Continuazione interna e esterna

Michele Sbezzi
11 Luglio 2016

In cosa consiste la distinzione tra continuazione “interna” ed “esterna” e quale è il suo ambito applicativo? La continuazione è istituto di diritto sostanziale, regolato dal codice penale al Capo III del Libro primo, al Titolo del concorso di reati. Si tratta di una disposizione che intende mitigare la sanzione complessivamente risultante dal concorso materiale di pene, che porterebbe colui il quale riportasse più condanne per più reati a scontare la somma delle pene inflitte con le diverse sentenze.

In cosa consiste la distinzione tra continuazione interna ed esterna e quale è il suo ambito applicativo?

La continuazione è istituto di diritto sostanziale, regolato dal codice penale al Capo III del Libro primo, al Titolo del concorso di reati.

Si tratta di una disposizione che intende mitigare la sanzione complessivamente risultante dal concorso materiale di pene, che porterebbe colui il quale riportasse più condanne per più reati a scontare la somma delle pene inflitte con le diverse sentenze.

La continuazione comporta, infatti, sia punito con la pena per la violazione più grave, aumentata fino al triplo, chi abbia violato diverse disposizioni di legge con una sola azione o omissione (c.d. concorso formale); ovvero chi, con più azioni o omissioni ed anche in tempi diversi, abbia violato una o più disposizioni di legge (c.d. reato continuato).

In questo secondo caso, dispone l'art. 81del codice penale che, per potersi applicare l'istituto in argomento, le diverse azioni o omissioni devono potersi considerare legate tra loro da una unicità di intenti.

Evidentemente, se la commissione di un singolo fatto di reato costituisce espressione di una ribellione all'ordinamento, nella commissione di più reati è da intravvedersi una molteplicità di ribellioni, o comunque di atti contrari all'ordinamento costituito. Nel caso in cui tale molteplicità di fatti di reato abbia però di mira un unico fine, può ritenersi congrua una attenuazione delle sanzioni astrattamente applicabili al cumulo di reati. Ciò è ottenibile, appunto, con l'istituto in argomento.

Si indica, quindi, con l'allocuzione francamente orribile di "medesimezza" dell'intento criminoso, quel vincolo tra più fatti di reato legati tra loro dal vincolo costituito dall'unicità dell'intento criminoso; secondo l'orientamento della Corte di cassazione, tale vincolo non può consistere nel semplice e generico, ma unitario, progetto di attività delinquenziali, che prevedano il compimento di molteplici reati non ancora compiutamente ideati; bensì nella specifica individuazione, fin dalla commissione del primo reato, di tutti quelli successivi, quantomeno nelle loro connotazioni fondamentali.

Così, per esempio, è da escludersi la possibilità di giudicare come commessi in continuazione più reati di ricettazione quando all'epoca della commissione dei primi non siano stati ancora commessi i delitti presupposti (ad esempio i furti) delle ricettazioni successive. Ciò perchè in un caso del genere sarebbe venuto ad esistenza solo un generico progetto di attività delinquenziali e non anche la specifica previsione di commissione di fatti determinati, uniti tra loro dal vincolo dell'unicità dell'intento criminoso.

Venendo più specificamente all'argomento del presente parere, va detto che la continuazione può essere interna o esterna.

La continuazione interna può applicarsi solo a quei fatti di reato che siano oggetto di contemporaneo vaglio in un unico procedimento penale. Nel caso tali fatti siano tra loro legati da unicità di intento criminoso, l'eventuale condanna potrà essere unica e liquidata determinando la pena base sul più grave dei fatti giudicati, aumentata fino al triplo

Continuazione esterna è invece quella eventualmente applicabile a diversi fatti di reato che siano o siano già stati oggetto di accertamento in procedimenti penali diversi tra loro.

Se la continuazione interna ha quindi ambito di applicazione limitato al singolo procedimento penale, la continuazione esterna ha ambito più vasto. Grazie a essa, ove ne ricorrano i presupposti, una condanna già emessa, ed anche definitiva, può essere "rivisitata": la pena relativa a certi fatti può essere modificata in aumento per comprendere – in continuazione, appunto – una ulteriore porzione di pena relativa ad altri e diversi fatti di reato.

La necessità di riconoscere la possibile sussistenza della continuazione esterna nasce dall'esigenza di garantire agli imputati uniformità di sanzioni, a prescindere dal fatto che gli addebiti loro mossi vengano vagliati in un unico contesto o in più procedimenti.

Molteplici sono, infatti, le cause del possibile "sdoppiamento" dei fascicoli penali e, per conseguenza, della possibile celebrazione di più giudizi nei confronti di uno stesso imputato, per fatti collegati tra loro dall'unicità di cui sopra e commessi entro un lasso temporale ragionevole.

Se la continuazione esterna non esistesse, l'imputato che avesse a carico più procedimenti penali per fatti finalisticamente collegabili tra loro rischierebbe di dover scontare un cumulo materiale di pene, consistente nella somma aritmetica delle condanne riportate nei diversi giudizi, certamente ben maggiore del cumulo formale consentito dall'istituto della continuazione.

Per lungo tempo ha dominato la teoria secondo cui veniva ritenuta applicabile la continuazione esterna solo nel caso in cui il reato oggetto di un nuovo giudizio fosse meno grave di quelli già giudicati in precedenza ed ormai oggetto di giudicato definitivo.

Ciò perchè, si sosteneva, la modificazione del portato della sentenza definitiva (per la necessità di liquidare la pena base, prima dell'aumento fino al triplo, per il reato più grave) avrebbe costituito violazione del principio di intangibilità del giudicato penale.

Con sentenza del 21 giugno 1986, le Sezioni unite penali della suprema Corte di cassazione hanno finalmente chiarito che la continuazione deve invece ritenersi applicabile anche nel caso in cui il nuovo reato da giudicare sia più grave di quello o di quelli già giudicati.

Nel 1988, poi, la novella legislativa che ha modificato, con l'intero codice, anche l'esecuzione penale ha introdotto il principio di cui all'art. 671 c.p.p., secondo il quale il concorso formale e l'istituto della continuazione non sono applicabili al caso di più sentenze o più decreti penali irrevocabili a carico del medesimo soggetto solo qualora il Giudice della cognizione ne abbia espressamente escluso la ricorrenza.

Ciò significa, tra l'altro, che l'istituto è comunque applicabile a nuovi fatti, a prescindere dalla maggiore o minore loro gravità rispetto a quelli già giudicati.

Da quanto sopra esposto, si trae, quindi, che l'ambito di applicazione dell'istituto del concorso esterno è più ampio, per essere espressamente applicabile tanto al caso di giudizi diversi tra loro quanto, addirittura, al caso del procedimento di esecuzione, nel corso del quale ben può chiedersi, a mente del richiamato art. 671 c.p.p., l'applicazione tanto del concorso formale quanto della continuazione.

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