2020, n. 31409) Diversa è la questione relativa alla trascrivibilità degli atti di nascita formati all’estero in virtù di una legge locale che sia in contrasto con quella interna su cui si è sviluppato un ampio dibattito giurisprudenziale principalmente incentrato sulla individuazione dell’esatta portata del concetto di ordine pubblico, contenuto all’art. 65 della legge 218/1995, la cui contrarietà legittima il rifiuto da parte dell’Ufficiale di Stato civile alla trascrizione dell’atto di nascita nei registri interni. L’orientamento da ultimo prevalente esclude la possibilità di trascrizione dei citati atti di nascita e più specificatamente l’impossibilità del riconoscimento del figlio da parte del genitore d’intenzione, con il solo inserimento, quindi, di quello biologico, trattandosi di un rapporto di filiazione riveniente da una pratica vietata nel nostro ordinamento e come tale contraria all’ordine pubblico (Cass. SS.UU.8 maggio 2019, n. 12193). La necessità di tutelare la posizione dei neonati concepiti per mezzo di tali pratiche di procreazione ha indotto la giurisprudenza a individuare nel ricorso all’adozione casi particolari di cui all’art. 44 della legge n. 184/1983 lo strumento più idoneo per pervenire alla creazione di un legame di parentela tra il nato e il genitore di intenzione (Cass. SS.UU. 30 dicembre 2022, n. 38162; Cass. 21 settembre 2023, n 26967; Cass. 8 gennaio 2024, n. 511) anche alla luce dell’intervento della Corte Costituzionale che, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 55 della legge n. 184 del 1983 nella parte in cui esclude che l’adozione in casi particolari faccia sorgere rapporti civili tra l’adottato e i parenti dell’adottante per violazione degli artt. 3, 31, e 117, 1 comma in riferimento all’art. 8 della CEDU, consente di raggiungere un effetto simile a quello conseguente al riconoscimento del figlio mediante la trascrizione del legame nell’atto di nascita (Corte cost. 28 marzo 2022, n. 79). Qualora nella formazione dell'atto di nascita siano dichiarati genitori dei soggetti in violazione della lex loci (perché p.e. è vietata anche in quello Stato quella specifica tecnica di fecondazione) la giurisprudenza di merito ritiene pienamente integrato il reato di alterazione di stato (partendo da condizioni fattuali sostanzialmente identiche, anche se arrivano ad esiti diametralmente opposti, v. Trib. Brescia, 26 novembre 2013 e Trib. Milano, 15 ottobre 2013 i quali esprimono il medesimo principio di diritto). La derubricazione del fatto a mera falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 495 c.p., implica quale ulteriore conseguenza la richiesta del ministro della giustizia ai sensi dell'art. 9 c.p. per il reato comune commesso all'estero quale condizione di procedibilità (Cass. penale 28 ottobre 2020, n. 5198). Nell'ottica del delitto di cui all'art. 495 c.p., dunque, la questione si sposta dalla dichiarazione all'ufficiale dell'anagrafe estero alla dichiarazione alle autorità italiane. Orientamenti a confronto
La trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero e l'ordine pubblico
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