È applicabile alla disciplina penale degli stupefacenti l'attenuante comune del lucro particolarmente tenue?

Paolo Pittaro
09 Marzo 2017

La pronuncia in commento sembra porsi in netta antitesi con la giurisprudenza pregressa della suprema Corte sullo stesso punto, che sosteneva che la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 4, seconda parte, c.p. non è configurabile ...
Massima

Sussiste compatibilità tra il comma 5 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, che prevede un trattamento sanzionatorio minore allorché i fatti relativi alla disciplina penale degli stupefacenti sono di lieve entità, con l'art. 62, n. 4, c.p., che prevede una circostanza attenuante allorché si sia conseguito un lucro di particolare tenuità.

Il caso

A seguito di giudizio abbreviato l'imputato veniva condannato per il reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 in relazione alla cessione di marijuana per un corrispettivo di euro 40 ed alla detenzione a fini di spaccio di ulteriori grammi 4,671 della medesima sostanza, ma concedendo al prevenuto la circostanza attenuante comune di cui all'art. 62, n. 4, c.p., tenuto conto della speciale tenuità del lucro conseguito e dell'offesa arrecata.

Il procuratore generale ricorre per saltum in Cassazione lamentando violazione di legge in riferimento all'art. 62, n. 4, c.p., richiamando la consolidata giurisprudenza della stessa Corte, secondo la quale la circostanza attenuante del lucro di particolare tenuità non è applicabile ai reati in tema di stupefacenti.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso ed afferma, invece, la compatibilità dell'attenuante del lucro di speciale tenuità di cui all'art. 62, n. 4, c.p. con la fattispecie del fatto di lieve entità prevista dall'art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

La questione

La questione in esame si accentra sul fatto che tale pronuncia sembra porsi in netta antitesi con la giurisprudenza pregressa della suprema Corte sullo stesso punto, che sosteneva che la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 4, seconda parte, c.p. non è configurabile nei delitti in materia di stupefacenti, poiché quand'anche il lucro percepito o conseguito a seguito di siffatte condotte fosse di speciale tenuità, non potrebbe comunque mai ritenersi soddisfatta l'altra condizione prevista dalla norma, e cioè la speciale tenuità del danno o del pericolo derivanti dall'azione, essendo quei delitti lesivi di beni giuridici, costituzionalmente protetti, attinenti alla salute pubblica, alla pubblica sicurezza e all'ordine pubblico.

Le soluzioni giuridiche

Il comma 5 dell'art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 prevede una pena minore allorché uno dei fatti commessi dalla previsione base di cui al primo comma, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità.

Si ricordi le vicissitudini alquanto complesse di tale “tormentato” comma in ordine alla distinzione o meno, specie quoad poenam, fra droghe “pesanti e quelle leggere”: modificato dal d.l. 30 dicembre 2005 n.272, convertito dalla l. 21 febbraio 2006 n. 49; dalla l. 15 marzo 2010 n. 38; dal d.lgs. 24 marzo 2011 n. 50; dal d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito nella l. 21 febbraio 2014 n. 10; dalla Corte costituzionale, 12 febbraio 2014 n. 32, che, dichiarando l'illegittimità costituzionale del citato d.l. 272 del 2005, convertito nella l. 49 del 2006, ha ripristinato la normativa anteriormente vigente; e, infine, dal d.l. 20 marzo 2014, n. 36, convertito nella l. 16 maggio 2014, n. 79. In questa sede importa soprattutto notare che l'ultima normativa ha modificato il modello legale, trasformando la fattispecie da circostanza attenuante a titolo autonomo di reato.

Da suo canto, l'art. 62, n. 4, c.p., dispone una circostanza attenuante comune ad effetto comune, per l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nel testo introdotto dall'art. 2 della l. 7 febbraio 1990, n. 19, nei delitti determinati da motivi di lucro, l'avere agito per conseguire o l'avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l'evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità.

La Corte, nel “considerato in diritto” ha ben presente le sue precedenti pronunce, come peraltro puntualmente ricordate e fatte proprie dal Procuratore Generale nel suo ricorso. Secondo tale orientamento, infatti, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità di cui all'art. 62, comma 1, n. 4, c.p. non è applicabile ai reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (Cass. pen., Sez. VI, 29 gennaio 2014, n. 9722; Cass. pen., Sez, IV, 26 giugno 2013, n. 36408; Cass. pen., Sez. VI, 27 febbraio 2013, n. 23821; Cass, pen., Sez. VI, 13 ottobre 2009, n. 41758), in quanto l'attenuante prevista all'art. 62, n. 4, c.p. presuppone – relativamente al conseguimento di un lucro di speciale tenuità, riferentesi ai delitti determinati da motivi di lucro – che l'evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità. Il che può verificarsi soltanto con riferimento ai delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio; non anche con riguardo ai reati in materia di sostanze stupefacenti, risultando tali reati lesivi di valori costituzionali attinenti alla salute pubblica, alla sicurezza ed all'ordine pubblico, nonché alla salvaguardia del sociale (Cass. pen., Sez. VI, 30 marzo 1999, n. 7830). Infatti, la suddetta circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4, seconda parte, c.p. (come modificato dall'art. 2 della legge 7 febbraio 1990, n. 19), non è configurabile nel caso di cessione di sostanze stupefacenti, giacché, quand'anche il lucro conseguito fosse di speciale tenuità, non potrebbe mai ritenersi soddisfatta l'altra condizione prevista dalla norma, e cioè la speciale tenuità del danno o del pericolo derivanti al consumatore dall'azione dello spacciatore, sia perché si verte in materia di tutela della salute della persona, sia perché occorre tener conto non dei danni immediati, ma anche di quelli non immediati, pur sempre ricollegabili all'uso delle sostanze in questione (Cass. pen., Sez. IV, 26 febbraio 1993, n. 3621; Cass. pen., Sez. fer., 8 settembre 1990, in Cass. pen., 1992, 55).

Ebbene, la Cassazione disattende quanto in precedenza affermato, ritenendo tale argomentare infondato ed intrinsecamente contraddittorio.

La Corte ribadisce, infatti, che la circostanza attenuante del danno economico di speciale tenuità, specie a seguito della nuova formulazione dell'art. 62, n. 4.,c.p., introdotta dall'art. 2 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, è applicabile ad ogni tipo di delitto, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, purché il fatto risulti commesso per motivi di lucro – e cioè per acquisire, mediante l'azione delittuosa, un vantaggio patrimoniale – e purché la speciale tenuità riguardi sia il lucro (prefigurato o conseguito) sia l'evento dannoso o pericoloso (ex multis: Cass. pen., Sez. V, 27 gennaio 2016, n. 27874; Cass. pen., Sez. V, 22 giugno 2015, n. 36790; Cass. pen., Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 9248; Cass. pen., Sez. V, 12 giugno 2014, n. 44829; Cass. pen., Sez. V, 19 marzo 2013, n. 26807; Cass. pen., Sez. V, 10 ottobre 2005, n. 43342).

In realtà, la Corte ritiene che il rapporto intercorrente fra l'attenuante di cui all'art. 62, n. 4, seconda parte, c.p. e la fattispecie di reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990 non è affatto dissimile fra quello ritenuto sussistere fra l'attenuante comune in oggetto e quella speciale di cui all'art. 323-bis c.p., la quale si applica ai delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione caratterizzati da particolare tenuità: delitti, pertanto, che non sono contro il patrimonio, al pari di quelli di cui alla disciplina sugli stupefacenti, bensì posti a tutela di beni primari costituzionalmente protetti, quali il buon andamento e l'imparzialità della pubblica amministrazione (v., per tutte: Cass. pen., Sez. VI, 9 dicembre 1996, n. 2620, in Giust. pen., 1998, II, 318, ed in Cass. pen., 1998, 2342). Ragionare diversamente (come in precedenza si è fatto) comporterebbe un'ingiustificata selezione di alcune fattispecie tra quelle per le quali il legislatore ha chiaramente indicato la configurabilità di un'offesa di particolare tenuità laddove determinate da motivi di lucro. Pertanto, ove si ritenesse ontologicamente impossibile il verificarsi di un evento dannoso o pericoloso tenue in caso di violazione della disciplina penale degli stupefacenti, ciò comporterebbe necessariamente anche il venir meno della possibilità di connotare una condotta punibile ex art. 73 d.P.R. 309 del 1990 quale fatto di lieve entità ai sensi del comma 5 dello stesso articolo. Il che si porrebbe in contrasto non solo con il chiaro tenore letterale dell'art. 62, n. 4, seconda parte, c.p., il quale prevede l'applicabilità dell'attenuante in questione a tutti i delitti motivati da motivi di lucro, ma anche con il citato art. 73, comma 5. Con la conseguenza che per i reati in materia di stupefacenti si verificherebbe una ingiustificata abrogazione de facto non solo dell'attenuante del lucro di speciale tenuità, ma anche della fattispecie di lieve entità di cui all'art. 73, comma 5.

La pregressa posizione sarebbe ora viepiù insostenibile dopo l'introduzione nel codice penale dell'art. 131-bis (effettuata dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28), che prevede la non punibilità allorché l'offesa è di particolare tenuità: fattispecie nettamente diversa ed in ogni caso compatibile con la lieve entità del fatto di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (sul punto si veda, amplius, quanto esposto da LO PROTO, La disciplina penale degli stupefacenti fra fatto lieve e tenuità del fatto, in questa Rivista, in corso di pubblicazione).

In definitiva, per la suprema Corte, la circostanza attenuante del lucro di speciale tenuità di cui all'art. 62, n. 4 c.p. è applicabile al reato di cessione di sostanze stupefacenti in presenza di un evento dannoso o pericoloso connotato da un ridotto grado di offensività o disvalore sociale, ed è compatibile con la fattispecie del fatto di lieve entità prevista dall'art. 73, comma 5, del d.P.R. 309 del 1990.

Donde la reiezione del ricorso.

Osservazioni

Deve evidenziarsi che il pregresso orientamento della stessa Corte, quivi disatteso e criticato, per quanto massiccio, non è affatto unitario. Sussiste, infatti, un importante precedente, che la Cassazione non cita espressamente se non per inciso assieme alle varie pronunce in tema di art. 62, n. 4. C.p. Alludiamo a Cass. pen., Sez. VI, 18 gennaio 2011, n. 20935, la quale ha affermato che la circostanza attenuante del conseguimento di un lucro di speciale tenuità di cui all'art. 62, n. 4, c.p. è applicabile al reato di cessione di sostanze stupefacenti in presenza di un evento dannoso o pericoloso connotato da un ridotto stato di offensività o disvalore sociale, ed è compatibile con l'attenuante ad effetto speciale del fatto di lieve entità, prevista dall'art. 73, comma 5, del d.P.R. 309 del 1990. E la sentenza in commento segue esattamente le motivazioni allora espresse nella pronuncia del 2011. Peraltro, si noti, da un lato, come il citato comma 5 non rappresenti più un'attenuante ad effetto speciale, bensì, come s'è accennato, una fattispecie autonoma ai sensi del d.l. 20 marzo 2014, n. 36, convertito nella l. 16 maggio 2014, n. 79: il discorso, pertanto, viene a fortiori consolidato. Mentre, dall'altro lato, deve sottolinearsi come tale precedente si presenti affatto identico anche nel merito rispetto all'attuale pronuncia: si trattava, infatti, di una fattispecie relativa a due dosi di marijuana per la somma di euro 40, ossia la medesima cifra o, rectius, il medesimo lucro relativo alla sentenza de qua.

Sono comunque opportune alcune precisazioni.

Due le critiche più eclatanti poste al teorema della compatibilità fra le due fattispecie in modo da poterla escludere. Prima. Se la circostanza attenuante dell'art. 62, n. 4, c.p., contempla il lucro di particolare tenuità, tale favor non potrebbe applicarsi ove la cessione della sostanza stupefacente avvenisse a titolo gratuito: il che sembrerebbe contraddittorio ed assurdo.

Seconda. La suddetta circostanza scatta non solo quando il lucro appare di particolare tenuità, ma (seconda condizione) quando anche l'evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità. E l'evento dannoso o pericoloso non è di tipo patrimoniale ma riferibile alla tutela della salute pubblica: donde una sorta di sovrapposizione con la fattispecie del comma 5 dell'art. 73 del d.P.R. 309 del 1990.

A nostro sommesso avviso, ambedue le critiche non colgono esattamente il segno.

Innanzi tutto, per quanto concerne la gratuità della cessione potrebbe estendersi analogicamente l'attenuante della particolare gratuità, trattandosi di una analogia in bonam partem (per tacere della possibile non punibilità, ricorrendone i tratti normativi previsti, di cui all'art. 131-bis c.p.). Parimenti, non è affatto vero che l'evento dannoso o pericoloso di particolare lievità dell'art. 62 n. 4 sia quello della tutela della salute pubblica di cui al comma 5 dell'art. 73 della legge sugli stupefacenti. Infatti, pur esso attiene alla sfera patrimoniale, posto che esattamente si sono messi in luce i diversi contesti giuridici delle due fattispecie: l'una attenuante comune ad effetto comune, valida per tutti i reati, avente per oggetto la tenuità del lucro assieme all'entità patrimoniale o patrimoniabile dell'evento dannoso o pericoloso; l'altra fattispecie con minor pena quando i fatti relativi alla complessità delle ipotesi criminose relative alle sostanze stupefacenti, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, sono di lieve entità.

Ora, il lieve lucro (come nel nostro caso: 40 euro) può essere relativo alla vendita di due spinelli di marijuana oppure la differenza netta fra costi e ricavi di una più ingente quantità di droga (anche il trafficante di tal fatta può essere un non accorto, o fortunato, commerciante…!). Ed è chiaro che, in questa ultima ipotesi, il lucro sarà anche di lieve entità, ma non di certo l'evento dannoso o pericoloso, posto il maggior valore delle sostanze nel loro complesso.

Sono, dunque, su questi particolari distinguo che dovrà fissarsi l'attenzione del giudicante: la tenuità del lucro e dell'evento dannoso o pericoloso (art. 62, comma 4, c.p.), nonché la tenuità dei fatti nella loro complessità di cui al comma 5 dell'art. 73 del d.P.R. 309 del 1990, in modo da poterli, se del caso, applicarli ovvero escluderli congiuntamente, ovvero ritenere uno dei due.

Guida all'approfondimento

Sulla sentenza in commento, in senso critico: AMATO, Ai fatti di droga è applicabile l'attenuante del lucro di particolare tenuità?, in www.quotidianogiuridico.it, 13 febbraio 2017.

Sulla analoga sentenza della Sez. VI, 18 gennaio 2011, n. 20935: DENORA, Lievità del fatto e tenuità del lucro nello spaccio di stupefacenti: prove tecniche di concorso, in Cass. pen., 2012, p. 451 s.

Sul pregresso orientamento: IAI, Cessione di sostanze stupefacenti e danno patrimoniale di speciale tenuità, in Giur. it., 2001, c. 585 s.; VESSICHELLI, Sull'inapplicazione dell'attenuante dell'art. 62, n. 4, c.p. al delitto di spaccio di limitate quantità di sostanze stupefacenti, in Cass. pen., 1991, p. 857 s.

Per un profilo generale, cfr., per tutti, VENAFRO, Le circostanze comuni di natura patrimoniale (art, 61, n. 7, e 62, n. 4, c.p.: gli aspetti maggiormente problematici), in Studium juris, 2000, p. 1266 s.