La disponibilità del braccialetto elettronico non può condizionare la concessione degli arresti domiciliari

Redazione Scientifica
02 Settembre 2015

La sostituzione della custodia cautelare carceraria con la misura degli arresti domiciliari non può dipendere dall'effettiva disponibilità e funzionalità del c.d. braccialetto elettronico. Il principio è stato espresso dai giudici di legittimità della quarta sezione penale con la sentenza n. 35571 depositata il 25 agosto 2015.

La sostituzione della custodia cautelare carceraria con la misura degli arresti domiciliari non può dipendere dall'effettiva disponibilità e funzionalità del c.d. braccialetto elettronico.

Il principio è stato espresso dai giudici di legittimità della quarta sezione penale con la sentenza n. 35571 depositata il 25 agosto 2015.

A seguito del rifiuto del Gip di Catania alla richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare carceraria, presentata dall'indagato per i reati di cui all'art. 73 e 74 d.P.R. 309/1990, questi ne impugnava la relativa ordinanza davanti al tribunale di Catania, in funzione di giudice dell'impugnazione cautelare, il quale accoglieva quanto richiesto disponendo la misura degli arresti domiciliari, in luogo a quella in atto della custodia carceraria, ma subordinandola all'applicazione del dispositivo di controllo elettronico e disponendo il mantenimento nella struttura carceraria fino all'avvenuta positiva verifica delle condizioni per l'installazione.

Avverso l'ordinanza del tribunale di Catania veniva proposto ricorso in Cassazione sulla base di tre motivi:

  • l'aver omesso il tribunale di verificare l'eventuale insussistenza delle esigenze cautelari;
  • il non aver tenuto conto delle modifiche intervenute, nelle more del giudizio di cassazione, con la l. 47/2015;
  • l'aver posto come condizione di accesso agli arresti domiciliari la previa verifica della disponibilità e applicabilità del c.d. braccialetto elettronico.

I giudici di legittimità ritengono meritevole di accoglimento esclusivamente l'ultimo motivo addotto nel ricorso.

Con l'introduzione dell'art. 275-bis c.p.p. è stata introdotta una nuova modalità di esecuzione degli arresti domiciliari e non una nuova misura cautelare. Il c.d. braccialetto elettronico costituisce niente più che una cautela che il giudice può decidere di adottare ai soli fini del giudizio sull'effettiva capacità del soggetto di autolimitare la propria libertà di movimento e non ai fini dell'adeguatezza della misura cautelare più lieve.

Nel momento in cui il giudice dispone che il soggetto debba indossare il dispositivo elettronico deve quindi aver già valutato la misura degli arresti domiciliari come idonea a fronteggiare le esigenze cautelari del caso specifico. Pertanto, l'eventuale indisponibilità o malfunzionamento del dispositivo elettronico non può esser causa della non applicazione o dell'applicazione posticipata della misura degli arresti domiciliari, la cui esecuzione deve disporsi immediatamente, così come è stato anche deciso dalla Cassazione nel caso di specie.

Al riguardo, Cass. Sez. II, 19.6.2015, n. 28115, confermando, invece, la custodia cautelare in carcere ha affermato che «qualora il giudice reputi che il c.d. “braccialetto elettronico” sia una modalità di esecuzione degli arresti domiciliari necessaria ai fini della concedibilità della misura e, tuttavia, tale misura non possa essere concessa per la concreta mancanza di tale strumento di controllo da parte della PG o dell'Amministrazione penitenziaria, non sussiste alcun vulnus ai principi di cui agli artt. 3 e 13 della Costituzione, né alcuna violazione dei diritti della difesa, perché l'impossibilità della concessione degli arresti domiciliari senza controllo elettronico a distanza dipende pur sempre dall'intensità delle esigenze cautelari e pertanto è ascrivibile alla persona dell'indagato».

I primi due motivi sono invece ritenuti infondati.

Anzitutto non possono essere considerati come elementi idonei ad escludere la sussistenza delle esigenze cautelari quelli esposti nel ricorso quali il tempo trascorso dall'esecuzione della misura, il ruolo secondario svolto, l'assenza di specifici precedenti e di pendenze giudiziarie, nonché il mutato assetto di vita e l'allontanamento dalla consorteria criminale.

In merito all'applicabilità della novella legislativa i giudici della quarta sezione ribadiscono quanto già affermato dalle Sezioni unite con la sentenza 27919 del 2011: in assenza di una disposizione transitoria, vige il principio tempus regit actum. Pertanto non possono trovare applicazione le disposizioni introdotte dalla l. 47/2015 in materia di misure cautelari che abbiano rilevanza con riferimento alla fase genetica della misura, salvo però, si puntualizza nella sentenza, dover valutare le conseguenze delle nuove norme sulla verifica della permanenza delle condizioni legittimanti.

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