Produzione e traffico di droghe pesanti. La Cassazione solleva questione di legittimità costituzionale
16 Gennaio 2017
La Corte di cassazione, Sezione VI, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli articoli 25, 3 e 27 Cost., in relazione all'art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990, nella parte in cui detta norma prevede (a seguito della sentenza n. 32/2014 della Corte cost.) la pena minima edittale di otto anni in luogo a quella di sei anni introdotta dall'art. 4-bis d.l. 272/2005, conv. con mod., l. 49/2006. La disposizione in questione è tornata in vigore a seguito della citata pronuncia che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 4-bis d.l. 272/2005, conv. modif. in l. 49/2006, con il quale era stato modificato il comma 1. Il testo in vigore prima della sentenza 32/2014 era: Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette i vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall'art. 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000. Fermo restando che le sentenze d'incostituzionalità sono su un piano di parità rispetto alla legge ordinaria, l'art. 25, comma 2, Cost. sancisce il principio generale per cui gli interventi in materia penale tesi ad ampliare l'area di un incriminazione ovvero ad inasprirne le sanzioni possono essere legittimamente compiuti soltanto ad opera del Legislatore parlamentare. Lo scrutinio di costituzionalità sarebbe quindi consentito solo e soltanto con riguardo alle norme penali di favore in senso stretto, id est a quelle che introducono una disciplina speciale rispetto a quella generale. Ne consegue che non può ritenersi consentita la pronuncia di costituzionalità in malam partem che interessi una norma con la quale il Legislatore sia intervenuto a modificare la risposta sanzionatoria, in virtù di una valutazione di politica criminale volta a garantire una migliore modulazione della risposta sanzionatoria alle condotte concernenti gli stupefacenti e, dunque, ad assicurarne l'applicazione di una pena più adeguata al caso di specie. Inoltre il Collegio remittente ritiene il comma 1 dell'art. 73 incostituzionale, altresì, per difetto di ragionevolezza che emerge confrontando la disposizione in questione con quella contenuta al comma 5, che prevede la fattispecie “lieve”. Si rileva come, se la linea di demarcazione “naturalistica” tra le due condotte sia talvolta non netto, le rispettive risposte sanzionatorie siano estremamente ed irragionevolmente distanti: la pena massima prevista al comma 5 è di anni 4 mentre la minima prevista dal comma 1 è di 8. Ciò conduce, nella prassi, a forzature interpretative, da parte dei giudici, volte a rimediare a tale dislivello edittale. |