Diffamazione su facebook. Presupposti per la cancellazione del post da parte del Gip

05 Settembre 2017

In sede di opposizione alla richiesta di archiviazione per il reato di calunnia-diffamazione, il Gip può disporre la cancellazione delle frasi diffamatorie e calunniose postate su pagina facebook? Il pubblico ministero all'esito della conclusione delle indagini preliminari se non deve esercitare l'azione penale procedendo dunque a formulare l'imputazione con la notifica all'indagato dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p. avanza al Gip la richiesta di archiviazione.

In sede di opposizione alla richiesta di archiviazione per il reato di calunnia-diffamazione, il Gip può disporre la cancellazione delle frasi diffamatorie e calunniose postate su pagina facebook?

Il pubblico ministero all'esito della conclusione delle indagini preliminari se non deve esercitare l'azione penale procedendo dunque a formulare l'imputazione con la notifica all'indagato dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p. avanza al Gip la richiesta di archiviazione. La richiesta di archiviazione viene avanzata dal P.M. al Gip in presenza di determinati presupposti di fatto e di diritto. I presupposti di fatto sono rappresentati dall'infondatezza della notizia di reato, dall'inidoneità degli elementi raccolti a sostenere l'accusa in giudizio o dall'impossibilità di attribuire il fatto ad una persona determinata. I presupposti di diritto individuati nell'art. 411 c.p.p. sono rappresentati dall'assenza di una condizione di procedibilità; dall'intervenuta estinzione del reato oppure se il fatto non previsto dalla legge come reato o dalla non punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131-bis c.p.

La richiesta di archiviazione deve essere notificata alla persona offesa che abbia fatto espressa richiesta di essere informata nell'atto di denuncia- querela, con l'avviso della facoltà di presentare opposizione entro 10 giorni.

La Riforma Orlando (legge 103/2017) in vigore dal 3 agosto 2017 prevede che la persona offesa possa presentare opposizione entro 20 giorni dalla notifica della richiesta di archiviazione avanzata dal P.M., cosi modificando per la sua presentazione. E dunque, se vi è opposizione da parte della persona offesa il giudice per le indagini preliminari qualora ritenga di non dover accogliere de plano la richiesta di archiviazione fissa la data per l'udienza in camera di consiglio nella quale decide dopo aver sentito il P.M., l'indagato e la persona offesa. L'udienza che si svolge nelle forme dell'art.127 c.p.p. si conclude con l'archiviazione qualora il Gip ritenga di dover accogliere le conclusioni formulate dal P.M. o con un'ordinanza in cui il Gip dispone ulteriori indagini c.d. coatte (in tal caso indica al P.M. le indagini da effettuare ed in che termine) oppure con un provvedimento con cui il gip ordina al P.M. di formulare l'imputazione c.d. coatta entro 10 giorni. Ebbene i poteri del Gip cristallizzati nell'art.409 c.p.p. sono tassativamente disciplinati dalla norma richiamata. Quando il giudice ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero fissando il termine indispensabile per il compimento delle stesse. Il P.M. è vincolato al compimento delle indagini c.d. coatte ma gode di un potere discrezionale nello stabilire le concrete modalità di svolgimento delle stesse. Compiute le indagini il P.M. può valutare diversamente i risultati e formulare l'imputazione ma può anche optare nuovamente per la richiesta di archiviazione e depositare i verbali delle indagini svolte.

Quando il Gip decide invece di disporre con ordinanza che il pubblico ministero formuli l'imputazione entro 10 giorni – imputazione coatta – incontra un limite al suo potere di controllo, ovvero non può imporre al P.M. di formulare una determinata imputazione. Su questo punto numerose sono state le sentenze in cui la Cassazione si è espressa in ordine ai poteri del Gip in relazione all'imputazione coattiva che hanno evidenziato profili di abnormità in alcuni provvedimenti del giudice assunti al di fuori del proprio potere.

Queste premesse appaiono assolutamente indispensabili per fornire una risposta puntuale ed esaustiva al quesito in quanto si ritiene, da un'attenta ricostruzione dell'istituto dell'opposizione alla richiesta di archiviazione in relazione ai poteri del giudice può esercitare in quella sede, che il Gip non possa all'esito dell'accoglimento dell'opposizione disporre la cancellazione delle frasi diffamatorie e/o calunniose apparse su una pagina facebook. E ciò discende dalla funzione attribuita al Gip nel corso delle indagini preliminari dall'ordinamento processuale, funzione che si caratterizza per essere una giurisdizione “semipiena” che incontra due limiti fondamentali indicati dagli art. 328 c.p.p: la funzione è esercita soltanto nei limiti stabiliti dalla legge e su richiesta di parte. In virtù di tali considerazioni il Gip non potrebbe assumere una tale determinazione in quanto questa assumerebbe i connotati di un atto definito dalla giurisprudenza affetto da abnormità.

L'abnormità è un vizio dell'atto ed in questo caso del provvedimento del Gip, che per “stranezza” ed anomalia del contenuto risulta avulso dall'intero ordinamento processuale. Il provvedimento abnorme se pur in astratto manifestazione di un legittimo potere si esplica al di fuori dei casi consentiti e dalle ipotesi previste, al di la di ogni ragionevole limite. Per cui un provvedimento del Gip che in sede di opposizione prevedesse la cancellazione delle frasi diffamatorie apparse su una pagina facebook risulterebbe essere un provvedimento assunto al di fuori dai poteri attribuiti dal codice di procedura penale e dunque ricorribile in Cassazione (rimedio esperibile contro l'abnormità del provvedimento) in quanto viziato ab origine.

Diversamente il Gip ha il potere di disporre, nella fase delle indagini preliminari, il sequestro preventivo della pagina facebook mediante oscuramento della pagina web (Cass. pen., n. 31022/2015). In questi termini si è espresso il Gip del Tribunale di Reggio Emilia che con decreto dell' 8 marzo 2016 (DI MUZIO, Sequestro mediante oscuramento della pagina facebook che contiene post minacciosi)ha disposto il sequestro preventivo mediante oscuramento di due pagine facebook indicando nella motivazione che la permanenza online delle frasi diffamatorie aggrava le conseguenze del reato commesso, in quanto protrae la lesione alla reputazione, potendo i post raggiungere un numero sempre maggiore di persone. Secondo il Gip del Tribunale di Reggio Emilia: «i gruppi facebook costituiscono pagine web e nel caso in cui il contenuto di uno o più di essi sia offensivo , può essere disposta la rimozione mediante oscuramento», imponendo al fornitore di servizi internet, anche in via d'urgenza, di oscurare una risorsa elettronica o di impedirne l'accesso agli utenti ai sensi degli artt. 14, 15 e 16 del dlgs. 9 aprile2003 n.70, in quanto la equiparazione dei dati informatici alle cose in senso giuridico consente di inibire la disponibilità delle informazioni in rete e di impedire la protrazione delle conseguenze dannose del reato. Nel caso di diffamazione commessa tramite internet, la particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio denigratorio rende l'agente meritevole di un più severo trattamento penale, atteso che «la diffusività e la pervasività di internet sono solo lontanamente paragonabili a quelle della stampa ovvero delle trasmissioni radio-televisive (cfr. ex multis Cass. pen., n. 4741/2000). ‘Ed invero, è proprio la potenzialità diffusiva del mezzo informatico che conduce ad affermare come la pubblicazione di un contenuto offensivo in rete trovi per ciò solo un'amplificazione della sua lesività, considerata l'idoneità del veicolo a raggiungere un numero indeterminato di destinatari'(cfr. Cass. pen., n. 41276/2015)».

Le Sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza del 17 luglio 2015 n. 31022 hanno chiarito come sia ammissibile il sequestro preventivo mediante oscuramento di una pagina web, a meno che non si tratti di una testata telematica registrata. Infatti, la testata giornalistica telematica, in quanto assimilabile funzionalmente a quella tradizionale, rientra nel concetto ampio di stampa e soggiace alla normativa, di rango costituzionale e di livello ordinario, che disciplina l'attività di informazione professionale diretta al pubblico. Il giornale on- line, al pari di quello cartaceo, quindi, non può essere oggetto di sequestro preventivo, eccettuati i casi tassativamente previsti dalla legge, tra i quali non è compreso il reato di diffamazione a mezzo stampa. Dal 2014 la Corte di cassazione ha però ribadito il principio di non eccedenza anche in ambito informatico , in virtù del quale può essere sottoposto a sequestro solo quanto strettamente pertinente al reato (articolo 275 del codice di procedura penale). Pertanto sarà legittimo il sequestro preventivo di un intero dominio internet solo quando risulti impossibile, con adeguata motivazione in merito, l'oscuramento di un singolo file o frazione del dominio stesso (Cass. pen., Sez. III, 7 maggio 2014 n. 21271). Appare dunque chiaro che il Gip ha il potere di disporre un rimedio all'aggravamento ed alla protrazione in rete delle conseguenze dannose del reato di diffamazione on-line, rappresentato dalla portata offensiva delle espressione rese nei confronti della persona offesa potendo disporre ai sensi dell'art. 321 c.p.p. il sequestro preventivo ma in una fase del procedimento penale ovvero nella sede naturale quale quella delle indagini preliminari e non di converso nell'udienza ex art. 127 c.p.p. volta ad effettuare un controllo giurisdizionale sulla richiesta di archiviazione.

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