Promittente acquirente in buona fede e sopravvenuto sequestro dell'immobile

Michele Sbezzi
23 Agosto 2017

Come va tutelato il terzo in buona fede che acquista un immobile da un imprenditore senza registrare il preliminare di vendita, pagando tutto il prezzo pattuito ed ottenendone il possesso dell'immobile ma non riuscendo a stipulare il rogito notarile poiché nel frattempo tutto il complesso residenziale viene sottoposto a sequestro dalla sezione misure di prevenzione?

Come va tutelato il terzo in buona fede che acquista un immobile da un imprenditore senza registrare il preliminare di vendita, pagando tutto il prezzo pattuito ed ottenendone il possesso dell'immobile ma non riuscendo a stipulare il rogito notarile poiché nel frattempo tutto il complesso residenziale viene sottoposto a sequestro dalla sezione misure di prevenzione?

Al quesito possono essere date tante risposte quante possono essere le specifiche del caso concreto.

Cerchiamo di passare in disamina le diverse ipotesi.

Anzitutto, occorre puntualizzare che, non trattandosi di un sequestro conseguenza di condanna, ma frutto di una misura di prevenzione, ogni accertamento sia ancora in itinere. Potrebbe trattarsi di una misura antimafia, ovvero di una conseguenza di passate condanne per usura. Nell'uno come nell'altro caso, la finalità dell'azione giudiziaria e preventiva in corso fa si che il diritto del terzo, non ancora compiutamente venuto alla luce, rischi assai seriamente una totale compromissione.

Una prima ipotesi potrebbe concernere un sequestro finalizzato alla confisca per equivalente di un complesso immobiliare il cui valore sia sovrabbondante rispetto alla somma che si intende garantire. In tal caso, infatti, riuscendo a dimostrare l'iter in corso di perfezionamento del diritto del terzo, questi potrebbe forse ottenere una riduzione del sequestro e una salvaguardia per i propri interessi.

Qualora, invece, la prevenzione riguardi un complesso immobiliare irregolare dal punto di vista urbanistico, o edilizio, o antisismico, sembra addirittura probabile che il terzo non potrà riuscire a raggiungere soluzioni vantaggiose o di salvaguardia.

In questa seconda ipotesi – se riuscirà a dimostrare l'avvenuto pagamento per un acquisto impossibile – il terzo potrebbe dover ricorrere a un'azione civilistica di arricchimento indebito.

Occorre poi considerare che il terzo in buona fede è solo un promittente acquirente, in buona fede: egli non può vantare titolo alcuno ma solo un possesso che, com'è notorio, è solo una situazione di fatto e, come tale, sfornita di una tutela che vada oltre quella cautelare, in genere provvisoria e finalizzata solo al ripristino della medesima situazione di fatto in caso di spoglio violento o clandestino.

La sua condizione, quindi, non sembra godere di una tutela sufficiente a esercitare una valida opposizione al sequestro penale eseguito.

Egli potrà probabilmente ottenere, ove ve ne sia il fondamento e fino al momento di un'eventuale confisca del bene sequestrato, una reintegra nel possesso; potrà, qualora si tratti di un immobile residenziale, perfino abitare in quell'immobile ma, certamente, non essendo mai divenuto proprietario, non potrà ottenere tutela di un diritto che non aveva ancora acquisito. Nel caso in esame, infatti, il possesso non vale titolo: i diritti immobiliari passano all'acquirente solo con l'atto scritto di compravendita.

Nel caso però il terzo in buona fede sia stato tratto in inganno – e l'imprenditore sia titolare di altre proprietà – potrebbe agire in sede penale denunciando il reato subito (una truffa aggravata per minorata difesa ex art. 61 n. 5 c.p. o per il danno patrimoniale di rilevante entità ex art. 61 n. 7 c.p.) per poi chiedere tutela cautelare (un altro sequestro?). Non si va oltre.

Peraltro, seppur in buona fede perché, evidentemente, del tutto ignaro dei problemi di rilevanza penale che hanno giustificato l'esecuzione del sequestro, è purtuttavia anch'egli in situazione quantomeno irregolare.

Non ha infatti provveduto a eseguire l'obbligatoria registrazione del contratto preliminare, evadendo così un'imposta che avrebbe attribuito data certa al contratto stesso; per conseguenza, non ha neppure potuto ottenere la trascrizione nei registri immobiliari, che avrebbe quantomeno dimostrato l'insorgenza del suo diritto obbligatorio in data precedente all'esecuzione del sequestro.

Tutto ciò non gli avrebbe attribuito la qualifica di proprietario, con la tutela conseguente ma, quantomeno, avrebbe potuto validamente chiedere il riconoscimento di un diritto che, oggi, pendente il sequestro, non è neppure immaginabile.

In generale, potremmo dunque concludere che non sembra ipotizzabile una sicura tutela penale da offrire all'incauto promittente acquirente; egli potrà, se il contratto preliminare di compravendita riporta gli esatti estremi del pagamento eseguito (ma è improbabile, per prassi) rivalersi sul promittente venditore per recuperare l'intero prezzo pagato, visto che l'impossibilità di pervenire alla stipula dell'atto di vendita non è dipesa da condotte delle quali egli debba rispondere. Mancando in contratto ogni indicazione del prezzo pagato, potrà probabilmente ottenere tutela civile se il pagamento è stato eseguito con assegni tracciabili, anche se resterà da dimostrare la causa del pagamento eseguito, non essendo a ciò del tutto sufficiente il contratto preliminare scritto ma non registrato.

Oppure, sempre nel caso in cui possa ottenere piena dimostrazione del pagamento e della causa di esso, nel caso l'imprenditore sia proprietario di altri immobili, potrà agire civilmente per ottenere una tutela patrimoniale che lo salvi dalla perdita della somma versata anticipatamente in conto prezzo di acquisto.

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