La vendita delle cose sottoposte a sequestro preventivo ed in attesa di confisca
10 Marzo 2017
È possibile procedere alla vendita di beni sottoposti a sequestro preventivo ma non ancora confiscati?
È tutt'altro che infrequente che, in vista della futura confisca, vengono sottoposti a sequestro preventivo beni soggetti con il passare del tempo ad usura e deterioramento. Ci si domanda allora se sia possibile da parte dell'autorità giudiziaria procedere, nonostante il provvedimento sia ancora in corso e non sia stata ancora disposta in via definitiva la confisca, la vendita di beni. Per la giurisprudenza questa è senz'altro una soluzione positiva ed una recente sentenza ha ribadito il principio (Cass. pen., Sez. II, 16 gennaio 2017, n. 1916). In un procedimento in cui diversi beni erano stati sequestrati all'indagato in vista della confisca per equivalente, il giudice delle indagini preliminari aveva disposto la vendita di un'auto applicando l'art. 260 c.p.p. che consente l'alienazione del bene sequestrato, suscettibile di alterazione. L'indagato si era opposto, lamentandosi del fatto che la norma autorizza la vendita solo di beni deteriorabili, cosa che nel caso di specie non era, e lamentando che il provvedimento del giudice gli impediva irrimediabilmente di tornare in possesso del suo bene, nel caso in cui fosse stato assolto con conseguente revoca del sequestro. La Cassazione ha quindi ritenuto corretto il provvedimento di vendita, evidenziando che, posto che il sequestro del bene è inteso a consentire all'amministrazione di pervenire ad acquisire dal patrimonio del responsabile un valore pari al profitto che questi ha tratto dal reato, dopo l'esecuzione del provvedimento cautelare è conseguenziale che il giudice si adoperi per preservare il valore della cosa. In proposito, la Cassazione ha precisato che il deterioramento da evitare non è quello della cosa ma quello del suo valore, poiché il concetto di deterioramento non deve essere inteso in un'accezione prettamente fisica ma in un senso comprensivo anche del deprezzamento del bene, cioè della perdita del suo valore intrinseco, secondo la definizione elaborata dalla giurisprudenza in materia di danneggiamento: qualsiasi modifica della cosa che diminuisce in modo apprezzabile il valore o impedisce anche parzialmente l'uso. In secondo luogo, al giudice che ha disposto la cautela reale è attribuito il potere di determinare una conseguenza che va ben oltre quella connessa naturalmente all'imposizione del vincolo coercitivo, perché si realizza il trasferimento, in capo al giudice, di uno dei contenuti del diritto di proprietà: la facoltà di disporre definitivamente di un bene e ciò tanto più quando il vincolo reale è strumentale alla confisca. Del resto, l'articolo 260 del codice di procedura penale pone un'alternativa tra alienazione e distruzione e così richiama un indispensabile vaglio in ordine alla circostanza se la cosa possa o meno avere un valore economico: solo se la cosa è intrinsecamente criminosa o pericolosa, il giudice non può rimetterla in circolazione. L'unica cosa richiesta al giudice quando vuole alienare il bene sottoposto a sequestro è che egli dia puntualmente conto delle ragioni che rendono necessario e opportuno procedere all'alienazione, mediante un giudizio di fatto coerentemente argomentato.
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