D.d.l. Concorrenza: introdotto l’obbligo del preventivo scritto per l’avvocato

Fabio Valerini
09 Agosto 2017

È stato approvato in via definitiva da parte del Senato il 2 agosto 2017 il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, con molti aspetti che toccano direttamente e indirettamente l'attività dell'avvocato.

È stato approvato in via definitiva da parte del Senato il 2 agosto 2017 il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, con molti aspetti che toccano direttamente e indirettamente l'attività dell'avvocato.

La prima significativa novità, di cui occorre analizzare la portata in attesa della pubblicazione del testo sulla Gazzetta Ufficiale, è sicuramente l'introduzione dell'obbligo per l'avvocato di fornire un preventivo scritto al cliente.

La legge sulla concorrenza, alla lettera d), n. 6, del comma 141, al dichiarato proposito di incentivare la concorrenza nel mercato della professione legale, modifica l'art. 13 della legge professionale n. 247 del 2012, il cui comma 3 disciplina proprio la questione del preventivo.

In base al testo originario della legge professionale il professionista era tenuto

«

a richiesta [...] a comunicare in forma scritta a colui che conferisce l'incarico professionale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale

»

.

Ebbene, a seguito dell'abrogazione dell'espressione a richiesta ad opera della legge per la concorrenza ora approvata, l'avvocato sarà ora obbligato a tale comunicazione in forma scritta.

A questo punto dobbiamo chiederci quando e come debba essere redatto il preventivo e quali possono essere gli effetti sia della redazione del preventivo che della mancata redazione dello stesso.

Innanzitutto, a seguito della modifica è venuto meno il rilievo della volontà del cliente: ne deriva che non potrà valere come esimente, a mio avviso, la dichiarazione del cliente che “rinuncia” al preventivo scritto della prestazione.

Passando ad esaminare il quando, se vogliamo rimanere aderenti alla ratio della legge, il preventivo dovrà essere reso prima dell'inizio della prestazione proprio perché la legge, con l'introduzione dell'obbligo del preventivo, intende consentire la comparazione dei costi tra diversi professionisti al fine di consentire il gioco della concorrenza.

Certamente, però, la redazione del preventivo nel momento iniziale sconterà il fatto che l'avvocato redigerà un preventivo con la prevedibile misura del costo della prestazione (a) secondo quanto riferito dal cliente in sede di primo colloquio e (b) in base a quel che ragionevolmente ci si attende potrà essere lo sviluppo dell'incarico secondo l'esperienza.

Non c'è dubbio, però, che la redazione del preventivo in un momento prossimo al primo contatto con il cliente sconta, in molti casi (e per di più quelli che possiamo definire “non seriali”), il fatto che l'individuazione della migliore e più efficace strategia necessiti di uno studio ragionato della controversia.

Studio della controversia che, come noto, costituisce una delle voci che compongono l'onorario dell'avvocato in base ai parametri del d.m. 55/2014 e, quindi, mi chiedo se, domani, sarà lecito per l'avvocato chiedere l'onorario per lo studio della controversia necessario per la redazione del parere (da assorbire, naturalmente, laddove segua il conferimento dell'incarico).

Secondo me sarebbe necessario ma mi rendo conto che secondo la logica della legge questo dissuaderà dalla ricerca di preventivi, perché il cliente non vorrà (generalmente) pagare per poter confrontare i prezzi (laddove, poi, sia soltanto il prezzo il criterio che farà decidere la scelta del legale).

Il problema sarà che, se prevarrà il preventivo a costo zero, potrebbe essere (il condizionale è d'obbligo) un preventivo senza un previo studio approfondito della controversia.

Orbene, una volta che l'avvocato abbia reso il preventivo e il cliente lo abbia accettato, l'avvocato avrà a propria disposizione un titolo che quantifica il proprio onorario e quindi potrà procedere più agevolmente al fine di ottenere, se del caso, la condanna del cliente inadempiente al pagamento delle proprie prestazioni.

Inoltre, laddove per qualche ragione il preventivo non copra alcune varianti occorse in corso di causa (o nell'attività stragiudiziale), queste – ove non oggetto di specifico accordo – dovranno essere pagate previa eventualmente liquidazione giudiziaria.

Ma quali potranno essere le conseguenze nel caso di mancata consegna del preventivo al cliente?

Orbene, a prima lettura, la sanzione per la mancata redazione del preventivo potrà essere soltanto disciplinare.

Sul punto, infatti, il riferimento d'obbligo è all'art. 27, comma 2, del Codice deontologico in base al quale (oggi) è passibile di avvertimento l'avvocato che viola l'obbligo di

«

informare il cliente e la parte assistita sulla prevedibile durata del processo e sugli oneri ipotizzabili; deve inoltre, se richiesto, comunicare in forma scritta, a colui che conferisce l'incarico professionale, il prevedibile costo della prestazione

»

.

Ritengo infatti che, una volta che la legge sulla concorrenza sarà entrata in vigore, il C.N.F. dovrà modificare la disciplina deontologica allineando l'obbligo deontologico a quello legale onde non lasciare l'obbligo privo di sanzione (e che potrebbe portare – ma anche qui il condizionale è d'obbligo, essendo la questione decisamente complessa – ad un nuovo braccio di ferro con l'A.G.C.M.).

Nessuna conseguenza, però, credo possa viceversa essere ravvisata sul piano civilistico in ordine all'an del diritto dell'avvocato ad essere retribuito per la prestazione resa anche in assenza di un preventivo. Molto probabilmente la violazione di un obbligo informativo legalmente predeterminato potrà avere effetto sul piano della quantificazione in sede di applicazione (verso il minimo) degli importi dei parametri di cui al d.m. 55/2014.

La seconda novità di cui dare conto è la norma contenuta nel comma 152 che introduce un obbligo "comunicativo" a carico dei professionisti iscritti ad ordini e collegi e, quindi, anche degli avvocati.

Si tratta dell'obbligo di indicare i titoli e le specializzazioni possedute che prende il posto della mera facoltà già presente, ad esempio, nel Codice deontologico dell'avvocato.

Ed infatti, in base alla nuova disposizione

«

al fine di assicurare la trasparenza delle informazioni nei confronti dell'utenza, i professionisti iscritti ad ordini e collegi sono tenuti ad indicare e comunicare i titoli posseduti e le eventuali specializzazioni

»

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