Cassazione: più grave il tentato omicidio della moglie rispetto a quello della convivente
12 Gennaio 2017
La Corte di cassazione, Sezione I, con sentenza n. 808 depositata il 10 gennaio 2017 ha dichiarato di non doversi applicare l'aggravante di cui all'art. 577, comma 2, c.p. nei confronti del soggetto che abbia tentato di uccidere la convivente more uxorio. Il testo della norma infatti richiede espressamente, ai fini dell'aumento di pena da 24 a 30 anni, che il fatto sia commesso contro il coniuge. Richiamando risalente giurisprudenza il Collegio afferma la non irrazionalità del diverso trattamento normativo nei confronti del coniuge rispetto al convivente tenuto conto della sussistenza del rapporto di coniugio e del carattere di tendenziale stabilità e riconoscibilità del vincolo coniugale (Cass. pen. 6037/1988). L'aggravante del rapporto di coniugio riposa sul valore morale, sociale e giuridico della qualità di coniuge per la quantità dei doveri che comporta (Cass. pen. 1622/1971). Anche la Corte costituzionale con sentenza n. 352/2000 aveva ritenuto non irragionevole o arbitrario che il Legislatore adotti soluzioni diversificate per la famiglia fondata sul matrimonio, contemplata nell'art. 29 della Costituzione, e per la convivenza more uxorio, venendo in rilievo, con riferimento alla prima […] non soltanto esigenze di tutela delle relazioni affettive individuali, ma anche quella della protezione della “istituzione familiare”, basata sulla stabilità dei rapporti di fronte alla quale soltanto si giustifica l'affievolimento della tutela del singolo componente. Sulla base di tali motivazioni la Cassazione ha pertanto annullato senza rinvio la parte della sentenza della Corte d'appello di Roma che, nel condannare l'imputato per il reato di tentato omicidio a danno della convivente e madre della loro figlia, aveva applicato la suddetta circostanza aggravante. |