Violenza sessuale su minore. Maggiore onere di motivazione per il giudice che si discosta dalla Carta di Noto
11 Gennaio 2017
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 648 depositata il 9 gennaio 2016 ha chiarito la portata precettiva delle linee guida contenute nella Carta di Noto, nonché le conseguenze delle loro violazione. Il caso portato all'esame della Sez. III penale riguardava un soggetto condannato in secondo grado alla pena di sette anni e sei mesi di reclusione per il reato continuato di cui agli articoli 81, 609-quater, comma 1, n. 1 e ultimo comma c.p. L'imputato, nel suo ricorso, contestava, tra l'altro, la conduzione maldestra delle indagini che avrebbe irrimediabilmente compromesso la possibilità di considerare genuine le dichiarazioni della vittima. In particolare, il maresciallo dei carabinieri aveva prelevato il minore da scuola con una scusa, obbligandolo, nonostante le sue proteste, ad ascoltare una registrazione tra l'imputato e un soggetto terzo, attuando così un'operazione investigativa in aperto contrasto con le linee guida della Carta di Noto. I giudici di legittimità, nel confermare la condanna dell'imputato, condannandolo, altresì, alle spese processuali, affermano che il giudice, nella fase di assunzione della prova e nella sua successiva valutazione, non è vincolato al rispetto delle metodiche suggerite dalla Carta di Noto, dalle quali può anche prescindere quando non imposte dal codice di rito e la loro violazione non comporta l'inutilizzabilità della prova così assunta […] tuttavia, egli è tenuto a motivare perché, nonostante ciò, ritenga, secondo il proprio libero, ma non arbitrario, convincimento, attendibile la prova dichiarativa assunta in violazione delle prescrizioni della Carta; quanto più grave e ampia sarà stata la violazione dei modelli, protocolli e procedure prescritti dalla Carta di Noto e quanto più saranno state, sul punto, le eccezioni difensive, tanto più ampio sarà l'onere di motivare sull' attendibilità del minorenne abusato. Nel caso di specie, il Collegio non mette in discussione, dunque, il “metodo non ortodosso” utilizzato per l'assunzione delle informazioni da parte del minore vittima di abusi, ma evidenzia come non possono nutrirsi dubbi sulla veridicità del loro contenuto. |