Porte d'ingresso e saracinesche non possono considerarsi cose esposte a pubblica fede
08 Giugno 2017
La Sezione II della Cassazione penale con due differenti sentenze – nn. 26857 e 26858, depositate entrambe il 29 maggio 2017 – ha aderito all'orientamento giurisprudenziale, condiviso anche dalla dottrina, secondo cui «l'esposizione di una res alla pubblica fede comporta che essa si trovi ‘fuori dalla sfera di diretta vigilanza e quindi, affidata interamente all'altrui senso di onestà e di rispetto', per necessità consuetudine o destinazione naturale: la ratio della previsione risiede, quindi, […] nella minorata possibilità di difesa connessa alla particolare situazione delle cose» (v. Cass. pen., Sez. II, 11 ottobre 2016, n. 44953; Cass. pen., Sez. II, 12 novembre 2010, n. 44331; Cass. pen., Sez. II, 22 settembre 2010, n. 37889; Cass. pen., Sez. V, 13 ottobre 2004, n. 46187). I giudici di legittimità hanno quindi ritenuto non sussistere l'aggravante di cui all'art. 625, n. 7, c.p., nel primo caso, con riferimento al danneggiamento di una porta d'ingresso di un locale mentre, nel secondo caso, con riferimento alla saracinesca di un magazzino. Spiega il Collegio in motivazione che l'aggravante dell'esposizione a pubblica fede non può mai ricorrere in relazione alla porta d'accesso di un locale ovvero alla saracinesca di un magazzino all'interno dei quali possa essere presente il titolare, «in relazione alla quale, quindi, l'aggravamento di pena comportato dalla circostanza de qua sarebbe privo di giustificazione». |