Scritti anonimi e loro utilizzabilità come corpo del reato.

03 Agosto 2015

La lettera anonima recante minacce può essere acquisita in procedimento diverso da quello in cui si accerta il reato di minaccia, quale prova della condotta illecita che ai sensi dell'art. 111, comma 5, Cost. consente di derogare all'obbligo di formazione della prova in contraddittorio? La risposta che si ritiene di poter dare al quesito è negativa.

La lettera anonima recante minacce può essere acquisita in procedimento diverso da quello in cui si accerta il reato di minaccia, quale prova della condotta illecita che ai sensi dell'art. 111, comma 5, Cost. consente di derogare all'obbligo di formazione della prova in contraddittorio?

La risposta che si ritiene di poter dare al quesito è negativa.

Sebbene la lettera recante frasi minacciose costituisca corpo del reato di minaccia e in quanto tale sfugga al divieto di utilizzabilità comminato dalla prima parte dell'art. 240 c.p.p., ciò non autorizza a concludere che essa possa essere utilizzata come prova in qualunque procedimento; al contrario, essa pare destinata ad essere utilizzata solo nel procedimento in cui si accerta il reato di minaccia e ciò in ragione della singolare rilevanza gnoseologica che il corpus delicti recupera unicamente nei confronti del reato di cui costituisce “materializzazione”, rilevanza che consente di superare anche le ragioni (etica e gnoseologica) che, in altre sedi, fondano il divieto di utilizzazione.

Una conferma a tale lettura è possibile rinvenire anche nella lettera dell'art. 240 c.p.p. il quale reca l'espressione corpo del reato (specifico) e non corpo di un reato (qualsiasi), quasi a voler sottolineare il fatto che l'anonimo, per potere essere utilizzato come prova, deve costituire corpus del delitto oggetto di specifico di accertamento in quel procedimento.

Alla luce di tali considerazioni, pare che l'anonimo non possa giocare alcun ruolo nella prova dell'intimidazione del testimone. Anche perché, se così non fosse, esso potrebbe rivelarsi comodo strumento per aggirare il metodo probatorio imposto dalla Costituzione: sarebbe, infatti, sempre possibile creare artificiosamente dichiarazioni minatorie (anonime) da far rifluire nel processo, quale prova della condotta illecita, allo scopo di ottenere, ai sensi dell'art. 111, comma 5, Cost., l'acquisizione in dibattimento di verbali di dichiarazioni rese dal testimone al di fuori del contraddittorio.

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