20 Giugno 2024

Le forme di tutela della genitorialità previste dal nostro ordinamento si distinguono in: periodo di astensione obbligatoria per la lavoratrice madre; congedo di paternità; permessi sperimentali; congedi parentali; riposi giornalieri; permessi per le malattie del bambino; permessi per visite mediche; riposi e permessi per figli con handicap ed infine il congedo straordinario.

Inquadramento

* Aggiornamento a cura di P. Bausola

Le forme di tutela della genitorialità previste dal nostro ordinamento si distinguono in:

- periodo di astensione obbligatoria per la lavoratrice madre;

- congedo di paternità;

- permessi sperimentali;

- congedi parentali;

- riposi giornalieri;

- permessi per le malattie del bambino;

- permessi per visite mediche;

- riposi e permessi per figli con handicap;

- congedo straordinario.

Astensione obbligatoria

La madre ha l'obbligo irrinunciabile di astenersi dal lavoro due mesi prima del presunto parto e sino a tre mesi dopo, con divieto di adibizione a qualsiasi attività lavorativa della gestante e con indennizzo da parte dell'INPS (Risp. Interpello Min. Lav. 5 giugno 2009 n. 51; art. 22, comma 6, d.lgs. n. 151/2001; Corte Giustizia UE, 18 marzo 2004 C-342/01).

Tale periodo può in casi particolari variare ed essere quindi anticipato, posticipato, sospeso o prorogato (art. 20 d.lgs. n. 151/2001; Circ. INPS 6 giugno 2000 n. 109; Circ. Min. Lav. 7 luglio 2000 n. 43).

Il divieto di adibizione ad attività lavorativa è stato inserito all'art. 16 d.lgs. n. 151/2001, dal d.lgs. 15 giugno 2015 n. 80 e confermato per gli anni successivi al 2015 dal d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148 anche per i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta (c.d. parto prematuro). Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi superi il limite complessivo di cinque mesi (Circ. Fondazione studi Consulenti del Lavoro 21 luglio 2015 n. 17; Circ. INPS, 28 aprile 2016, n. 69).

Una novità introdotta dall’anno 2019 è la possibilità di fruire del congedo obbligatorio nei 5 mesi successivi al parto. Questa possibilità ulteriore è stata introdotta con la legge di bilancio del 2019 (l. 30 dicembre 2018, n. 145) e stabilisce che le madri lavoratrici possano fruire del congedo obbligatorio di 5 mesi a partire dalla data del parto.

L'art. 1, comma 485, della legge 145/2018 ha aggiunto il comma 1.1 all'art. 16 della legge 151/2001, introducendo un'alternativa al tradizionale congedo di maternità (2 mesi prima + 3 mesi dopo il parto).

Questa modifica consente alle lavoratrici di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto e di usufruire di tutti i 5 mesi di congedo di maternità a partire dal giorno successivo al parto.

Per poter esercitare questa facoltà, è necessario che un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato, (e se presente, il medico del lavoro), attestino che tale scelta non comporti rischi per la salute della gestante e del nascituro. Tale certificazione deve specificare l'assenza di rischi per la salute fino alla data presunta del parto o fino all'evento del parto, qualora questo avvenga in una data successiva a quella prevista. La lavoratrice, con la documentazione richiesta, dovrà presentare apposita domanda all'INPS entro la fine del settimo mese di gravidanza (Circolare INPS n. 148 del 12 dicembre 2019).

Durata e periodo del congedo obbligatorio

Astensione Obbligatoria

- 2 mesi prima la data presunta del parto

- 3 mesi dopo il parto

Posticipazione

La lavoratrice può scegliere - ferma restando la durata complessiva di 5 mesi - di posticipare l'inizio della decorrenza del periodo di astensione dal lavoro fino al mese precedente la data presunta del parto e terminare il congedo fino a quattro mesi dopo il parto (Circ. INPS 4 settembre 2000 n. 152; Mess. INPS, 25 maggio 2007, n. 13279).

Dal 2019 le madri lavoratrici possono fruire del congedo obbligatorio di 5 mesi a partire dalla data del parto (l. 30 dicembre 2018, n. 145).

Anticipazione

In ipotesi di:

- gravi complicazioni della gravidanza o persistenti forme morbose;

- condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli alla salute;

- attività lavorativa faticosa o insalubre;

- attività a rischio per la sicurezza e la salute senza possibilità di spostamento della lavoratrice ad altre mansioni.

Sospensione

Per una sola volta per ogni figlio in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre (o il padre in alcuni casi) ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità obbligatoria e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino. Tale previsione si applica anche in caso di adozione ed affidamento.

Proroga

Sino a 7 mesi dopo il parto, qualora le condizioni di lavoro o ambientali siano pregiudizievoli alla salute della lavoratrice o quest'ultima sia addetta a lavori pericolosi, faticosi e insalubri e non possa essere spostata ad altre mansioni.

Precisazioni

In caso di parto prematuro, l'astensione successiva al parto può essere prorogata in ragione e misura del parto anticipato (Circ. INPS, 29 aprile 2010, n. 62).

Il d.lgs. n. 80/2015 ha previsto che l'indennità di maternità debba essere riconosciuta anche in caso di risoluzione del rapporto di lavoro (licenziamento per giusta causa, cessazione attività aziendale, scadenza del termine o ultimazione della prestazione per cui la lavoratrice è stata assunta).

In caso di dimissioni volontarie la lavoratrice è in ogni caso esonerata dal preavviso, ma mantiene il diritto al pagamento della relativa indennità.

Il congedo obbligatorio e la relativa indennità possono essere richieste anche dalla lavoratrice madre in caso di adozione, per un periodo massimo di cinque mesi successivi all'effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice ovvero in caso di adozione internazionale, prima dell'ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all'estero richiesto per l'incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva; in alternativa, può essere fruito entro i cinque mesi successivi all'ingresso del minore in Italia.

La lavoratrice che, per il periodo di permanenza all'estero, non richieda o richieda solo in parte il congedo di maternità può fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennità.

Nel caso di affidamento di minore, il congedo può essere fruito entro cinque mesi dall'affidamento per un periodo massimo di tre mesi.

In tema di indennità di maternità, sono previste misure analoghe a quelle per la lavoratrice dipendente, per le lavoratrici a domicilio, domestiche, autonome e libere professioniste, anche per quanto attiene ai casi di adozione e affidamento (art. 20 d.lgs. 15 giugno 2015, n. 80; Corte cost. 22 ottobre 2015 n. 205).

Le lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, l. n. 335/1995 hanno diritto all'indennità di maternità per un periodo di 5 mesi, anche in caso di adozione, nazionale o internazionale, e di affidamento preadottivo di un minore.

Congedo obbligatorio per lavoratrice in gestione separata INPS

Le regole sulla maternità per le lavoratrici iscritte alla gestione separata dell'INPS si differenziano sotto vari aspetti da quelle previste per le lavoratrici dipendenti, sebbene vi siano alcune similitudini.

Per accedere al congedo di maternità e alla relativa indennità, è necessario soddisfare i seguenti requisiti:

- Essere iscritte in via esclusiva alla gestione separata dell'INPS, quindi non essere contemporaneamente lavoratrici dipendenti né pensionate.

- Avere almeno un mese di contributi versati nei 12 mesi precedenti i 2 mesi anteriori alla data del parto (circolare INPS 3 giugno 2020, n. 71) e aver versato per lo stesso mese l'aliquota aggiuntiva dello 0,72% prevista dalla normativa.

Indennità: soddisfacendo questi requisiti, la lavoratrice ha diritto a percepire l'indennità di maternità pari all'80% del reddito, esattamente come una lavoratrice dipendente. Il periodo complessivo in cui l'indennità è percepibile è di 5 mesi, due prima del parto e tre dopo il parto; tali periodi sono flessibili secondo le modalità previste per le lavoratrici dipendenti ed è possibile anticipare l'indennità con le stesse modalità delle lavoratrici dipendenti. A differenza delle lavoratrici dipendenti, non è necessario astenersi dal lavoro per percepire l'indennità, la quale è corrisposta direttamente dall'INPS e non anticipata dal committente.

La Legge di Bilancio 2022 (Legge 30 dicembre 2021, n. 23) all’articolo 1, comma 239, ha introdotto il riconoscimento dell’indennità di maternità per un ulteriore periodo di 3 mesi a decorrere dalla fine del periodo di maternità.

Per poter richiedere gli ulteriori 3 mesi di indennità di maternità/paternità è necessario che il reddito (fiscale) dichiarato nell’anno precedente l’inizio del periodo di maternità sia inferiore a 8.145 euro.

Questa indennità aggiuntiva può essere riconosciuta a:

  1. libere professioniste/liberi professionisti e categorie assimilate, iscritti alla Gestione separata per i 3 mesi immediatamente successivi:
  • ai 3 mesi successivi al parto
  • ai 4 mesi successivi al parto in caso di flessibilità
  • ai 5 mesi successivi al parto in caso di fruizione esclusiva dopo il parto
  • ai giorni non goduti nel caso di parto prematuro o fortemente prematuro, che si aggiungono al periodo di maternità post partum
  1. lavoratrici e ai lavoratori parasubordinati iscritti alla Gestione separata per i 3 mesi immediatamente successivi:
  • ai 3 mesi successivi al parto
  • ai 4 mesi successivi al parto in caso di flessibilità
  • ai 5 mesi successivi al parto in caso di fruizione esclusiva dopo il parto
  • ai 7 mesi successivi al parto in caso di interdizione prorogata;
  • ai giorni non goduti nel caso di parto prematuro o fortemente prematuro, che si aggiungono al periodo di maternità post partum

La tutela degli ulteriori 3 mesi di indennità si applica anche in caso di adozione o affidamento.

La Circolare INPS n. 1 del 3 gennaio 2022,  ha fornito chiarimenti in materia.

Congedo di paternità

Il padre ha diritto ad un periodo di astensione pari ed uguale a quello che spetterebbe obbligatoriamente alla madre (Circ. INPS, 6 giugno 2000, n. 109; Circ. INPS, 2 aprile 2001, n. 82; Mess. INPS, 4 aprile 2007, n. 8774) nei casi di cui alla tabella seguente.

Requisiti per il godimento del congedo di paternità

Morte della madre

Certificato di morte, oppure dichiarazione sostitutiva di certificazione (se si tratta di decesso del coniuge), o dell'atto di notorietà (se il genitore non è legato al richiedente da vincolo matrimoniale).

Grave infermità della madre

Specifica certificazione medica.

Abbandono della madre

- mancato riconoscimento: dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà (art. 47 d.P.R. n. 445/2000) attestante il mancato riconoscimento del figlio da parte dell'altro genitore, dalla quale risulti che il figlio è soggetto alla responsabilità del richiedente e non è in affidamento presso terzi;

- abbandono successivo al riconoscimento: in aggiunta alla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, copia del provvedimento con il quale il giudice si è pronunciato in merito alla decadenza della responsabilità genitoriale dell'altro genitore (artt. 330 e 333 c.c.); in attesa di tale provvedimento, può essere presentata copia dell'istanza inoltrata dal genitore interessato.

Affidamento del bambino al solo padre

Copia del provvedimento con il quale il giudice ha disposto l'affidamento esclusivo (art. 155-bis c.c.).

In caso di provvedimento giudiziale con cui venga disposta la separazione dei coniugi, la circostanza che il figlio venga genericamente affidato al padre o alla madre non integra ai fini del godimento del congedo di paternità l'ipotesi dell'affidamento esclusivo; occorre, infatti, accertare che l'affidamento sia disposto in favore di un solo genitore, il richiedente.

Il congedo obbligatorio e facoltativo per i padri è stato introdotto inizialmente per il triennio 2013-2015. Successivamente, le misure sono state confermate e modificate annualmente dalla legge di bilancio fino al 2021.

Con la legge di bilancio 2022, i congedi sono diventati stabili.

Dopo le novità in materia di maternità, paternità e congedo parentale introdotte dal decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105 (messaggio INPS del 4 agosto 2022, n. 3066), la normativa in materia di congedo obbligatorio per il padre prevede che il padre lavoratore dipendente deve astenersi dal lavoro per un periodo di 10 giorni lavorativi, (non frazionabili a ore e fruibili anche in maniera non continuativa), nell'arco di tempo che va dai 2 mesi precedenti la data presunta del parto fino ai 5 mesi successivi alla nascita.

Il congedo può essere utilizzato, entro lo stesso periodo, anche in caso di morte perinatale del figlio.

In caso di parto plurimo, la durata del congedo è estesa a 20 giorni lavorativi. Il congedo si applica anche al padre adottivo o affidatario. I giorni di congedo possono essere utilizzati dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice e sono compatibili con il congedo di paternità alternativo (non negli stessi giorni).

Al padre è riconosciuta un'indennità pari al 100% della retribuzione.

Per quanto riguarda la possibilità di fruire di tali congedi da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni la Circolare INPS n. 40/2013 recita: "Alla luce di quanto disposto dall’art.1, commi 7 e 8 della citata legge 92 del 2012, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, ha chiarito che la normativa in questione non è direttamente applicabile ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art.1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, sino all’approvazione di apposita normativa che, su iniziativa del Ministro per la pubblica amministrazione, individui e definisca gli ambiti, le modalità ed i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche".

Sul tema della presentazione della domanda e requisiti anche la Circolare INPS n. 122 del 27 ottobre 2022.

Qualora la madre sia lavoratrice autonoma o libera professionista, cui spetta l'indennità da norme di legge, il padre può godere del congedo alternativamente a quello spettante alla madre e può percepirne la relativa indennità in caso di morte, infermità, abbandono della madre e/o affido esclusivo (artt. 28 e 66 d.lgs. n. 151/2001).

Il congedo di paternità può altresì essere richiesto nei casi di adozione ed affidamento sussistendone i presupposti di cui in precedenza.

In caso di adozione internazionale, inoltre, qualora la madre adottiva o affidataria non sia lavoratrice, il padre lavoratore può usufruire del periodo di congedo non retribuito (art. 31 d.lgs. n. 151/2001, come modificato dal d.lgs. n. 80/2015).

Congedi sperimentali per il padre

L'articolo 4, comma 24, lettera a), della legge 28 giugno 2012, n. 92 ha introdotto il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo, alternativo al congedo di maternità della madre, disponibili per i padri lavoratori dipendenti, compresi quelli adottivi e affidatari, fino al quinto mese di vita del figlio.

Con la legge di bilancio per il 2022, entrambi i congedi per i padri sono stati stabilizzati. Dal 2021, i congedi non sono più sperimentali e possono essere utilizzati dai padri lavoratori dipendenti in caso di nascita, adozione, affidamento o collocamento temporaneo di minori, nonché in caso di morte perinatale del figlio.

I lavoratori dipendenti pubblici e privati che diventano papà hanno diritto a beneficiare del congedo di paternità, un periodo di 10 giorni di astensione dal lavoro retribuita.

Negli ultimi anni il congedo di paternità è stato oggetto di alcune rivisitazioni: il nostro ordinamento ha infatti recepito direttiva 2019/1158, portando i giorni di astensione retribuita dal lavoro da 7 a 10 a partire dal 2021.

La tutela dal 2022 è diventata strutturale e con il recepimento della direttiva UE sulla conciliazione vita lavoro e ha trovato spazio nel Testo Unico a tutela della maternità e paternità.

In caso di parto plurimo da agosto 2022, si è passati a 20 giorni.

Sul portale INPS si legge: “Per quanto concerne il computo dei 10 giorni (20 in caso di parto plurimo), devono essere computate e indennizzate le sole giornate lavorative”.

Tipi di congedo sperimentale

Congedo obbligatorio

Il congedo obbligatorio deve essere utilizzato entro il quinto mese di vita del bambino (o dall'ingresso in famiglia/Italia in caso di adozioni nazionali/internazionali, o dall'affidamento o collocamento temporaneo). Questo congedo può essere preso durante il congedo di maternità della madre lavoratrice o successivamente, purché entro il limite temporale stabilito.

È un diritto autonomo e aggiuntivo rispetto al congedo della madre, spettante indipendentemente dal diritto della madre al proprio congedo di maternità.

Il congedo obbligatorio è riconosciuto anche al padre che usufruisce del congedo di paternità ai sensi dell'articolo 28, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. I padri lavoratori dipendenti hanno diritto a dieci giorni di congedo obbligatorio, che possono essere goduti anche in modo non continuativo, per eventi di parto, adozione o affidamento avvenuti dopo il 1° gennaio 2021.

Congedo facoltativo

Il congedo facoltativo del padre è condizionato alla scelta della madre lavoratrice di rinunciare a un giorno di congedo di maternità. Il giorno preso dal padre anticipa quindi il termine finale del congedo di maternità della madre.

Questo congedo può essere utilizzato contemporaneamente all'astensione della madre e deve essere preso entro cinque mesi dalla nascita del figlio (o dall'ingresso in famiglia/Italia in caso di adozioni nazionali/internazionali, o dall'affidamento o collocamento temporaneo), indipendentemente dalla fine del periodo di astensione obbligatoria della madre con rinuncia di un giorno da parte della stessa. Il congedo è disponibile anche se la madre rinuncia al congedo di maternità, pur avendone diritto.

Entrambi i congedi sono fruibili anche in caso di morte perinatale del minore, come indicato nel paragrafo 2 della circolare INPS 11 marzo 2021, n. 42.

Il padre lavoratore dipendente ha diritto, per i giorni di congedo obbligatorio e facoltativo, a un'indennità giornaliera a carico dell'INPS pari al 100% della retribuzione. Per quanto riguarda il calcolo dei giorni di congedo, vengono considerate e indennizzate solo le giornate lavorative.

Il trattamento normativo e previdenziale segue le disposizioni previste per il congedo di paternità dagli articoli 29 e 30 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

Congedi parentali

Il congedo parentale compete, in costanza di rapporto di lavoro, ai genitori naturali entro i primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a 10 mesi, , in aggiunta al periodo di astensione obbligatoria, (art. 32, d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151, messaggio INPS 4 agosto 2022 n. 3066, circ. INPS 27 ottobre 2022 n. 122),aumentabili a 11 qualora il padre lavoratore si astenga dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi. Detto periodo complessivo può essere fruito dai genitori anche contemporaneamente. Ai lavoratori dipendenti, genitori adottivi o affidatari, il congedo parentale spetta, con le stesse modalità dei genitori naturali, e cioè entro i primi dodici anni dall'ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall'età del bambino all'atto dell'adozione o affidamento, e non oltre il compimento della maggiore età dello stesso. (l. 10 dicembre 2014, n. 183, d.lgs. n. 80/2015, Circ. INPS 17 luglio 2015, n. 139).

Nell'ambito dei limiti sopra ricordati, il congedo può essere fruito:

- dalla madre lavoratrice dipendente, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;

- dal padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 mesi nel caso in cui fruisca del congedo per un periodo continuativo non inferiore a 3 mesi (in tale ipotesi il limite complessivo dei congedi parentali è di 11 mesi). Ne può fruire anche quando la madre è in congedo di maternità (circ. INPS 17 gennaio 2003 n. 8) e durante i periodi nei quali la madre fruisce dei riposi giornalieri per allattamento; 

- per un periodo massimo continuativo o frazionato pari a 11 mesi, qualora vi sia un solo genitore ovvero un genitore nei confronti del quale sia stato disposto, ai sensi dell'art. 337-quater c.c., l'affidamento esclusivo del figlio. In quest'ultimo caso, l'altro genitore perde il diritto al congedo non ancora utilizzato; copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del Pubblico ministero, all'INPS (art. 32 comma 1 lett. c) del d.lgs. 151/2001, come sostituito dall'art. 2 comma 1 lett. h) del d.lgs. 30 giugno 2022 n. 105, messaggio INPS 3066/2022)

- dal padre lavoratore dipendente, anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre (a decorrere dal giorno successivo al parto), e anche se la stessa non lavora.

- al genitore solo (padre o madre), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi;

Entrambi i genitori hanno diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi totali (art. 34, d.lgs. 151/2001, come modificato dal d.lgs. 30 giugno 2022 n. 105).

Fino al dodicesimo anno di vita del figlio (o dall'arrivo in famiglia in caso di adozione o affidamento), la madre ha diritto a:

- 6 mesi di congedo, di cui 3 indennizzati perché non trasferibili e 3 condivisi tra entrambi i genitori, indennizzabili;

- 6 mesi indennizzabili in caso di reddito inferiore alla soglia.

Il padre ha diritto a:

- 6 mesi di congedo, estendibili a 7, di cui 3 indennizzati perché non trasferibili e 3 condivisi tra entrambi i genitori, indennizzabili (se il padre usufruisce di 7 mesi di congedo, 3 sono indennizzati perché non trasferibili, 3 sono condivisi tra entrambi i genitori e 1 mese non è indennizzato);

- 6 mesi (estendibili a 7) indennizzabili in caso di reddito inferiore alla soglia.

Il genitore solo, situazione che può verificarsi nei casi di morte dell'altro genitore, abbandono del figlio, affidamento esclusivo, mancato riconoscimento del figlio da parte di un genitore (circ. INPS 8/2003 e circ. 17 luglio 2015 n. 139) o grave malattia (messaggio INPS 20 settembre 2007 n. 22911), ha diritto a:

- 11 mesi di congedo, di cui 9 indennizzabili e 2 non indennizzabili, con possibilità di indennizzo per tutti gli 11 mesi se il reddito è inferiore alla soglia prevista nell'art. 34 comma 3, d.lgs. 151/2001.

Le modifiche apportate dal 2022

Come si è già avuto modo di accennare, dal 2022 parte della disciplina in tema di congedo parentale è stata in parte riformata.

Il Decreto Legislativo n. 105 del 30 giugno 2022, recependo la direttiva dell'Unione Europea 2019/1158 volta a migliorare la conciliazione tra vita e lavoro, ha apportato una significativa revisione al congedo parentale, regolamentato dagli articoli 32-38 del Decreto Legislativo n. 151 del 2001. Questa revisione ha esteso il periodo entro cui i genitori possono richiedere il congedo dal lavoro e ha aumentato la durata dell'indennità di ulteriori 3 mesi.

Le nuove disposizioni sono in vigore dal 13 agosto 2022. A queste modifiche si aggiungono ulteriori novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 e dalla Legge di Bilancio 2024.

In sostanza, si tratta di una tutela distinta e aggiuntiva rispetto al congedo di maternità e paternità, che prevede il riconoscimento di un'indennità previa presentazione della relativa domanda all'INPS.

Il congedo parentale vigente al 2024

Il congedo parentale è disponibile per i genitori con un rapporto di lavoro in essere, per un totale massimo di 10 mesi, estendibili a 11 se il padre si astiene dal lavoro per almeno 3 mesi consecutivi o frazionati. Entrambi i genitori possono usufruire del congedo contemporaneamente, purché il totale complessivo non superi gli 11 mesi.

Le regole per la gestione della durata sono le seguenti:

- La madre lavoratrice può usufruire di un massimo di 6 mesi continuativo o frazionato, oltre al periodo di maternità.

- Il padre lavoratore può richiedere un massimo di 6 mesi continuativo o frazionato, estendibili a 7 se si astiene dal lavoro per almeno 3 mesi.

- Il genitore solo, sia madre che padre, ha diritto a un periodo continuativo o frazionato fino a un massimo di 11 mesi.

Inoltre, i genitori possono frazionare il periodo di congedo a ore.

Le stesse modalità di congedo parentale si applicano anche ai lavoratori dipendenti che sono genitori adottivi o affidatari. Se il rapporto di lavoro termina all'inizio o durante il periodo di congedo, il diritto al congedo cessa dalla data di interruzione del rapporto lavorativo.

Nei periodi di congedo sono previste somme da corrispondersi a titolo di indennità.

L'indennità prevista è:

- entro i primi 6 anni di età del bambino per un periodo massimo complessivo (madre e/o padre) di 6 mesi con un importo pari al 30% della retribuzione media giornaliera calcolata considerando la retribuzione del mese precedente l'inizio del periodo indennizzabile;

- dai 6 anni e un giorno agli 8 anni di età del bambino, nel caso in cui i genitori non ne abbiano fruito nei primi 6 anni, o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di 6 mesi, il congedo verrà retribuito al 30% solo se il reddito individuale del genitore richiedente risulti inferiore a 2,5 volte l'importo annuo del trattamento minimo di pensione;

- dagli 8 anni e un giorno ai 12 anni di età del bambino il congedo non è mai indennizzato.

Genitori adottivi o affidatari, possono usufruire dell'indennità per congedo parentale al 30% della retribuzione media giornaliera calcolata considerando la retribuzione del mese precedente l'inizio del periodo indennizzabile:

- entro i 6 anni dall'ingresso in famiglia del minore, indipendentemente dalle condizioni di reddito del richiedente, per un periodo di congedo complessivo di sei mesi tra i due genitori;

- dai 6 anni e un giorno agli 8 anni dall'ingresso in famiglia del bambino nel caso in cui i genitori non ne abbiano fruito nei primi 6 anni dall'ingresso in famiglia , o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di 6 mesi, il congedo verrà retribuito al 30% solo se il reddito individuale del genitore richiedente risulti inferiore a 2,5 volte l'importo annuo del trattamento minimo di pensione;

- dagli 8 anni e un giorno ai 12 anni dall'ingresso in famiglia del bambino il congedo non è mai indennizzato.

Le nuove indennità per il 2024 e 2025

L’art. 1, comma 179, l. n. 213/2023 (Legge di Bilancio 2024), modificando la disposizione contenuta nell’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 151/2001, prevede, per i genitori che fruiscono alternativamente del congedo parentale, di riconoscere per il secondo mese di congedo una retribuzione pari al 60%, in luogo dell’attuale 30%.

Per il solo anno 2024 tale agevolazione sale all’80% della retribuzione, anziché al 60%.

La norma specifica, infine, che il beneficio si applica con riferimento ai lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o di paternità dopo il 31 dicembre 2023

Già la Legge di Bilancio per il 2023 aveva introdotto una maggiorazione dell’indennità per uno solo dei 9 mesi indennizzabili tra i due genitori, per cui l’indennità passava dal 30 all’80 per cento della retribuzione (circolare INPS n. 45 del 16 maggio 2023).

Una novità che è poi stata confermata per il 2024, la quale ha previsto anche una ulteriore maggiorazione dell’indennità, che per un altro mese è stata elevata al 60 per cento a regime dal 2025.

Solo per il 2024, questa l’indennità è aumentata dal 60 all’80 per cento.

NB: Si ricorda infine che la legge di Bilancio 2023 aveva stabilito che, nei casi di congedo di maternità terminanti a partire dal 1° gennaio 2023, la misura dell’indennità prevista per i periodi di congedo parentale fruiti dal lavoratore o dalla lavoratrice, pari al 30%, era incrementata all’80% della retribuzione per un mese, a prescindere dal fatto che ad assentarsi sia un solo genitore oppure entrambi alternativamente ed entro i 6 anni di età del bambino (INPS, circ. n. 4 del 16 gennaio 2023).

Questi periodi indennizzati con maggiorazione, possono essere richiesti sia dalla madre sia dal padre, alternativamente, entro i 6 anni di vita del bambino o della bambina a condizione che il periodo di congedo di maternità o paternità sia terminato dopo il 31 dicembre 2023.

Riepilogando, per il 2024, i genitori possono beneficiare:

•         di 2 mensilità di congedo parentale retribuite all’80 per cento (al rispetto delle condizioni previste);

•         delle restanti mensilità retribuite al 30 per cento.

Dal 2025 una mensilità potrà essere retribuita all’80 per cento, una al 60 per cento e le restanti al 30 per cento.

L’INPS, con la circolare n. 57 del 18 aprile 2024, ha fornito le istruzioni amministrative e operative riguardanti l’indennità di congedo parentale per i dipendenti del settore privato a seguito della modifica operata dalla legge di bilancio 2024 (art. 1 comma 179 della l. 213/2023) all’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 151/2001.

Modalità di godimento del congedo parentale

I congedi parentali possono attualmente essere richiesti anche frazionatamente e su base oraria sino al compimento del dodicesimo anno di ogni figlio da entrambi i genitori (art. 32 d.lgs. n. 151/2001, modificato dal d.lgs. n. 80/2015; l. 24 dicembre 2012, n. 228), (Circ. INPS, 6 giugno 2000, n. 109; Circ. Min. Lav., 19 luglio 2000, n. 53; Circ. INPS, 17 gennaio 2003, n. 8;Circ. INPS, 17 luglio 2015, n. 139; Mess. INPS, 6 luglio 2015, n. 4576; Inter. Min. Lav. n. 25/2013).

Il legislatore ha progressivamente modificato il congedo parentale, rendendolo molto flessibile e permettendo ai genitori di suddividerlo in:

- mesi,

- giorni,

- ore.

Di conseguenza, è possibile alternare giornate o mesi di congedo con periodi di fruizione oraria. L'astensione facoltativa su base oraria è consentita fino alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga settimanale o mensile immediatamente precedente l'inizio del congedo parentale.

Il congedo parentale è coperto da contribuzione figurativa fino al dodicesimo anno di età del bambino (o dall'ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento), e l'indennità viene calcolata su base giornaliera anche se usufruita su base oraria.

La richiesta di congedo parentale deve essere presentata con un preavviso minimo di 5 giorni (2 giorni nel caso di fruizione oraria), ma molti contratti collettivi hanno esteso questo termine fino a 15 giorni per agevolare le esigenze organizzative dei datori di lavoro.

Nei casi in cui i periodi di astensione siano inframmezzati da ferie, malattia o assenze ad altro titolo, i giorni festivi, le domeniche e i sabati (nel caso della settimana corta) non sono in alcun caso computabili né indennizzabili come congedo parentale (Mess. INPS, 18 ottobre 2011, n. 19772).

In caso di mancanza di previsione della contrattazione collettiva dei criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria.

Il criterio generale legale quando manca la contrattazione collettiva prevede che la fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale (ad esempio, un lavoratore con orario medio giornaliero pari a 8 ore può godere del congedo parentale fino ad un massimo di 4 ore al giorno).

Quando, invece, le modalità di fruizione sono regolate dalla contrattazione collettiva, la fruizione dell'astensione facoltativa può avvenire su base oraria nei limiti del monte ore a cui è equiparata la singola giornata lavorativa (Circ. INPS, 29 dicembre 2016, n. 230).

L'INPS con la Circolare 18 agosto 2015 n. 152 ha chiarito le modalità di fruizione oraria del congedo parentale.

Se la fruizione del congedo è su base oraria, le domeniche (ed eventualmente i sabati, in caso di settimana corta), non sono considerate né ai fini del computo né ai fini dell'indennizzo.

Le modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva, anche di secondo livello (interpello Min. Lavoro 22 luglio 2013 n. 25).

È escluso il cumulo con altri permessi o riposi disciplinati dal d.lgs. 151/2001 (messaggio INPS 3novembre 2015 n. 6704).

Per quanto riguarda le modalità di computo, l'INPS nella medesima circolare ha stabilito che, stante la complessità della normativa, in una prima fase iniziale il computo e l'indennizzo del congedo parentale avvengono su base giornaliera anche se la fruizione è effettuata in modalità oraria.

Il genitore è tenuto ad avvisare il proprio datore, salvo casi di oggettiva impossibilità, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni (due, se congedo su base oraria) indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo.

Con Mess. INPS 3 novembre 2015 n. 6704 sono state fornite alcune precisazioni circa l'incumulabilità del congedo parentale ad ore con altri permessi o riposi disciplinati dal T.U. maternità/paternità.

Il genitore lavoratore dipendente che si astiene dal lavoro per congedo parentale ad ore (ex art. 32 T.U.) non può usufruire nella medesima giornata né di congedo parentale ad ore per altro figlio, né dei riposi orari per allattamento (ex artt. 39 e 40 T.U.) anche se richiesti per bambini differenti.

Allo stesso modo il congedo parentale ex art. 32 T.U. fruito in modalità oraria, non è cumulabile con i riposi orari giornalieri di cui al combinato disposto degli artt. 33, comma 2, e 42, comma 1, T.U., previsti per i figli disabili gravi in alternativa al prolungamento del congedo parentale (art. 33, comma 1, T.U.), anche se richiesti per bambini differenti.

Risulta invece compatibile la fruizione del congedo su base oraria con permessi o riposi disciplinati da disposizioni normative diverse dal T.U. maternità/paternità, quali ad esempio i permessi di cui all'art. 33, commi 3 e 6, l. 5 febbraio 1992, n.104, quando fruiti in modalità oraria (rettifica della circ. n. 152/2015, che al par. 2.1 ultimo capoverso, fa riferimento ai “permessi di cui all'artt. 33 commi 2 e 3 l. 5 febbraio 1992 n. 104: in luogo di “commi 2 e 3” leggasi “commi 3 e 6”).

Anche per il 2017-2018 è confermata la possibilità per la madre lavoratrice (pubblica, privata o iscritta alla gestione separata) di richiedere, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale anche per più figli, sempre che si trovi al momento di presentazione della domanda ancora negli 11 mesi successivi alla conclusione del periodo di congedo obbligatorio di maternità, e non abbia fruito ancora di tutto il periodo di congedo parentale, voucher per l'acquisto di servizi di babysitting, ovvero un contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati (Circ. INPS, 28 marzo 2013, n. 48; Circ. INPS, 16 dicembre 2014, n. 169; art. 1, comma 357, l. n. 232/2016; d.m. 1 settembre 2016; Circ. INPS, 12 dicembre 2016, n. 216).

Non sono ammesse al beneficio le lavoratrici autonome iscritte ad altra gestione, le lavoratrici esentate totalmente dal pagamento della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati convenzionati, le lavoratrici che usufruiscono dei benefici di cui al Fondo per le Politiche relative ai diritti ed alle pari opportunità istituito con l'art.19, comma 3, d.l. 4 giugno 2006, n. 223, convertito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248.

L'importo del contributo è di 600,00 euro mensili ed è erogato per un periodo massimo di sei mesi (tre mesi per le lavoratrici iscritte alla gestione separata), divisibile solo per frazioni mensili intere, in alternativa alla fruizione del congedo parentale, comportando conseguentemente la rinuncia dello stesso da parte della lavoratrice.

Le lavoratrici part-time potranno fruire del contributo in misura riproporzionata in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa, come da tabella allegata alle «Istruzioni per l'assegnazione dei contributi per l'acquisto dei servizi per l'infanzia».

Il contributo per la fruizione della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati (ed indicati sul sito inps) viene erogato attraverso pagamento diretto alla struttura scolastica prescelta dalla madre, dietro esibizione, da parte della struttura stessa, della documentazione attestante l'effettiva fruizione del servizio, e fino a concorrenza dell'importo di 600 euro mensili, per ogni mese di congedo parentale non fruito dalla lavoratrice.

Il contributo concesso per il pagamento dei servizi di baby sitting viene erogato attraverso il sistema di buoni lavoro (voucher cartacei) ex art. 72 d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276 e successive modifiche ed integrazioni.

L'Istituto provvede ad avvisare il datore di lavoro della lavoratrice della proporzionale riduzione del periodo di congedo parentale conseguente alla concessione del beneficio.

Con il d.l. 17 marzo 2017, n. 25 è stata disposta l'abrogazione delle disposizioni in materia di lavoro accessorio, con conseguente possibilità di utilizzare i voucher per prestazioni di lavoro accessorio fino al 31 dicembre 2017.

Di conseguenza, l'art. 54-bis, d.l. 24 aprile 2017, n. 50 ha previsto che il contributo di cui all'art. 4, comma 24, lett. b), legge 28 giugno 2012, n. 92, per l'acquisto di servizi di baby-sitting, è erogato mediante la modalità del Libretto Famiglia.

Pertanto da gennaio 2018 il voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting è rinominato “contributo per l'acquisto di servizi di baby-sitting” e viene erogato secondo le modalità previste per il Libretto Famiglia.

Si precisa, al riguardo, che i voucher già acquisiti telematicamente entro il 31 dicembre 2017 continueranno ad avere validità fino al 31 dicembre 2018. Per questo sarà possibile inserire prestazioni lavorative che terminino, al massimo, il 31 dicembre 2018. Le relative consuntivazioni potranno essere inserite in procedura entro il 16 gennaio 2019.

Entro il termine del 31 dicembre 2018, inoltre, sarà possibile restituire in tutto o in parte i voucher non utilizzati, con il conseguente reintegro del corrispondente congedo parentale. I voucher non utilizzati e per i quali non è stato richiesto il rimborso perderanno invece validità.

Durata del congedo parentale

Richiesta con la presenza di entrambi i genitori

- 6 mesi (continuativi o frazionati) se la fruizione è solo da parte della madre, con decorrenza dal termine dell'astensione obbligatoria;

- 7 mesi se la fruizione è solo da parte del padre, con decorrenza dalla nascita del figlio (quindi fruibili già durante il periodo di astensione obbligatoria della madre);

- fruizione da parte di tutti e due i genitori: 11 mesi in totale, rispettando tuttavia i limiti massimi stabiliti per ciascun genitore (es: 6 mesi madre e 5 padre, ovvero 3 mesi madre e 8 padre).

Genitore solo (mancato riconoscimento da parte del padre, affido esclusivo ad uno solo dei genitori, morte di uno dei genitori, grave infermità di un genitore)

- 10 mesi, fruibili anche frazionati. L'elevazione a 10 mesi avviene anche quando il genitore abbia già fruito dei congedi spettantigli (6 mesi madre e 7 padre) e la qualifica di genitore solo avvenga successivamente, ovviamente con il computo dei periodi già fruiti. Il genitore solo che vuole usufruire di detta elevazione deve allegare alla domanda specifica certificazione medica rilasciata da struttura pubblica e comprovante la grave infermità dell'altro.

Genitore solo che cessa di esserlo

- 10 mesi

- 11 mesi se il padre si astiene dal lavoro per almeno 3 mesi

Il genitore che è titolare di due distinti rapporti di lavoro part-time può, a sua discrezione, usufruire del congedo parentale per uno dei due lavori e continuare l'attività lavorativa per l'altro lavoro.

In ogni caso i periodi di astensione, seppur limitati ad una parte della giornata, si computano come per un intero giorno.

Diversamente nel caso in cui sia prevista un'indennità, essa dovrà essere parametrata alle ore effettivamente non lavorate.

In caso di richiesta di congedo straordinario per gravi motivi vi è sospensione dell'astensione facoltativa (Mess. INPS, 20 settembre 2007, n. 22911).

Ciascun genitore ha diritto a fruire per ogni nato del numero di mesi di congedo parentale previsti (Mess. INPS, 27 giugno 2001, n. 569; Circ. INPS, 17 gennaio 2003, n. 8).

Prolungamento del congedo e cumulabilità con riposi e permessi

L'art. 33 d.lgs. n. 151/2001 prevede la possibilità da parte dei genitori di prolungare il congedo fino ai tre anni (con decorrenza al termine del periodo corrispondente alla durata massima del congedo parentale ordinario) nell'ipotesi in cui il minore sia portatore di handicap di gravità accertata secondo quanto previsto dalla l. n. 104/1992 con esclusione dei casi di ricovero a tempo pieno del figlio, e ciò sino al compimento del dodicesimo anno del figlio, anche in caso di adozione ed affidamento (modifica del d.lgs. n. 80/2015; Mess. INPS, 16 luglio 2015, n. 4805).

Tale prolungamento è alternativo ai riposi di cui all'art. 42, comma 1, d.lgs. n. 151/2001.

A norma dello stesso art. 42 è prevista inoltre la cumulabilità dei riposi e dei permessi ivi contenuti con il congedo parentale ordinario.

Permessi per visite mediche

Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l'effettuazione di esami prenatali, o per accertamenti clinici e visite mediche specialistiche, se devono essere eseguiti durante l'orario di lavoro.

Riposi giornalieri

La lavoratrice madre ha diritto, previa richiesta diretta al proprio datore di lavoro, a periodi di riposo giornalieri retribuiti (c.d. permessi per allattamento), con la possibilità di uscire dall'azienda, sino al compimento del primo anno del bambino. Le ore di permesso sono considerate lavorative a tutti gli effetti (Circ. INPS, 6 giugno 2000, n. 109) e cumulabili con gli altri permessi previsti.

Rapporto fra riposi ed orario di lavoro

Orario di lavoro contrattuale pari o superiore alle sei ore

Due riposi al giorno di un'ora ciascuno anche cumulabili

Orario di lavoro contrattuale inferiore alle sei ore

Un solo riposo di un'ora. Per la lavoratrice madre a tempo parziale c.d. orizzontale, tenuta ad effettuare solo un'ora di lavoro giornaliera la fruizione del permesso determinerà la totale astensione dall'attività lavorativa

Presenza di asilo nido aziendale

Mezz'ora di permesso

Il diritto ai riposi giornalieri è riconosciuto anche al padre, previa domanda all'INPS:

- qualora il figlio sia affidato a lui soltanto;

- in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga (per scelta o perché lavoratrice domestica e a domicilio, cui non competono);

- per il primo figlio durante la fruizione, da parte della madre, del congedo di maternità e/o parentale per il secondo nato (Mess. INPS, 19 maggio 2006, n. 14724);

- qualora la madre non sia lavoratrice dipendente;

- in caso di morte o di grave infermità della madre;

- madre casalinga, a partire dal giorno successivo ai 3 mesi dopo il parto (termine periodo di astensione obbligatoria per maternità) (Risp. Inter. Min. Lav., 3 settembre 2007, n. 23; Lett. Circ. Min. Lav., 12 maggio 2009, n. 8494; Circ. INPS, 15 ottobre 2009, n. 112; Lett. Circ. Min. Lav. 16 novembre 2009, n. 19605; Circ. INPS, 25 novembre 2009, n. 118);

- madre lavoratrice autonoma, al termine dell'astensione obbligatoria, sempre che la madre non abbia chiesto di fruire dell'astensione facoltativa (Circ. INPS, 17 gennaio 2003, n. 8).

Non compete al padre il riposo giornaliero nel caso di madre che non se ne avvalga perché in astensione obbligatoria o facoltativa, oppure perché assente per una causa che determini una sospensione del rapporto di lavoro (es. aspettative o permessi non retribuiti).

Permessi per malattia del figlio

Entrambi i genitori in alternativa tra loro possono assentarsi dal lavoro per le malattie dei propri figli, per tutta la durata della malattia fino al compimento del terzo anno di età del bambino malato, ovvero tra i 3 e gli 8 anni nel limite di 5 giorni lavorativi all'anno per ciascun genitore. Tale diritto pertanto decorre dal giorno successivo al compimento del terzo anno di età e fino agli otto anni, compreso il giorno del compimento dell'ottavo anno di età (Risp. Inter. Min. Lav., 19 agosto 2008, n. 33).

Permessi legge n. 104/1992

I genitori, anche adottivi ed affidatari, nonché i parenti ed affini sino al secondo grado della persona con disabilità possono beneficiare di permessi retribuiti.

Normalmente i permessi possono essere accordati ad un unico lavoratore per assistere lo stesso disabile (referente unico), cioè colui che beneficia dei permessi mensili per tutti i mesi di assistenza alla persona con handicap grave.

I genitori di persona disabile, invece, possono fruire alternativamente dei permessi per l'assistenza dello stesso figlio con handicap in situazioni di gravità (Risp. Inter. Min. Lav., 17 giugno 2011, n. 24).

Il diritto ai permessi retribuiti è concesso anche se nell'ambito del nucleo familiare del disabile si trovano conviventi familiari non lavoratori idonei a prestare assistenza e sono presenti anche altre forme di assistenza pubblica o privata.

L'art. 33, comma 7, l. n. 104/1992 individua tra i possibili beneficiari di permessi retribuiti «gli affidatari di persone disabili in situazione di gravità». Tale definizione va riferita ai soli genitori affidatari, con esclusione dei tutori o amministratori di sostegno di persone con handicap in situazione di gravità, prive di genitori o parenti prossimi (Risp. Inter. Min. Lav., 15 maggio 2009, n. 41).

Normalmente non spettano tali permessi nei casi di disabili ricoverati in apposite strutture a tempo pieno, tuttavia ai genitori di persone disabili è permesso usufruirne se i sanitari certificano il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare, se il disabile è in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine o se il disabile si deve recare al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite specialistiche e terapie certificate. Tale ipotesi, infatti, interrompe il tempo pieno del ricovero e determina l'affidamento del disabile all'assistenza del familiare (Risp. Inter. Min. Lav., 20 febbraio 2009, n. 13).

Il lavoratore ha diritto al permesso retribuito quando l'assistenza è caratterizzata dalla sistematicità e dall'adeguatezza rispetto alle concrete esigenze del disabile grave; non è necessario che essa sia quotidiana.

Godimento dei permessi ex l. n. 104/1992

Fino a tre anni di età del disabile

- 2 ore di permesso giornaliero per il padre o la madre

Dai tre agli otto anni

- 3 giorni mensili, anche continuativi per il padre o la madre, frazionabili in permessi orari

In alternativa

il padre o la madre possono scegliere di prolungare l'astensione facoltativa per maternità per un periodo massimo (comprensivo dei periodi di normale astensione facoltativa) di 3 anni, da godere entro il compimento dell'ottavo anno di vita del bambino (art. 33, comma 1, d.lgs. n. 151/2001)

Dopo l'ottavo anno

3 giorni mensili anche continuativi per il padre o la madre, frazionabili in permessi orari.

Per averne diritto non è richiesta l'assistenza continuativa ed esclusiva da parte del genitore che ne fruisce.

Il coniuge ha diritto a 3 giorni di assistenza del disabile anche continuativi, così come i parenti ed affini entro il secondo grado.

É ammessa la fruizione del permesso a parenti ed affini entro il terzo grado se il genitore o il coniuge del disabile ha compiuto 65 anni, oppure se è anch'egli affetto da patologie invalidanti a carattere permanente ovvero se è assente per assenza naturale, giuridica (es. celibato) o per situazioni di assenza continuative, giuridicamente assimilabili alle precedenti e certificate dall'autorità giudiziaria o dalla pubblica autorità.

I familiari aventi diritto ai permessi mensili possono scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non possono essere trasferiti senza il loro consenso ad altra sede.

Casi particolari

Uno stesso lavoratore ha diritto ad assistere più persone disabili, e dunque di cumulare i relativi permessi, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado (o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge del disabile abbiano compiuto 65 anni, oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti). Lo stesso principio si applica se è lo stesso lavoratore a usufruire di permessi in quanto egli stesso disabile (art. 6 d.lgs. n. 119/2011).

Il cumulo è consentito quando la presenza del lavoratore è disgiuntamente necessaria per l'assistenza di ciascun disabile; è pertanto escluso quando altre persone possono fornire l'assistenza o quando lo stesso lavoratore può, per la natura della disabilità, sopperire congiuntamente alle necessità assistenziali nel corso dello stesso periodo. L'assistenza si considera "disgiunta" quando la prestazione nei confronti di due o più soggetti disabili può essere assicurata solo con modalità ed in tempi diversi, richiedendosi che l'assistenza sia contemporaneamente esclusiva e continua per ciascuno degli assistiti.

Lo stesso genitore può avvalersi sia dei permessi orari per un figlio disabile di età inferiore a 3 anni che dei permessi per allattamento per un altro figlio. Non è invece possibile, in via generale, cumulare i due tipi di permessi se riferiti al medesimo figlio disabile.

Tale criterio trova applicazione anche nel caso di lavoratore disabile che fruisce per se stesso dei permessi orari ed è genitore di un bambino per il quale spettano i permessi per allattamento (Mess. INPS, 9 maggio 2007, n. 11784).

I riposi giornalieri ed i permessi mensili sono cumulabili con il congedo parentale (astensione facoltativa) e con quello per la malattia del figlio.

Lo stesso genitore non può godere nella stessa giornata dell'astensione facoltativa e dei permessi, mentre è possibile che un genitore fruisca dell'astensione facoltativa e, contemporaneamente, l'altro utilizzi i permessi.

Se il richiedente nel corso del mese ha legittimamente beneficiato di altre tipologie di permessi o congedi (es. permesso sindacale, maternità, malattia, ecc.) non è possibile che i permessi per assistere i disabili vengano riproporzionati. L'intento di garantire al disabile un'assistenza adeguata non può subire, infatti, una menomazione a causa della fruizione di istituti aventi funzione, natura e caratteri diversi (Risp. Inter. Min. Lav. 28 agosto 2006 prot. n. 25/I/0003003; Circ. INPS 29 aprile 2008 n. 53).

Il testo dell'art. 33, comma 3, l. n. 104/1992 prevede il diritto ad usufruire di 3 giorni di permesso mensili retribuiti, in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il secondo grado – con possibilità di estensione fino al terzo grado – riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, l. n. 104/1992.

Alla luce di quanto disposto dalla legge n. 76/2016 e dalla sentenza della Corte cost. n. 213/2016, i permessi in argomento possono essere fruiti anche:

- dalla parte di un unione civile che presti assistenza all'altra parte;

- dal convivente di fatto di cui ai commi 36 e 37, dell'art. 1, legge 20 maggio 2016, n. 76, che presti assistenza all'altro convivente.

In particolare, fermo restando il principio del referente unico (già citato in precedenza) il diritto ad usufruire dei permessi per assistere il disabile in situazione di gravità può essere concesso, in alternativa, al coniuge, alla parte dell'unione civile, al convivente di fatto, al parente o all' affine entro il secondo grado. Inoltre, è possibile concedere il beneficio a perenti o affini di terzo grado qualora i genitori o il coniuge/la parte dell'unione civile/il convivente di fatto della persona con disabilità in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Tra una parte dell'unione civile e i parenti dell'altro non si costituisce un rapporto di affinità, dal momento che l'art. 78 c.c. non viene espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016: la parte di un unione civile può usufruire dei permessi ex lege n. 104/1992 unicamente nel caso in cui presti assistenza all'altra parte dell'unione e non nel caso in cui l'assistenza sia rivolta ad un parente dell'unito, non essendo riconoscibile in questo caso rapporto di affinità.

Per la qualificazione di “convivente” dovrà farsi riferimento alla “convivenza di fatto” come individuata dal commi 36, dell'art. 1, l. n. 76/2016 in base al quale «per convivenza di fatto si intendono due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da unione civile» e accertata ai sensi del successivo comma 37, il quale prevede che, ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al comma 36, per l'accertamento della stabile convivenza deve farsi riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all'artt. 4 e 13, comma 1, let. b) d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.

Per quanto riguarda la qualificazione di “parte dell'unione civile”, ai sensi dell'art. 1, comma 3, l. 76/2016, dovrà farsi riferimento agli atti di unione civile registrati nell'archivio dello stato civile.

È opportuno sottolineare, infine, che, ai sensi di legge, mentre l'unione civile può essere costituita solo tra persone dello stesso sesso, la convivenza di fatto può essere costituita sia da persone dello stesso sesso che da persone di sesso diverso (Circ. INPS, 27 febbraio 2017, n. 38)

Congedo straordinario

I lavoratori dipendenti familiari di persona gravemente disabile hanno diritto di avvalersi di un congedo straordinario di una durata massima complessiva di 2 anni nell'arco dell'intera vita lavorativa del richiedente (art. 42, comma 5-bis, d.lgs. n. 151/2001). Tale limite costituisce anche quello complessivo fruibile, tra tutti gli aventi diritto, per ogni persona disabile. Il periodo di congedo rientra e concorre al raggiungimento del limite massimo globale spettante a ciascun lavoratore (2 anni di permesso anche non retribuito), per gravi e documentati motivi familiari. Il congedo è frazionabile anche a giorni.

Spetta gradatamente ai seguenti soggetti:

  1. coniuge, in caso di convivenza (escluso il convivente “more uxorio”, Risp. Interpello Min. Lav., 15 settembre 2014, n. 23).
  2. genitori (anche affidatari o adottivi): spetta alternativamente o esclusivamente (uno dei due non ne ha diritto) per:

- mancanza, decesso, presenza di patologie invalidanti del coniuge;

- figli minorenni (il congedo spetta sempre anche in assenza di convivenza);

- figli maggiorenni (in assenza di convivenza è necessaria l'assistenza continuativa ed esclusiva del disabile);

  1. figlio, fratelli e sorelle, parenti od affini sino al terzo grado, se:

- c'è convivenza (intesa come medesima residenza – dimora abituale);

- in caso di mancanza, decesso, presenza di patologie invalidanti dei genitori/figli/fratelli o sorelle.

Il congedo straordinario può essere concesso ad un genitore nello stesso periodo in cui l'altro genitore fruisce del congedo di maternità o dell'astensione facoltativa per il medesimo figlio. Non è ammesso il cumulo dell'astensione facoltativa con il congedo straordinario (Circ. INPS 10 luglio 2001 n. 138).

Solo una persona (il c.d. referente unico) può godere del congedo straordinario, tuttavia vi è una deroga a favore dei genitori, i quali possono fruire di entrambe le tipologie di benefici per lo stesso figlio anche alternativamente, fermo restando che nel giorno in cui un genitore beneficia dei permessi, l'altro non può utilizzare il congedo straordinario.

Il congedo non spetta se la persona da assistere è ricoverata a tempo pieno presso istituti specializzati, a meno che i sanitari non ne attestino la necessaria presenza o se il disabile si trova in stato vegetativo e/o con prognosi infausta a breve termine, ovvero quanto la persona disabile deve recarsi all'esterno dell'istituto per cure speciali.

Il congedo non è incompatibile con l'eventuale attività lavorativa svolta dal disabile (Risp. Inter. Min. Lav., 6 luglio 2010, n. 30; Mess. INPS, 30 dicembre 2011, n. 24705).

I soggetti che usufruiscono del congedo straordinario per un periodo continuativo non superiore a 6 mesi, hanno diritto a permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo.

L'art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151/2001 stabilisce la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, l. n. 104/1992, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e affini di terzo grado.

Alla luce di quanto disposto dalla l. n. 76/2016, il congedo in argomento può essere fruito dalla parte di un unione civile che assiste l'altra parte dell'unione.

Al riguardo si evidenzia che l'unito civilmente è incluso, in via alternativa e al pari del coniuge, tra i soggetti individuati prioritariamente dal legislatore ai fini della concessione del beneficio in parola. Non creandosi vincolo di affinità con i parenti dell'altra parte dell'unione civile, il congedo può essere chiesto solo per assistere l'altra parte dell'unione civile non suoi parenti.

Ne deriva che è possibile usufruire del congedo in esame secondo il seguente ordine di priorità:

1. il “coniuge convivente”/la “parte dell'unione civile convivente” della persona disabile in situazione di gravità;

2. il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del “coniuge convivente”/della “parte dell'unione civile convivente”;

3. uno dei “figli conviventi” della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell'unione civile convivente” ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;

4. uno dei “fratelli o sorelle conviventi” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell'unione civile convivente”, “entrambi i genitori” ed i “figli conviventi” del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;

5. un “parente o affine entro il terzo grado convivente” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell'unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

Ai fini della valutazione della spettanza del diritto al congedo in commento,valgono le stesse considerazioni in merito ai requisiti per i permessi ex lege n. 104/1992 in merito alla qualificazione di parte dell'unione civile (Circ. INPS, 27 febbraio 2017, n. 38)

Casistica

Indennità maternità

Indennità maternità libere professioniste in caso di adozione nazionale

Va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 72 d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, nella versione antecedente alle novità introdotte dall'art. 20 d.lgs. 15 giugno 2015, n. 80, nella parte in cui, per il caso di adozione nazionale, prevede che l'indennità di maternità spetti alla madre libera professionista solo se il bambino non abbia superato i sei anni di età. Nel negare l'indennità di maternità soltanto alle madri libere professioniste che adottino un minore di nazionalità italiana, quando il minore abbia già compiuto i sei anni di età, la disciplina si pone in insanabile contrasto con il principio di eguaglianza e con il principio di tutela della maternità e dell'infanzia, declinato anche come tutela della donna lavoratrice e del bambino (Corte cost., 22 ottobre 2015, n. 205).

Congedo parentale

Congedo parentale e ferie

La clausola 2, punto 6, dell'accordo quadro sui congedi parentali, allegato alla direttiva 96/34/CE, osta a una disposizione nazionale a norma della quale i lavoratori che si avvalgono del loro diritto al congedo parentale di due anni perdono, al termine di tale congedo, i diritti alle ferie annuali retribuite maturati nell'anno precedente alla nascita del loro figlio (Corte Giustizia UE, 22 aprile 2010, C-486/08)

Congedo parentale a tempo parziale e risoluzione rapporto lavoro

La clausola 2, nn. 6 e 7, dell'accordo quadro sul congedo parentale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES, concluso il 14 dicembre 1995, allegato alla direttiva del Consiglio 3 giugno 1996, 96/34/CE, va interpretata nel senso che essa osta a che - in caso di risoluzione unilaterale da parte del datore di lavoro senza un motivo grave o in violazione del termine legale di preavviso del contratto di lavoro di un lavoratore assunto a tempo indeterminato e in regime di tempo pieno durante un periodo in cui quest'ultimo fruisce di un congedo parentale a tempo parziale - l'indennità dovuta al lavoratore sia calcolata sulla base della retribuzione ridotta che questi percepisce quando si verifica il licenziamento (Corte Giustizia UE, 22 novembre 2009, C-116/08)

Congedo parentale e parto gemellare

La lavoratrice o il lavoratore che, a seguito di parto gemellare, abbiano goduto per ciascun figlio dell'intero periodo di congedo parentale ai sensi dell'art. 32, d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151, hanno diritto, per l'intero periodo di fruizione, al trattamento economico previsto dall'art. 34, d.lgs. n. 151/2001 (Trib. Varese 30 marzo 2010)

Congedo parentale e parto plurimo in ambito scuola

Il CCNL del 24 luglio 2003 del Comparto Scuola (art. 12, comma 4, confluito invariato nel CCNL 29 novembre 2007) prevede, con riferimento al trattamento economico, una disciplina più favorevole, che attribuisce al lavoratore il diritto all'intero trattamento retributivo per i primi trenta giorni di astensione dal lavoro. La disposizione in questione, nel fare riferimento all'art. 32, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 151/2001 deve intendersi come già contemplante l'ipotesi (prevista e disciplinata da detta norma) di parto plurimo, senza però consentire la moltiplicazione del periodo di astensione retribuito per intero: ove la norma contrattuale avesse voluto disporre una moltiplicazione o comunque un aumento della parte del periodo di congedo retribuito per intero in relazione al numero dei figli non avrebbe mancato di specificare tale diritto del lavoratore (Trib. Modena 8 gennaio 2008)

Rifiuto da parte del datore di lavoro a far godere il congedo parentale in modo frazionato

Legittimamente l'azienda può rifiutare la richiesta di godimento frazionato del congedo parentale allorché il godimento di tale diritto venga richiesto in modo tale da recare nocumento alla regolarità dell'attività aziendale, soprattutto ove l'azienda fornisca un servizio di interesse pubblico. Non costituisce pregiudizio grave e irreparabile il non poter godere dei congedi parentali nella giornata di domenica anziché in un'altra giornata della settimana (Trib. Trieste 13 luglio 2007).

Permessi l. n. 104/1992

Diritto ai permessi l. n. 104/1992 anche in presenza di altra persona addetta all'assistenza

La presenza in famiglia di altra persona che sia tenuta o che possa provvedere all'assistenza del parente (nella fattispecie una colf) non esclude di per sé il diritto ai tre permessi mensili retribuiti (Cass. civ., sent. 22 dicembre 2014 n. 27232, conf. Cass. 20 luglio 2004 n. 13481)

Diritto ai permessi l. n. 104/1992 in caso di gemelli

In caso di figli gemelli entrambi con grave disabilità, le ore di permesso spettanti raddoppiano (Cass. 25 febbraio 2010 n. 4623)

Diritto ai permessi l. n. 104/1992 anche per il coniuge di genitore non lavoratore

Il diritto ai permessi è riconosciuto anche al genitore lavoratore coniugato con un non lavoratore in grado di assistere il figlio. (Cass. civ., sent., 27 settembre 2012, n. 16460, conf. Cass. 16 maggio 2003 n. 7701)

Diritto di scelta sede di lavoro in caso di assistenza di persone conviventi con handicap

Il diritto del genitore o del familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato con lui convivente, di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio deve essere inteso nel senso della possibilità di suo esercizio tanto al momento dell'assunzione, quanto in costanza di rapporto, [...] sul presupposto dell'esistenza e della vacanza del posto (Cass., sez. lav., sent., 3 agosto 2015, n. 16298)

Congedo straordinario

Diritto al congedo straordinario per il coniuge convivente

È costituzionalmente illegittimo l'art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151/2001 nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente con "soggetto con handicap di gravità", il diritto a fruire del congedo ivi indicato (Corte cost., 8 maggio 2007, n. 158)

Diritto al congedo per i fratelli o sorelle conviventi

La Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 nella parte in cui non prevede il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto con handicap in situazione di gravità a fruire del congedo ivi indicato, nell'ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati a provvedere all'assistenza del figlio handicappato perché totalmente inabili (Corte cost., 16 giugno 2005, n. 233)

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