La violenza di gruppo e l'attenuante dei “casi di minore gravità”

Marco Galati
16 Marzo 2017

La circostanza attenuante di cui all'ultimo comma dell'art. 609-bis c.p. è applicabile all'autonoma fattispecie di cui all'art. 609-octies c.p.? La giurisprudenza ritiene inapplicabile la circostanza attenuante prevista dall'art. 609-bis c.p., ultimo comma, al reato di violenza sessuale di gruppo. La Cassazione ha, infatti, ritenuto ...

La circostanza attenuante di cui all'ultimo comma dell'art. 609-bis c.p. è applicabile all'autonoma fattispecie di cui all'art. 609-octies c.p.?

La giurisprudenza ritiene inapplicabile la circostanza attenuante prevista dall'art. 609-bis c.p., ultimo comma, al reato di violenza sessuale di gruppo. La Cassazione ha, infatti, ritenuto la diminuente in questione specificamente riferita soltanto alla violenza sessuale individuale, evidenziando la incompatibilità logica di detta circostanza con la maggiore gravità di una violenza sessuale commessa in gruppo (ex plurimis, Cass. pen., Sez. III, 22 ottobre 2014, n. 4913 e nello stesso senso, Cass. pen., Sez. III, 21 novembre 2012, n. 17699; Cass. pen.,Sez. III, 9 novembre 2011, n. 44419; Cass. pen., Sez. III, 12 ottobre 2007, n. 42111). L'orientamento ora citato appare in sintonia con quanto rilevato sul punto dalla Corte costituzionale (sentenza n. 325 del 2005) secondo la quale la violenza sessuale di gruppo, proprio a causa della presenza di più persone riunite, cagiona una lesione particolarmente grave e traumatica della sfera di autodeterminazione della libertà sessuale della vittima. Tali caratteristiche differenziano anche sul terreno qualitativo la condotta di cui all'art. 609-octies c.p. dagli atti di violenza sessuale posti in essere da una sola persona e giustificano la maggior severità del relativo trattamento sanzionatorio. Ne emerge, dunque, una sostanziale diversità rispetto agli atti di violenza sessuale monosoggettiva, tale da rendere non proponibile una diretta comparazione, rilevante ai fini dell'art. 3 Cost., tra il trattamento sanzionatorio riservato ai due reati. Ritiene la Corte che, malgrado l'eterogeneità dei comportamenti in astratto idonei ad integrare gli atti sessuali che costituiscono l'elemento materiale di entrambi i reati, l'omessa previsione dell'attenuante dei casi di minore gravità non può quindi essere ritenuta espressione di una scelta del legislatore palesemente irragionevole, arbitraria o ingiustificata, contrastante con l'art. 3 Cost. (Cass.pen.,Sez. III, 22 ottobre 2014, n. 4913).

Si precisa, inoltre, che l'esigenza di prevedere un'autonoma ipotesi di reato rispetto alla violenza sessuale monosoggettiva e di sanzionarla con una pena più severa trova ragione, sul terreno della politica criminale, nella constatazione che l'aggressione commessa da più persone riunite, oltre a comportare una più intensa lesione del bene della libertà sessuale a causa della prevedibile reiterazione degli atti di violenza, vanifica le possibilità di difesa e di resistenza della vittima e la espone a forme di degradazione e di reificazione che rendono più grave e profondo il trauma psichico che comunque consegue a qualsiasi episodio di violenza sessuale.

Merita di essere evidenziato, infine, che la Corte costituzionale ha sottolineato che quando il Legislatore ha voluto estendere l'attenuate in esame a fattispecie diverse dall'ipotesi base della violenza sessuale, lo ha espressamente previsto (come nel caso dell'art. 609-quater, comma 3, c.p., che descrive il delitto di atti sessuali con minorenne) ciò che non è avvenuto in relazione alla violenza sessuale di gruppo.

Come precisato dal giudice delle leggi in riferimento al reato p. e p. dall'art. 609-octiesc.p., resta ferma la possibilità di applicare la circostanza attenuante speciale per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato, relativa al contributo marginale prestato da un singolo concorrente nel reato, nonché le altre attenuanti previste dal quarto comma dell'art. 609-octies c.p. per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del primo comma e dal terzo comma dell'articolo 112 c.p. (Corte cost.sentenza n. 325 del 2005).

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