Il provvedimento di autorizzazione delle intercettazioni. Quando è permessa la motivazione per relationem?
03 Maggio 2017
É ammessa la motivazione per relationem del provvedimento di autorizzazione delle operazioni di intercettazione?
In applicazione dell'orientamento espresso dalle Sezioni unite della Suprema Corte (Cass. pen., Sez. unite, 21 giugno 2000, n. 17) sulla motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale, anche il decreto autorizzativo motivato per relationem si ritiene valido ed efficace quando:
Si ritiene configurabile un'implicita adesione al provvedimento del pubblico ministero ed alle note di polizia, nel caso in cui i decreti, sia di convalida sia di proroga, richiamino i predetti atti, ritenendosi così assolto l'onere motivazionale gravante sul giudice per le indagini preliminari (Cass. pen., Sez. I, 10 febbraio 2010, n. 9764). Si registra in questo campo la tendenza a limitare l'applicazione della sanzione di inutilizzabilità, ritenendo che il richiamo implichi condivisione e dia ugualmente atto del percorso logico-valutativo seguito dal giudice per le indagini preliminari. È stata, infatti, ritenuta legittima la motivazione per relationem del decreto del giudice autorizzativo dell'intercettazione di comunicazioni e conversazioni anche in caso di rinvio ad una richiesta del P.M. di per sé priva dei requisiti richiesti per legge per la sua validità. Le Sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione hanno infatti ritenuto « legittima la motivazione per relationem del decreto del giudice autorizzativo dell'intercettazione di comunicazioni e conversazioni anche quando la richiesta del pubblico ministero alla quale esso rinvia sia allegata soltanto parzialmente o in veste difforme da quella prescritta per la sua validità (nella specie, in copia priva della sottoscrizione), giacché la sua fisica allegazione ne determina l'integrazione materiale nel provvedimento autorizzativo, con la conseguenza che gli argomenti dell'atto richiamato e allegato diventano rilevanti indipendentemente dalla loro provenienza (la quale in ogni caso, una volta attestata dal giudice, non può essere messa in discussione) » (Cass. pen., Sez. unite, 26 novembre 2003, n. 919).
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