Computo della durata del lavoro di pubblica utilità per messa alla prova

Marco Siragusa
09 Novembre 2015

Ai fini del computo della durata dei lavori di pubblica utilità a seguito della messa alla prova per adulti, può applicarsi l'art. 54, d.lgs. 274/2000, che prevede come 2 ore di lavoro presso un ente o una struttura convenzionata equivalgano ad un giorno di lavoro di pubblica utilità?

Ai fini del computo della durata dei lavori di pubblica utilità a seguito della messa alla prova per adulti, può applicarsi l'art. 54 d.lgs. 274/2000, che prevede come 2 ore di lavoro presso un ente o una struttura convenzionata equivalgano ad un giorno di lavoro di pubblica utilità?

Al quesito dev'essere data risposta negativa posto che l'istituto della messa alla prova adulti, per la sua ontologica funzione (procedimento speciale deflattivo), privilegia il programma, peraltro modulabile e/o modificabile in corso di prova, rispetto ad un rigido criterio quantificativo che, invece, è adottato per gli istituti che hanno funzione sostitutiva della pena.

Il lavoro di pubblica utilità è una delle possibilità sanzionatorie irrogabili dal giudice di pace su richiesta dell'imputato ex art. 54, d.lgs 274/2000. La norma citata, al comma 5, dispone che ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro.

Com'è noto la l. 67/2014 ha introdotto al Libro VI del codice di procedura penale il titolo V-bis rubricato Sospensione del procedimento con messa alla prova (artt. 464-bis e ss. c.p.p.). La messa alla prova c.d. adulti - per distinguerla dall'istituto già in vigore nel processo minorile di cui all'art. 28 d.P.R. 448/1998 - è una sorta di procedimento speciale alternativo al giudizio ordinario (lo si ricava dalla collocazione topografica nel codice di rito) e comporta l'estinzione del reato in caso di esito positivo della prova. Diversamente, ai sensi dell'art. 464-septies, comma 2, c.p.p. in caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso.

L'ordinanza può, del resto, essere revocata ex art. 464-octies c.p.p. (anche d'ufficio) ricorrendo le condizioni di cui all'art. 168-quater c.p.: grave e reiterata trasgressione al programma o alle prescrizioni, rifiuto della prestazione di lavoro di pubblica utilità ovvero commissione, durante la prova, di un altro delitto non colposo o di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.

Il lavoro di pubblica utilità previsto dall'istituto della messa alla prova introdotto dalla l. 67/2014 ha quindi caratteristiche differenti rispetto, ad esempio, al lavoro di pubblica utilità previsto sia dall'art. 54 d.lgs. cit. sia dall'art. 186, comma 9-bis, c.d.s., in quanto quest'ultime costituiscono delle vere e proprie sanzioni sostitutive della pena. Non sfuggirà, ad esempio, che l'art. 186, comma 9-bis, cit. prevede il ragguaglio sostitutivo della pena ai sensi dell'art. 54 cit.

A conferma della diversità già accennata, si consideri che la messa alla prova prevede lo svolgimento di un'attività non retribuita e di utilità pubblica per un periodo, fissato solo nel minimo, comunque non inferiore a 10 giorni (e 8 ore giornaliere) secondo un programma elaborato d'intesa con l'ufficio penale esecuzione esterna (Uepe) previa indagine socio-familiare (nel programma sono indicate anche le prescrizioni comportamentali e gli impegni risarcitorio e/o riparatori assunti dall'imputato).

Altro elemento differenziale è dato dalla durata. Infatti, nel caso del lavoro di pubblica utilità in sostituzione di una sanzione detentiva (art. 186, comma 9-bis cit. e 54 cit.) la pena sostitutiva è determinata in misura fissa dalla legge. Nel caso, invece, del lavoro di pubblica utilità per sospensione del procedimento e messa alla prova il giudice decide in primo luogo e secondo le modalità indicate dall'art. 133 c.p. se ricorrono le condizioni di ammissione al beneficio, e successivamente, laddove sciolga positivamente la valutazione, ne fissa la durata e ne modula il programma, che contempla anche il lavoro di pubblica utilità.

Tant'è che in molti circondari sono state stilate le linee guida di comportamento con le previsioni di fasce sulle quali adeguare la durata in relazione alla pena edittale astrattamente prevista dal legislatore.

Esempio

Così, il Tribunale di Trapani nelle linee guida provvisorie in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova:

Al fine di uniformare il più possibile le indicazioni relative alla durata della messa alla prova e fornire un quadro dei limiti temporali, si ritiene di individuare le seguenti fasce con riferimento alla pena edittale massima prevista per il reato per cui si procede:

FASCIA A. Contravvenzioni punite con la sola ammenda

periodo di messa alla prova da 15 giorni a un mese

FASCIA B. Contravvenzioni punite con la pena alternativa o congiunta e delitti puniti con la sola multa

periodo di messa alla prova da 1 a 4 mesi

FASCIA C. Delitti puniti con la reclusione non superiore a 2 anni

periodo di messa alla prova da 2 a 6 mesi

FASCIA D. Delitti puniti con la reclusione da 2 a 3 anni

periodo di messa alla prova da 3 a 8 mesi

FASCIA E. Delitti puniti con la reclusione da 3 a 4 anni

periodo di messa alla prova da 4 a 12 mesi

FASCIA F. Delitti puniti con la reclusione superiore a 4 anni

periodo di messa alla prova da 6 a 18 mesi

Infine, un ulteriore elemento di differenza tra gli istituti in esame è previsto dagli artt. 657-bis c.p.p. e 58 d.lgs. 274/2000. Infatti, nel caso di revoca o esito negativo della messa alla prova dalla pena residua da scontare andranno detratti i giorni di lavoro di pubblica utilità “scontati” con un rapporto di tre giorni di lavoro equivalenti a un giorno di pena detentiva, mentre ai sensi dell'art. 58 cit. il lavoro di pubblica utilità si considera corrispondente alla pena originaria.

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