Prescrizione del reato e pronuncia sulla domanda civile

Lucia Randazzo
25 Agosto 2017

Il giudice di primo grado deve pronunciarsi relativamente alla costituita parte civile nel caso di dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione? Il Legislatore ha previsto l'obbligo per il giudice di appello di pronunciarsi agli effetti civili solamente nel caso in cui ...

Il giudice di primo grado deve pronunciarsi relativamente alla costituita parte civile nel caso di dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione?

La risposta al quesito formulato dall'utente è negativa. È chiara in tal senso la norma di cui all'art. 538 c.p.p. la quale statuisce che «Quando pronuncia sentenza di condanna il giudice decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta a norma degli articoli 74 e seguenti». La decisione sugli effetti civili consegue, dunque, ad una sentenza di condanna dell'imputato e alla costituzione da parte del danneggiato e degli aventi causa di parte civile ai sensi degli artt. 74 e ss. c.p.p.

Il Legislatore ha previsto l'obbligo per il giudice di appello di pronunciarsi agli effetti civili solamente nel caso in cui la prescrizione sia intervenuta dopo una sentenza di condanna in primo grado dell'imputato alle restituzioni od al risarcimento dei danni in favore della parte civile (Cass. pen., Sez. IV, 4 marzo 2015, n. 14014).

L'art. 578 c.p.p. rubricato Decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione stabilisce, inoltre, che «quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata sentenza di condanna anche generica, alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare estinto il reato per amnistia o per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti civili delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili».

Con una norma eccezionale, insuscettibile di interpretazione analogica, si deroga al principio di accessorietà dell'azione civile nel processo penale e si statuisce che nel caso in cui il giudice dell'appello e la corte di cassazione devono dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, dopo che il giudice di prime cure abbia disposto, con sentenza di condanna, il risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, essi devono decidere l'impugnazione ai soli effetti dei capi della sentenza riguardanti gli effetti civili.

Si tratta di ipotesi in cui la riforma delle statuizioni penali della sentenza consegue a fatti estintivi sopravvenuti rispetto al momento in cui è stata emessa la sentenza impugnata, con la quale pure si sono decise le questioni civili, quantomeno con una condanna generica dell'imputato al risarcimento o alle restituzioni (Cass. pen., Sez. IV, 25 settembre 1997, n. 10300); in tal modo, si impedisce che tali fatti sopravvenuti, pur rilevanti sui profili penali, pregiudichino i risultati conseguiti dalla parte civile, vanificandoli con un sostanziale diniego di giustizia ed una complessiva inefficienza del sistema; si impone, quindi, al giudice di appello ed a quello di Cassazione di decidere sulle statuizioni civili, anche se il reato è estinto e l'azione penale non è procedibile (richiama il principio di economia processuale, Cass. pen., Sez. IV, 3 febbraio 2004, n. 14863).

Da ultimo la giurisprudenza di legittimità con recente pronuncia (Cass. pen., Sez. IV, 19 gennaio 2016, n. 3789), ha ribadito che l'art. 578 c.p.p. concerne il caso in cui l'impugnazione sia dell'imputato o del pubblico ministero e solo in questa ipotesi richiede che, in presenza di una declaratoria di amnistia o di prescrizione, per decidere agli effetti civili, vi debba essere stata in precedenza una valida pronuncia di condanna alla restituzione o al risarcimento.

L'art. 576 c.p.p, riguarda una situazione diversa, in quanto la norma citata prevede per la parte civile il diritto ad una decisione sul merito della propria domanda e attribuisce al giudice dell'impugnazione il potere di decidere sulla domanda al risarcimento ed alle restituzioni.

«Va, però, precisato che secondo la giurisprudenza prevalente di questa Corte (v. Sezioni unite 11 luglio 2006, n. 25083, Negri e, da ultimo, Sezione VI, 21 marzo 2013, n. 19540, Failla), condivisa dal Collegio, deve escludersi, nell'ipotesi che la prescrizione preesista alla sentenza di primo grado, che il giudice della impugnazione, pure adito ai sensi dell'art. 576 c.p.p, possa provvedere, sia pure ai limitati effetti civili, ostandovi il chiaro disposto dell'art. 538 c.p.p., comma 1, c.p.p., secondo il quale il giudice decide sulla domanda di restituzione o risarcimento solo quando pronuncia sentenza di condanna» (Cass. pen., Sez. IV, 19 gennaio 2016, n. 3789, cit.).

L'art. 538 c.p.p. – spiegano gli Ermellini – non può essere derogato dall'art. 576 c.p.p. in quanto andrebbe in contrasto con il principio generale per cui il giudice dell'impugnazione non può esercitare i poteri che non il giudice di primo grado non avrebbe potuto esercitare. La motivazione della citata sentenza specifica che essendo precluso in virtù dell'art. 538, comma 1, c.p.p. il potere da parte del giudice di primo grado di pronunciarsi sulla domanda civile al di fuori dei casi di condanna, come nel caso di intervenuta prescrizione «del tutto asistematica sarebbe la previsione che un tal potere di deliberazione fosse invece riconosciuto al giudice dell'impugnazione».

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