Manifesta infondatezza dei motivi del ricorso. I criteri per la valutazione dei giudici di legittimità
12 Giugno 2017
La Sezione II penale della Corte di cassazione, chiamata a pronunciarsi sui ricorsi di diversi imputati, tutti dichiarati colpevoli dal tribunale di Torino per aver commesso delle truffe, consumate o tentate, in danno della regione Piemonte, finalizzate ad ottenere indebitamente, con l'impiego dei raggiri e artifizi compiutamente descritti per ciascun capo, in un periodo di origine compreso tra il 2003 ed il marzo 2011, finanziamenti destinati ad attività imprenditoriali di varia natura, erogati dall'ente territoriale, con fondi propri, statali o europei, tramite Finpiemonte S.P.A., ha illustrato i parametri ai quali il giudice di legittimità attenersi ai fini della valutazione dei motivi di ricorso, tenendo conto della rilevanza che può assumere una declaratoria di infondatezza o manifesta infondatezza. Avendo a mente che il discrimine tra manifesta infondatezza e (semplice) infondatezza è incerto e pone il giudice davanti ad una scelta talvolta opinabile e che l'inammissibilità per manifesta infondatezza preclude il proscioglimento dell'imputato ai sensi dell'art. 129 c.p.p., i giudici di legittimità hanno affermato il principio di diritto secondo cui deve considerarsi manifestante infondata «la questione chi si riveli ictu oculi priva di ogni consistenza, ovvero che riproponga pedissequamente una questione già dichiarata non fondata in difetto di nuovi motivi che possano indurre a modificare la precedente decisione». Pertanto, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso, il giudice di legittimità è tenuto a valutare: « a) con riferimento ai motivi che deducano inosservanza od erronea applicazione di leggi, se essi risultino caratterizzati da evidenti errori di diritto nell'interpretazione della norma posta a sostegno del ricorso, come accade nei casi in cui:
b) con riferimento ai motivi che deducano vizi di motivazione (se consentiti e dotati della specificità necessaria ex art. 581, comma 1, lett. c), c.p.p.: in difetto, opererebbe una diversa e tassativa causa d'inammissibilità del ricorso), se essi muovano, sul fatto, sullo svolgimento del processo, sulla sentenza impugnata, censure o critiche sostanzialmente vuote di significato in quanto manifestamente contrastate dagli atti processuali, come accade, ad esempio, nel caso in cui il motivo di ricorso attribuisca alla motivazione della decisione impugnata un contenuto letterale, logico e critico radicalmente diverso da quello reale ». |