La configurabilità del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte
06 Febbraio 2017
Quando è configurabile la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all'art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000? È necessario che vi siano in atto procedure di riscossione?
La fattispecie contemplata dall'art. 11 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 punisce il compimento di alienazioni simulate o atti fraudolenti sui propri beni o su altrui, diretti ad eludere l'adempimento di obbligazioni tributarie o di sanzioni o di interessi (di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila) che derivano da inosservanza di leggi tributarie, in materia di imposte dirette e di Iva. La punibilità è, tuttavia, condizionata al superamento di una soglia, pari ad euro cinquantamila, che è riferita al complessivo ammontare degli importi dovuti, ricomprendendo cumulativamente imposte sui redditi, imposta sul valore aggiunto, interessi e sanzioni. La pena prevista è la reclusione da sei mesi a quattro anni, che si innalza da un anno a sei anni nel caso in cui l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi dovesse essere superiore ad euro duecentomila. Quanto alla configurabilità della fattispecie incriminatrice in esame, giova preliminarmente considerare, sotto il profilo della natura giuridica, che si tratta un reato di pericolo istantaneo e non un reato di danno, in quanto è sufficiente che la condotta metta in pericolo l'efficacia della procedura di riscossione. Come sottolineato dalla giurisprudenza (prevalente) di legittimità, il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte previsto contemplato dall'art. 11 del d.lgs. 74 del 2000, ha natura di reato di pericolo (concreto) poiché, a differenza di quanto era invece contemplato dall'omologa fattispecie, oggi abrogata, di cui all'art. 97, comma 6, d.P.R. 602/1973 (come modificato dalla l. 413 del 1991, art. 15, comma 4), lo stesso non richiede che l'amministrazione tributaria abbia già compiuto un'attività di verifica, accertamento o iscrizione a ruolo né richiede, quanto all'evento (che, nella previgente previsione, era essenziale ai fini della configurabilità del reato) la sussistenza di una procedura di riscossione in atto e la effettiva vanificazione della riscossione tributaria coattiva. Sicchè l'esecuzione esattoriale non configura un presupposto della condotta illecita ma è prevista solo come evenienza futura che la condotta tende (e deve essere idonea) a neutralizzare. Ai fini della perfezione del delitto, è quindi sufficiente la semplice idoneità della condotta a rendere inefficace (anche solo parzialmente) la procedura di riscossione - idoneità da apprezzare con giudizio ex ante - e non anche l'effettiva verificazione di tale evento (cfr. Cass. pen., Sez. III, 9 aprile 2013, n. 39079; Cass. pen., Sez. III, 18 maggio 2011, n. 36290; Cass. pen., Sez. III, 22 aprile 2009, n. 25147; Cass. pen., Sez. III, 9 aprile 2008, n. 14720; Cass. pen., Sez. III, 18 maggio 2006, n. 17071; Cass. pen., Sez. V, 26 febbraio 2007, n. 7916; nel senso di una necessità di una procedura esecutiva in atto, cfr. Cass. pen., Sez. II, 9 febbraio 2006, n. 7600; Cass. pen., Sez. VI, 26 gennaio 2005, n. 9251). Pertanto, sono da ritenersi irrilevanti, ai fini della consumazione del reato, l'intervenuto annullamento dell'avviso di accertamento (cfr. Cass. pen., Sez. III, 24 febbraio 2016, n. 13233) oppure l'eventuale trascrizione del contratto di vendita di un immobile (cfr. Cass. pen., Sez. III, 11 maggio 2016, n. 35853). Per individuarne il momento di consumazione dovrà, dunque, farsi riferimento al primo momento di realizzazione della condotta finalizzata ad eludere le pretese del fisco. |