Omicidio doloso ed omicidio preterintenzionale
12 Ottobre 2015
Omicidio doloso ed omicidio preterintenzionale: dove risiede l'elemento distintivo?
Avuto riguardo alle fattispecie incriminatrici di cui agli artt. 575 e 584 c.p. appare agevole individuare la medesimezza dell'evento finale del reato: la morte della vittima. Risulta altrettanto evidente, in astratto, la differenza tra le due ipotesi con riferimento all'elemento materiale, laddove l'omicidio preterintenzionale è caratterizzato da una specifica connotazione modale della condotta tipica (gli atti diretti a percuotere ovvero a ledere). Nella pratica, tuttavia, può rivelarsi particolarmente ardua l'opera di qualificazione giuridica del fatto, sicché il criterio distintivo tra l'omicidio preterintenzionale e l'omicidio volontario deve essere ricercato sul piano dell'elemento soggettivo del reato. Come si deduce dal disposto dell'art. 43 c.p., infatti, mentre nel primo caso la volontà dell'agente è diretta a percuotere o a ferire la vittima, con esclusione assoluta di ogni previsione dell'evento morte, nel secondo la volontà è costituita dall'animus necandi, il cui accertamento è rimesso alla valutazione rigorosa degli elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta (il tipo e la micidialità dell'arma, la reiterazione e la direzione dei colpi, la distanza di sparo, la parte vitale del corpo presa di mira e quella concretamente attinta). Nell'ipotesi di cui all'art. 575 c.p., insomma, la previsione dell'evento è necessaria e deve essere accertata in concreto, non essendo sufficiente la semplice prevedibilità dello stesso, salvo che, per le concrete modalità della condotta, la prevedibilità sia così evidente che da essa possa desumersi la prova della effettiva previsione da parte dell'agente. (Cass. pen., n. 4425/2013). |