Prescrizione dell'illecito amministrativo commesso dall'ente. Disciplina conforme ai principi costituzionali
11 Luglio 2016
La Corte di cassazione, Sezione VI, con sentenza n. 28299, depositata il 7 luglio 2016, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 d.lgs. 231/2001 in relazione agli artt. 3, 24, comma 2, e 111 Cost. sollevata da Ansaldo S.P.A., ricorrente in un processo riguardante una serie di accordi corruttivi volti ad offrire, o a farsi fornire, dati tecnici e informazioni volte a pregiudicare lo svolgimento alcune gare pubbliche e alterare l'effettiva concorrenza dei partecipanti. Non vi sarebbe, infatti, alcuna irragionevolezza nella disciplina della prescrizione per gli illeciti commessi dall'ente imputato rispetto al regime che lo stesso istituto prevede per gli imputati persone fisiche, contrariamente a quanto, invece, sostenuto dalla ricorrente, secondo la quale non vi sarebbe alcuna plausibile ragione che giustifichi una diversità di trattamento tra persone giuridiche e persone fisiche dal momento che identica è la ragione che legittima la prescrizione in entrambi i casi: il venir meno dell'interesse alla punizione per il decorso del tempo. Spiegano i giudici di legittimità che la responsabilità dell'ente si fonda su un illecito amministrativo e la circostanza che tale illecito venga accertato nel processo penale, spesso unitamente all'accertamento del reato posto in essere dalla persona fisica, non determina alcun mutamento della sua natura: il sistema di responsabilità ex delicto di cui al decreto legislativo 231 è stato qualificato come tertium genus, sicché non può essere ricondotto integralmente nell'ambito e nelle categorie nel processo penale. Pertanto, se i due illeciti hanno natura differente, allora può giustificarsi un regime derogatorio e differenziato con riferimento alla prescrizione. Anche l'art. 35, che prevede l'estensione della disciplina riferita all'imputato riconosce l'oggettiva impossibilità di una completa parificazione e, infatti, numerose sono le deroghe previste nel modello di responsabilità delle persone giuridiche. Tantomeno, sostiene la Cassazione, può ravvisarsi un contrasto con il principio della ragionevole durata del processo: trattasi infatti un termine di prescrizione oggettivamente breve (5 anni) e nel regime degli effetti interruttivi ricalca la disciplina civilistica, stabilendo che, una volta contestato l'illecito amministrativo, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato al sentenza che definisce il giudizio. Una volta contestato l'illecito nel termine di cinque anni risulta difficile che si verifichi la prescrizione nel corso del giudizio, a differenza di quanto accade per i reati, ma ciò avviene sulla base di una scelta del Legislatore che vuole evitare che, in presenza di un interesse dell'autorità procedente a far valere la potestà punitiva dello Stato, manifestata attraverso l'esercizio dell'azione penale, si corra il rischio di dover dichiarare l'estinzione dell'illecito per il sopraggiungere della prescrizione. Ulteriore garanzia prevista dal Legislatore è da individuarsi nell'art. 60 il quale dispone che non può procedersi alla contestazione dell'illecito amministrativo nel caso in cui il reato presupposto è estinto prescrizione. |