Le cause di non punibilità riferite al coniuge valgono anche per il convivente more uxorio

Redazione Scientifica
15 Settembre 2015

I giudici della seconda Sezione penale della Corte di cassazione equiparano, ai fini della causa di non punibilità di cui all'art. 384 c.p., la famiglia pleno iure alle unioni di fatto.

Sinora la giurisprudenza maggioritaria, sia di legittimità che costituzionale, aveva ritenuto non irragionevole o arbitrario che nella disciplina delle cause di non punibilità, quali quelle contenute nell'art. 384, comma 1, c.p., la convivenza more uxorio non fosse equiparata al rapporto di coniugio, in quanto, in ragione del bilanciamento di interessi – repressione degli illeciti penali da un lato e valore dell'unità della famiglia dall'altro – sarebbe ragionevole che il legislatore adotti soluzioni diversificate per la famiglia fondata sul matrimonio, data la tutela costituzionale attribuitale dall'art. 29 Cost. rispetto alla convivenza more uxorio.

Argomentando in senso contrario, i giudici della seconda Sezione penale della Corte di cassazione (conf. anche Cass. pen., Sez. IV, 32190/2009), con la sentenza n. 34147 del 2015, hanno accolto – sulla scia della giurisprudenza della Corte Edu – una nozione di famiglia e di coniugio in linea con i mutamenti sociali degli ultimi decenni del secolo scorso ed hanno ritenuto necessario adattare ad essi l'interpretazione della regula juris in oggetto, equiparando, anche per esigenze di carattere sistematico, ai fini della causa di non punibilità di cui all'art. 384 c.p. la famiglia pleno iure alle unioni di fatto, osservando che incontestabilmente “oggi famiglia e matrimonio hanno un significato diverso e più ampio rispetto a quello che veniva loro attribuito all'epoca dell'entrata in vigore del codice penale ancora vigente e la stabilità del rapporto, con il venir meno dell'indissolubilità del matrimonio, non costituisce più caratteristica assoluta e inderogabile ed anzi spesso caratterizza maggiormente unioni non fondate sul matrimonio”.

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