Rinuncia al mandato ex art. 50 cod. deontologico e dovere di difesa
16 Giugno 2015
Secondo l'articolo 50, comma 3, del nuovo codice deontologico è dovere del difensore, per quanto alternativo al mancato utilizzo dell'elemento falso, dimettersi? In tal modo non si infrange il dovere di difesa?
Il rapporto deontologico dell'avvocato con la verità era stato regolato dal Codice deontologico forense previgente dall'art. 14, canone I: “L'avvocato non può introdurre intenzionalmente nel processo prove false”. Il comma 3 dell'art. 50 del nuovo codice, invece, prevede che “L'avvocato che apprenda, anche successivamente, dell'introduzione nel procedimento di prove, elementi di prova o documenti falsi, provenienti dalla parte assistita, non può utilizzarli o deve rinunciare al mandato.” È più che giustificata la specificazione che il divieto riguarda anche elementi introdotti da altri se provenienti comunque dall'assistito, sebbene debba ritenersi superflua non potendo, a mio avviso, pervenirsi ad altra conclusione nemmeno con la formula dell'articolo 14. Tuttavia, in certi casi le dimissioni potrebbero contrastare con lo stesso intento del Consiglio Nazionale Forense. Può infatti accadere che il divieto venga aggirato dall'imputato, il quale non riferisca al nuovo difensore della falsità così ottenendone l'utilizzo. Può anche accadere che l'imputato insista perché il suo difensore utilizzi l'elemento in questione, pur conoscendone la falsità; in questo caso l'avvocato, non potendo utilizzare il falso, dovrà dimettersi, come del resto previsto dall'articolo 50. Ne potrà seguire uno “stallo” del processo, magari maliziosamente voluto dall'imputato che continui ad informare i suoi difensori della falsità, chiedendo a loro di utilizzarla. Peraltro, il giudice verosimilmente si renderà conto (sempre che non lo apprenda da “radio tribunale”) della falsità. Inoltre, qualora il problema sorga con un difensore d'ufficio, questi non potrà dimettersi senza darne conto, posto che la difesa officiale non è rinunciabile immotivatamente come lo è quella fiduciaria. In definitiva, l'avvocato deve in questi casi dimettersi, anche se è auspicabile una modifica dell'articolo 50, magari evitando la specificazione “o deve rinunciare al mandato”. |