La “sanzione penale integrata”: quando più procedimenti per uno stesso fatto non violano il divieto di ne bis in idem
08 Marzo 2017
È possibile avviare e concludere, anche in successione e non solo simultaneamente, procedure che mirino all'inflizione di una sanzione penale integrata, nascente dalla congiunzione dei risultati sanzionatori di procedure complementari purché la pluralità dei giudizi sia giustificata dal perseguimento di finalità sociali differenti ed il risultato sanzionatorio complessivo sia prevedibile ed in concreto proporzionato. Quest'ultimo obiettivo è ottenibile attraverso l'interazione delle procedure e la valorizzazione dello stretto legame materiale e temporale tra le stesse. Con tale motivazione i giudici della Cassazione, seconda Sezione penale, hanno accolto il ricorso presentato dal procuratore generale della Corte d'appello di Ancona avverso la decisione del tribunale di Ascoli Piceno di non doversi procedere per il reato di danneggiamento nei confronti di un detenuto, colpevole di aver rotto il vetro della finestra della casa circondariale, in quanto all'esito del procedimento disciplinare al detenuto era già stata comminata la sanzione disciplinare dell'esclusione dell'attività comune. A parere del tribunale tale sanzione deve ritenersi penale e pertanto l'instaurazione di un procedimento penale per il medesimo fatto porrebbe in essere una violazione del divieto di ne bis in idem. La Cassazione chiarisce invece che il diritto a non essere perseguiti due volte per il medesimo fatto in presenza di diversi procedimenti penali ed amministrativi, che conducono alla irrogazione di sanzioni sostanzialmente “penali” non è violato se le due procedure risultano dirette al soddisfacimento di finalità sociali differenti e generano un risultato sanzionatorio integrato, definito da misure complementari che si presenti, nel complesso, proporzionale al disvalore del fatto e prevedibile. Tale lettura del divieto di ne bis in idem si ricava da un'interpretazione dell'art. 649 c.p.p. conforme agli insegnamenti della Corte Edu nella sentenza A. e B. c. Norvegia. In proposito, la Cassazione coglie l'occasione per precisare che non ogni sentenza della Corte Edu genera l'obbligo di interpretazione conforme adeguatrice ma solo quelle che siano espressione di un diritto consolidato che offra una ratio decidendi del diritto scrutinato non frutto di una elaborazione episodica ma di un percorso interpretativo sedimentato e condiviso, se non addirittura avvallato dall'intervento di una pronuncia della grande Camera. A. e B. c. Norvegia costituisce un approdo interpretativo da ritenersi consolidato: rappresenta la più aggiornata evoluzione giurisprudenziale in materia di ne bis in idem che supera in modo consapevole e motivato i precedenti arresti, fornendo una ricostruzione completa della giurisprudenza ed offrendo una soluzione attenta alle scelte effettuate dai paesi aderenti alla Convenzione, per lo più orientate a legittimare il doppio binario sanzionatorio. |