Obbligo di verità ex art. 497, comma 2, c.p.p.

Claudia Castiglione
10 Luglio 2015

Il perito e il consulente tecnico devono pronunciare la dichiarazione d'impegno ex art. 497, comma 2, c.p.p. al pari dei testimoni? Sul punto sono chiare le Linee guida per l'esame incrociato nel giusto processo, elaborate da una Commissione del La.P.E.C. e Giusto Processo (Laboratorio Permanente Esame e Controesame).

Il perito e il consulente tecnico devono pronunciare la dichiarazione d'impegno ex art. 497, comma 2, c.p.p. al pari dei testimoni?

Sul punto sono chiare le Linee guida per l'esame incrociato nel giusto processo, elaborate da una Commissione del La.P.E.C. e Giusto Processo (Laboratorio Permanente Esame e Controesame), secondo cui “ai periti e ai consulenti tecnici non è rivolto l'invito alla dichiarazione di impegno a dire la verità sulle valutazioni di loro competenza, se non limitatamente ai fatti direttamente appresi durante la loro attività”.

Si ritiene quindi, che ad entrambi non possa applicarsi l'art. 497, comma 2, c.p.p.: tali organi, si distinguono dalla figura del testimone in quanto portatori di un sapere “critico” e non di un sapere “storico”.

Di talché, possono essere soggette a verità solo le circostanze inerenti gli accertamenti effettuati, la metodologia utilizzata, gli elementi raccolti nel corso delle operazioni svolte ma non anche la loro valutazione conclusiva, sulla quale, in quanto espressione di un giudizio, non può dirsi sussistente un obbligo di verità.

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