Il ricorso immediato al giudice di pace

Lucia Randazzo
10 Luglio 2015

Per i reati procedibili a querela è prevista una diversa e molto più snella forma di citazione a giudizio costituita dal ricorso immediato al giudice di pace. La persona offesa dal reato può citare a giudizio dinanzi al giudice di pace la persona alla quale il reato è attribuito mediante la presentazione di un ricorso contenente i requisiti di cui all'art. 21 del decreto legislativo n. 274 del 2000.
Abstract

Per i reati procedibili a querela è prevista una diversa e molto più snella forma di citazione a giudizio costituita dal ricorso immediato al giudice di pace. La persona offesa dal reato può citare a giudizio dinanzi al giudice di pace la persona alla quale il reato è attribuito mediante la presentazione di un ricorso contenente i requisiti di cui all'art. 21 del decreto legislativo n. 274 del 2000.

Requisiti del ricorso

Il privato, con il ricorso immediato al giudice di pace, viene autorizzato, previa comunicazione al pubblico ministero, mediante deposito presso la sua segreteria, finalizzato ad un suo possibile intervento, a dare impulso alla cosiddetta azione penale privata. Il legislatore ha preferito optare per una soluzione mista, in cui il privato è sottoposto pur sempre ad un controllo da parte della pubblica accusa; per cui si potrebbe parlare di un'azione penale privata temperata. Il pubblico ministero può, infatti, aderire o meno alla richiesta inserita nel ricorso immediato della persona offesa, ove lo ritenga sostenendola.

Il ricorso deve contenere:

a) l'indicazione del giudice;

b) le generalità del ricorrente e, se si tratta di persona giuridica o di associazione non riconosciuta, la denominazione dell'ente, con l'indicazione del legale rappresentante;

c) l'indicazione del difensore del ricorrente e la relativa nomina;

d) l'indicazione delle altre persone offese dal medesimo reato delle quali il ricorrente conosca l'identità (ciò è fondamentale in quanto permette alle altre persone offese di esercitare i diritti – di cui all'art. 28d.lgs. 274/2000 – di intervento nel processo mediante l'assistenza del difensore e con gli stessi diritti che spettano al ricorrente principale);

e) le generalità della persona citata a giudizio. La Corte costituzionale ha dichiarato, con sentenza del 2 marzo 2004, n. 83, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21, comma 2, lett. i), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, censurato in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., in quanto prevede che il ricorso immediato della persona offesa al giudice di pace deve contenere le generalità della persona citata a giudizio. La questione è infatti sollevata sulla base dell'erroneo presupposto che alla persona offesa sia preclusa la possibilità di prendere conoscenza dei dati identificativi dell'imputato, mentre, a norma dell'art. 12, comma 1, lett. h), l. 31 dicembre 1996, n. 675, tra i casi nei quali non occorre il consenso dell'interessato sono incluse le situazioni in cui il trattamento dei dati personali è necessario ai fini dello svolgimento delle indagini difensive o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria. Né è ravvisabile alcuna violazione del diritto di azione e difesa in relazione all'onere di acquisire i dati che consentono la sicura individuazione della persona citata, potendo la persona offesa comunque seguire le vie della ordinaria tutela giurisdizionale davanti al giudice di pace, esercitando la facoltà di presentare querela.

f) la descrizione, in forma chiara e precisa, del fatto che si addebita alla persona citata a giudizio, con l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati;

g) i documenti di cui si chiede l'acquisizione;

h) l'indicazione delle fonti di prova a sostegno della richiesta, nonché delle circostanze su cui deve vertere l'esame dei testimoni e dei consulenti tecnici;

i) la richiesta di fissazione dell'udienza per procedere nei confronti delle persone citate a giudizio. Il requisito assolve ad un doppia funzione: di richiesta di punizione dei colpevoli per i reati che si denunciano (requisito necessario per la proposizione della querela) e di richiesta di fissazione dell'udienza al giudice (funzione di impulso processuale).

Il ricorso deve, inoltre, essere sottoscritto dalla persona offesa oppure dal suo legale rappresentante e dal difensore. La sottoscrizione della persona offesa è autenticata dal difensore. La sottoscrizione non può ritenersi valida quando la firma della persona offesa figuri soltanto in calce alla nomina del difensore, collocata a margine dell'atto. (Cass. pen., Sez. V, 27 settembre 2005, n. 38671).

Costituisce, invece, una mera irregolarità e non una nullità la mancata autenticazione del difensore, che ha apposto la propria firma accanto a quella dell'assistito, della sottoscrizione del ricorso immediato apposta dalla persona offesa. (Cass. pen., Sez. V, 10 febbraio 2006, n. 11588).

In tal senso si veda anche Cass. pen., Sez. V, 23 maggio 2006, n. 22505: “In tema di procedimento davanti al giudice di pace, è illegittima la declaratoria di inammissibilità del ricorso immediato per carenza di sottoscrizione da parte del difensore, qualora quest'ultimo abbia apposto un'unica sottoscrizione nella duplice veste di co-ricorrente e di autenticatore, avendo la persona offesa proposto il ricorso immediato ed essendosi costituita parte civile con un unico atto comprensivo della nomina del difensore e del procuratore speciale per la costituzione di parte civile, posto che, in tal caso, deve ritenersi integrato il requisito della sottoscrizione quale richiesto dall'art. 21,d.lgs. 274 del 2000, avuto anche riguardo alla speciale struttura del ricorso che non attribuisce alla sottoscrizione esclusivi fini di autentica della firma dell'assistito”.

Nei casi previsti dagli articoli 120, commi 2 e 3, e 121 c.p., invece, il ricorso è sottoscritto, a seconda dei casi, dal genitore, dal tutore o dal curatore ovvero dal curatore speciale. Si osservano le disposizioni di cui all'art. 338 c.p.p. La presentazione del ricorso produce gli stessi effetti della presentazione della querela. Nella relazione al d.lgs. 274/2000 si legge che “Ne consegue che i soggetti abilitati ad avvalersene sono le persone offese dal reato indicate dall'articolo 120 c.p., con la limitazione che, per i minori degli anni quattordici, i minori ultraquattordicenni, gli interdetti e gli inabilitati, la legittimazione al ricorso compete soltanto (come riflesso della funzione anche risarcitoria dell'azione, come si vedrà infra) al genitore, al tutore o al curatore speciale nel caso dell'articolo 121 c.p.p.”. I requisiti voluti dalla norma di cui all'art. 21 d.lgs. 274/2000, in particolar modo quelli previsti alle lettere b), c) ed e) (generalità del ricorrente, indicazione del difensore con relativa nomina e generalità della persona citata a giudizio) sono stati traslati in un certo senso dalla norma di cui all'art. 78 c.p.p. inerente la formalità della costituzione di parte civile.

In tema di procedimento avanti al giudice di pace, il ricorso immediato al giudice ex art. 21 d. lgs. n. 274/2000, anche se inserito nel fascicolo per il dibattimento, è utilizzabile ai soli fini di impulso processuale, sicché è esclusa la possibilità di utilizzarne il contenuto a fini probatori (Cass. pen., Sez. V, 24 marzo 2011, n. 17680).

Nel caso in cui il giudice abbia ritenuto il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, ovvero se risulta presentato per un reato che appartiene alla competenza di altro giudice (rispettivamente ai sensi dei commi 2 e 3 dell'art. 26 d.lgs 274/2000), la cancelleria del giudice si occupa della trasmissione del fascicolo al pubblico ministero per l'ulteriore corso del procedimento. Qualora il giudice di pace abbia disponga la trasmissione del ricorso immediato al pubblico ministero per l'ulteriore corso, la successiva richiesta di archiviazione deve sempre essere notificata, a pena di nullità del decreto di archiviazione, alla persona offesa, anche qualora essa non abbia dichiarato di volerne essere informata. (Cass. pen., Sez. V, 26 maggio 2009, n. 24605).

Presentazione del ricorso e costituzione di parte civile

L'art. 22, d.lgs. 274/2000 disciplina la presentazione del ricorso immediato che deve avvenire nella cancelleria del giudice di pace competente per territorio a cura del ricorrente nel termine di tre mesi dalla notizia del fatto che costituisce il reato (il termine corrisponde a quello previsto per la presentazione della querela ai sensi dell'art. 124 c.p.). Il ricorso deve essere, però, previamente comunicato alla segreteria del pubblico ministero mediante deposito di copia nella sua segreteria e deve essere allegata la prova dell'avvenuto deposito al momento della presentazione del ricorso alla cancelleria del giudice di pace competente.

Ai sensi dell'art. 23 del decreto, la costituzione di parte civile deve avvenire a pena di decadenza, con la presentazione del ricorso, senza le possibilità previste dall'art. 79 c.p.p. La richiesta motivata di restituzione o di risarcimento del danno contenuta nel ricorso è equiparata a tutti gli effetti alla costituzione di parte civile.

Aspetti processuali

Secondo la giurisprudenza costante della Corte di cassazione (Sez. III, 5 ottobre 2011, n. 42427) “la rinuncia del ricorrente al ricorso immediato presentato avanti il giudice di pace ex art. 21 d.lgs. 274/2000 equivale alla remissione di querela derivandone, in caso di accettazione dell'imputato, l'estinzione del reato”. La mancata comparizione della persona offesa, invece, nel procedimento dinanzi al giudice di pace equivale ad una remissione di querela sono nel caso in cui ci si trovi dinanzi ad un giudizio che è scaturito dalla presentazione di un ricorso, “in quanto un siffatto comportamento è incompatibile con la persistente volontà di punizione, mentre nell'ipotesi in cui la citazione a giudizio sia stata disposta dalla polizia giudiziaria ai sensi del precedente art. 20 a seguito di presentazione di querela, trovano applicazione le regole generali in materia di remissione tacita di quest'ultima a norma dell'art. 152 c.p., che richiedono una inequivocabile manifestazione di volontà, concretantesi in una condotta incompatibile con la volontà di insistere nella richiesta di punizione, la quale non può ravvisarsi nella mancata comparizione della parte offesa all'udienza dibattimentale.

L'ordinanza di improcedibilità conseguente alla mancata comparizione in udienza della persona offesa che ha presentato ricorso immediato al predetto giudice è un provvedimento assimilabile a una sentenza avendo esso carattere decisorio del procedimento, suscettibile di acquisire forza di giudicato; ne consegue che contro di essa deve ritenersi ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge (Cass. pen., Sez. V, 17 febbraio 2005, n. 10156).

Come già scritto, ai sensi del successivo art. 23, d.lgs. 274/2000 “la costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di decadenza, con la presentazione del ricorso. La richiesta motivata di restituzione o risarcimento del danno contenuta nel ricorso è equiparata a tutti gli effetti alla costituzione di parte civile”. Come confermato dalla Suprema Corte, infatti, nel procedimento avanti al giudice di pace, la presentazione del ricorso immediato ex art. 21, d.lgs. 274/2000, sottoscritto dalla parte lesa e controfirmato con autentica dal difensore con richiesta ivi contenuta di risarcimento del danno subito quale conseguenza del reato denunciato, è valida anche ai fini della costituzione di parte civile, in tal senso derogandosi alle formalità indicate in via generale dal c.p.p. per la costituzione di parte civile (Cass. pen., Sez. V, 17 maggio 2012, n. 24605).

Sono, pertanto, sempre utilizzabili le forme previste dal codice di rito per l'ingresso dell'azione civile nel processo penale ma ad esse è equiparato l'inserimento nel ricorso di una “richiesta motivata di restituzione o risarcimento del danno”.

Ai sensi dell'art. 24 del decreto il ricorso è inammissibile:

a) se è presentato oltre il termine indicato dall'art. 22, comma 1 (questo primo caso di inammissibilità si riferisce al termine perentorio di tre mesi);

b) se risulta presentato fuori dei casi previsti;

c) se non contiene i requisiti indicati nell'art. 21, comma 2, ovvero non risulta sottoscritto a norma dei commi 3 e 4 del medesimo articolo;

d ) se è insufficiente la descrizione del fatto o l'indicazione delle fonti di prova;

e) se manca la prova dell'avvenuta comunicazione al pubblico ministero.

Richieste del pubblico ministero

L'art. 25 del d.lgs. n. 274/2000 disciplina le richieste del pubblico ministero che entro dieci giorni dalla comunicazione del ricorso presenta le sue richieste alla cancelleria del giudice di pace. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, ovvero presentato dinanzi ad un giudice di pace incompetente per territorio, il pubblico ministero esprime parere contrario alla citazione; altrimenti formula l'imputazione confermando o modificando l'addebito contenuto nel ricorso.

I provvedimenti del giudice di pace

Secondo la giurisprudenza costante della Corte di cassazione (Sez. III, 5 ottobre 2011, n. 42427) “la rinuncia del ricorrente al ricorso immediato presentato avanti il giudice di pace ex art. 21 d.lgs.274/2000 equivale alla remissione di querela derivandone, in caso di accettazione dell'imputato, l'estinzione del reato”. La mancata comparizione della persona offesa, invece, nel procedimento dinanzi al giudice di pace equivale ad una remissione di querela sono nel caso in cui ci si trovi dinanzi ad un giudizio che è scaturito dalla presentazione di un ricorso, “in quanto un siffatto comportamento è incompatibile con la persistente volontà di punizione, mentre nell'ipotesi in cui la citazione a giudizio sia stata disposta dalla polizia giudiziaria ai sensi del precedente art. 20 a seguito di presentazione di querela, trovano applicazione le regole generali in materia di remissione tacita di quest'ultima a norma dell'art. 152 c.p., che richiedono una inequivocabile manifestazione di volontà, concretantesi in una condotta incompatibile con la volontà di insistere nella richiesta di punizione, la quale non può ravvisarsi nella mancata comparizione della parte offesa all'udienza dibattimentale.

L'ordinanza di improcedibilità conseguente alla mancata comparizione in udienza della persona offesa che ha presentato ricorso immediato al predetto giudice è un provvedimento assimilabile a una sentenza avendo esso carattere decisorio del procedimento, suscettibile di acquisire forza di giudicato; ne consegue che contro di essa deve ritenersi ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge(Cass.pen.,Sez. V, 17 febbraio 2005, n. 10156).

Come già scritto, ai sensi del successivo art. 23, d.lgs. 274/2000 “la costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di decadenza, con la presentazione del ricorso. La richiesta motivata di restituzione o risarcimento del danno contenuta nel ricorso è equiparata a tutti gli effetti alla costituzione di parte civile”. Come confermato dalla Suprema Corte, infatti, nel procedimento avanti al giudice di pace, la presentazione del ricorso immediato ex art. 21,d.lgs. 274/2000, sottoscritto dalla parte lesa e controfirmato con autentica dal difensore con richiesta ivi contenuta di risarcimento del danno subito quale conseguenza del reato denunciato, è valida anche ai fini della costituzione di parte civile, in tal senso derogandosi alle formalità indicate in via generale dal c.p.p. per la costituzione di parte civile (Cass. pen., Sez. V, 17 maggio 2012, n. 24605).

Sono, pertanto, sempre utilizzabili le forme previste dal codice di rito per l'ingresso dell'azione civile nel processo penale ma ad esse è equiparato l'inserimento nel ricorso di una “richiesta motivata di restituzione o risarcimento del danno”.

Ai sensi dell'art. 24 del decreto il ricorso è inammissibile:

a) se è presentato oltre il termine indicato dall'art. 22, comma 1 (questo primo caso di inammissibilità si riferisce al termine perentorio di tre mesi);

b) se risulta presentato fuori dei casi previsti;

c) se non contiene i requisiti indicati nell'art. 21, comma 2, ovvero non risulta sottoscritto a norma dei commi 3 e 4 del medesimo articolo;

d ) se è insufficiente la descrizione del fatto o l'indicazione delle fonti di prova;

e) se manca la prova dell'avvenuta comunicazione al pubblico ministero.

Richieste del pubblico ministero

L'art. 25 deld.lgs. n. 274/2000 disciplina le richieste del pubblico ministero che entro dieci giorni dalla comunicazione del ricorso presenta le sue richieste alla cancelleria del giudice di pace. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, ovvero presentato dinanzi ad un giudice di pace incompetente per territorio, il pubblico ministero esprime parere contrario alla citazione; altrimenti formula l'imputazione confermando o modificando l'addebito contenuto nel ricorso.

I provvedimenti del giudice di pace

L'art. 26, d.lgs. 274/2000 rubricato “provvedimenti del giudice di pace” sancisce che, decorso il termine di dieci giorni dalla comunicazione del ricorso al pubblico ministero, il giudice, anche in assenza del parere del P.M., potrà valutare l'esistenza di cause di inammissibilità del ricorso o la sua manifesta infondatezza. In questo caso il giudice se ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato o inammissibile trasmette gli atti al pubblico ministero per l'ulteriore corso del procedimento (art. 26, comma 2).

Nel procedimento penale davanti al giudice di pace, nel caso di ricorso immediato al giudice, qualora il pubblico ministero, nel termine di cui all'art. 25, d.lgs. 274/2000 abbia espresso parere contrario (o sia rimasto del tutto "inerte" omettendo di presentare le proprie richieste), il giudice di pace può adottare solo i provvedimenti, indicati nel successivo art. 26, d.lgs. 274/2000, diversi dalla convocazione delle parti (art. 27 dello stesso decreto legislativo): ciò significa che potrà e dovrà limitarsi a rimettere gli atti al pubblico ministero, il quale procederà liberamente nelle forme ordinarie (esercizio dell'azione penale o archiviazione), mentre non gli sarà consentito imporre una "imputazione coatta" analoga a quella fissata dall'art. 409, comma 5, c.p.p., la quale determinerebbe una variante della procedura che è incompatibile con la necessità di rispettare, in ogni caso, le forme speciali del ricorso immediato rispetto a quelle ordinarie.

Da queste premesse, la Corte, accogliendo il ricorso del Procuratore della Repubblica, ha annullato senza rinvio, ritenendola abnorme, l'ordinanza con la quale il giudice di pace, a fronte del parere contrario espresso dal pubblico ministero sul ricorso immediato, aveva invece ordinato allo stesso di "formulare l'imputazione" ai fini dell'ulteriore corso; la Corte ha conseguentemente disposto trasmettersi gli atti al pubblico ministero "per l'ulteriore corso" (Cass. pen., Sez. IV, 6 novembre 2008, n. 47030).

La Corte di cassazione ritiene che nel caso in cui il pubblico ministero abbia presentato parere contrario alla citazione, ai sensi dell'art. 25 comma 2, ovvero sia rimasto inerte: “il giudice, ove non ritenga di adottare alcuno dei provvedimenti previsti dall'art. 26, non può emettere decreto di convocazione delle parti ai sensi dell'art. 27, formulando egli stesso l'imputazione, e neppure può ordinare, avvalendosi del disposto di cui all'art. 409 comma 4 c.p.p., che l'imputazione sia coattivamente formulata dal pubblico ministero, ma può soltanto rimettere a quest'ultimo gli atti perché proceda liberamente nelle forme ordinarie” (Cass. pen., Sez. V, 22 marzo 2005, n. 36636).All'esito di detta trasmissione il pubblico ministero potrebbe, in seguito ad ulteriori indagini, emettere una citazione a giudizio ai sensi dell'art. 20,d.lgs. 274/2000 oppure presentare richiesta di archiviazione al giudice di pace ai sensi dell'art. 17, d.lgs. 274/2000.

Nel caso in cui, invece, il ricorso immediato sia presentato per un reato che appartiene alla competenza di altro giudice, il giudice di pace deve disporre con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero (art. 26, comma 3, d.lgs. 274/2000). Per l'eventualità che l'incompetenza sia territoriale si è data, dunque, una ulteriore possibilità al ricorrente di presentare nuovamente il ricorso entro 20 giorni dalla restituzione degli atti a pena di inammissibilità (art. 26, comma 4).

Se il giudice non deve provvedere ai sensi dell'art. 26, entro venti giorni dal deposito del ricorso deve convocare le parti in udienza con decreto (art. 27, comma 1). Il giudice è tenuto a rispettare un secondo termine per cui tra la data del deposito del ricorso e l'udienza non devono intercorrere più di novanta giorni (art. 27, comma ).

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