Definizione del profitto dei reati tributari e successiva confisca dello stesso

06 Giugno 2017

Qual è il profitto dei reati tributari da considerare ai fini della confisca in caso di condanna? Gli illeciti tributari rappresentano presumibilmente l'ambito del diritto penale in cui più significativo è il ricorso all'istituto della confisca, in via diretta o per equivalente. Questa constatazione non deve sorprendere giacché l'evasione fiscale e chiaramente finalizzata all'ottenimento di un profitto, rappresentato ...

Qual è il profitto dei reati tributari da considerare ai fini della confisca in caso di condanna?

Gli illeciti tributari rappresentano presumibilmente l'ambito del diritto penale in cui più significativo è il ricorso all'istituto della confisca, in via diretta o per equivalente. Questa constatazione non deve sorprendere giacché l'evasione fiscale e chiaramente finalizzata all'ottenimento di un profitto, rappresentato dal contribuente dal risparmio del costo derivante dal pagamento dell'imposta: è evidente dunque che se si aggredisce il patrimonio del contribuente questi viene significativamente privato di uno stimolo a delinquere.

Per procedere al sequestro del profitto derivante dal reato fiscale è tuttavia necessario precisare quale sia l'importo dello stesso, anche in ragione del fatto che il sequestro preventivo per equivalente disposto nei confronti di una persona indagata per il reato tributario non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto di reato (Cass. pen., Sez. III, 12 ottobre 2011, n. 1839, Manfellotto). Sul punto, in generale può dirsi che il profitto dell'illecito tributario va rinvenuto nel risparmio di imposta che il contribuente infedele ottiene grazie alla sua condotta delittuosa (Cass. pen., Sez. III, 29 settembre 2015, n. 44644, D'Amato; Cass. pen., Sez. III, 2 luglio 2015, n. 39187, Lombardi Stronati), in alcuni casi ritenendo che nel profitto vadano calcolate anche le sanzioni e gli interessi (Cass. pen., Sez. unite, 31 gennaio 2013, n. 18374, Adami).

Questa conclusione non può però trovare applicazione con riferimento al responsabile del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, posto che costui non ottiene pacificamente alcun risparmio fiscale – anzi, raggiunge l'effetto opposto di aumentare i ricavi e quindi l'imponibile – ma agisce perché sia un terzo a godere di tale beneficio. Con riferimento a tale illecito dunque alcune decisioni ritengono in tali casi sarebbe comunque sequestrabile, in assenza di prove certe sul prezzo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, ogni utilità economicamente valutabile che un qualsiasi soggetto abbia immediatamente o indirettamente tratto dalla commissione del reato (Cass. pen., Sez. III, 18 settembre 2014, n. 50310, Scandroglio) ma un altro più rigoroso orientamento, che si sta affermando solo di recente, richiede che nella ipotesi considerata debba accertarsi quale profitto l'emittente abbia effettivamente tratto dalla sua condotta, dovendosi peraltro escludere che lo stesso possa ritenersi pari a quello ottenuto dall'utilizzatore ovvero che sia corrispondente all'importo delle fatture emesse (Cass., sez. III, 18 ottobre 2016, n. 43952).

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