La confisca del prezzo del reato e l'avvenuta prescrizione del reato: criticità applicative

15 Luglio 2015

È ammissibile procedere alla confisca dei beni costituenti il prezzo del reato quando quest'ultimo sia prescritto?

È ammissibile procedere alla confisca dei beni costituenti il prezzo del reato quando quest'ultimo sia prescritto?

È stata controversa, almeno fino alla decisione delle Sezioni unite del 26 giugno 2015, Ric. Lucci, la questione circa la possibilità di ordinare ai sensi degli artt. 240, comma 2, n. 1 e/o 322-ter c.p., e con quali limiti, la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato nel caso in cui il processo si concluda con una sentenza dichiarativa del reato per prescrizione e non con una sentenza di condanna o di patteggiamento.

Corollario della questione è se, nel caso in cui il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia la disponibilità debba essere qualificata come confisca per equivalente ovvero come confisca diretta e, ove si tratti di confisca diretta, si debba individuare il nesso pertinenziale tra reato e denaro.

Il tema sulla possibilità di disporre la confisca in presenza della maturazione del termine di prescrizione del reato era stato affrontato dalla Corte Edu nella nota sentenza Varvara c/Italia del 29 ottobre 2013 ove si era affermato che “la confisca disposta in assenza di condanna viola l'art. 7 della Cedu”.

Pronuncia recentemente “criticata” dalla Corte costituzionale con la ancor più nota, per le reazioni suscitate e non sempre positive, sentenza n. 49 del 25 marzo 2015 che ha ritenuto, nel caso di lottizzazione abusiva, di precisare che “la sentenza Varvara […] non riflette alcun orientamento consolidato della giurisprudenza europea” e tale circostanza avrebbe determinato l'erroneità del presupposto interpretativo utilizzato dai giudici rimettenti.

Ebbene le Sezioni unite, con la sopra richiamata decisione del 26 giugno 2015, hanno statuito che è possibile ordinare la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato ai sensi dell'art. 240, comma 2, n. 1, c.p. anche nel caso in cui sia intervenuta la prescrizione del reato ma solo se vi sia stata una precedente pronuncia di condanna in primo o secondo grado. Trattandosi poi di confisca diretta, proseguono le Sezioni unite, non è richiesto l'accertamento di un nesso di pertinenzialità tra reato e denaro.

La motivazione è in corso di deposito ma si può già affermare che tale principio di diritto non sia applicabile alla confisca per equivalente ai sensi dell'art. 322-ter c.p., almeno per quanto si evince dalla informazione provvisoria diramata dalla Corte.

Infatti, a differenza della confisca – misura di sicurezza di cui all'art. 240, comma 2, n. 1, c.p. (“è sempre ordinata la confisca”), quella prevista dall'art. 322-ter c.p. è una vera e propria sanzione, come attestato dal chiaro tenore letterale della norma che richiede, come presupposto ineliminabile per il provvedimento ablativo del bene, una sentenza di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. Dato testuale non superabile se non con equilibrismi giuridici “dai piedi d'argilla” che aprirebbero certamente la strada ad un nuovo ricorso per violazione dell'art. 7 della Cedu alla Corte di Strasburgo, con esiti che appaiono prevedibili alla luce della citata sentenza Varvara.

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