Quando ricorre l’ipotesi di inammissibilità per mancata indicazione del domicilio?
16 Luglio 2015
Quali sono i casi in cui il presidente del tribunale di sorveglianza può dichiarare inammissibile un'istanza di misura alternativa per omesso assolvimento dell'onere di cui all'art. 677, comma 2-bis, c.p.p.?
L'art. 677, comma 2-bis, c.p.p., impone al condannato non detenuto l'obbligo, a pena d'inammissibilità dell'istanza, di effettuare (anche nel caso l'istanza sia avanzata dal difensore) la dichiarazione o l'elezione di domicilio “con la domanda con la quale chiede una misura alternativa alla detenzione o altro provvedimento attribuito dalla legge alla magistratura di sorveglianza” (non varrebbe dunque l'analoga elezione o dichiarazione relativa al procedimento di cognizione). Tale onere non è assolto nel caso di mera indicazione di un domicilio nell'istanza sottoscritta e presentata dal difensore né dall'indicazione dell'ubicazione dello studio professionale del legale né dall'indicazione da parte del soggetto del proprio indirizzo anagrafico. La dichiarazione deve esprimere con chiarezza, sia pur senza necessità di particolari formule, la volontà che il luogo indicato venga considerato come quello nel quale effettuare le comunicazioni o notificazioni. L'inammissibilità de qua è prevista soltanto per il caso in cui questi ometta la dichiarazione o l'elezione di domicilio e non anche per il caso in cui ometta di dare comunicazione del mutamento del domicilio dichiarato o eletto. La disposizione va letta – in ogni caso – in senso restrittivo, non potendosi applicare oltre i casi ivi espressamente indicati (il detto onere non incombe, quindi, sul soggetto detenuto). |