Il difensore può ascoltare i testi a prova contraria anche se non ha presentato lista testimoniale

17 Gennaio 2017

La suprema Corte ponendosi in continuità con la diversa esegesi invalsa in giurisprudenza ha stabilito che il termine perentorio per il deposito delle liste testimoniali è individuato dall'art. 468 c.p.p., a pena di inammissibilità, soltanto per la prova diretta e non anche per quella contraria. Diversamente opinando ...
Massima

Alla parte che abbia omesso di depositare la lista dei testimoni entro i termini di legge deve essere accordata la facoltà di chiedere la citazione, a prova contraria, dei testimoni.

(v. anche Cass. pen., Sez, V, n. 2825/2014; Cass. pen., Sez. II, n. 48861/2009; Cass. pen., Sez. V, n. 9606/2012; Cass. pen., Sez. III, n. 15368/2010).

Il caso

Il difensore di N.E.R. ricorre avverso la pronuncia indicata recante la condanna del suo assistito a pena pecuniaria ritenuta di giustizia per il reato di lesioni personali. I fatti si riferiscono a un diverbio che l'imputato, secondo l'assunto accusatorio, avrebbe avuto con la ex compagna C.D., in occasione del quale egli – mediante ripetute percosse – ebbe a cagionarle un trauma cranico lieve, nonché contusioni giudicate guaribili in dieci giorni. La difesa dell'imputato lamenta inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 468, comma 4, e 495 c.p.p. facendo presente che il giudice di pace di Padova – con ordinanza resa il 5 maggio 2014 – non ammise il teste a prova contraria di cui era stata sollecitata l'escussione. In concreto, il P.M. si era limitato a indicare in lista, quale testimone dell'accusa, la suddetta persona offesa, ed ai sensi dell'anzidetto art. 468, comma 4, c.p.p. la difesa aveva insistito in udienza affinché venisse sentita la madre della C., pur senza aver presentato una lista propria.

La difesa dell'imputato avverso la decisione del giudice di pace di Padova ha proposto ricorso per Cassazione, chiedendone l'annullamento, deducendo il seguente motivo:

  • inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 468, comma 4, e 495 c.p.p.

La Corte di cassazione dichiara il ricorso fondato e annulla la sentenza impugnata, con rinvio al giudice di pace di Padova per nuovo giudizio.

La questione

Ai sensi dell'art. 468, comma 1, c.p.p. le parti che intendono chiedere l'esame di testimoni, periti o consulenti tecnici, nonché delle persone indicate nell'art. 210, devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria, almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento, la lista con la indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame. Precisate poi le modalità formali di ammissione, nonché la possibilità che i testimoni e i consulenti tecnici indicati nelle liste vengano presentati anche direttamente al dibattimento, al comma 4 del medesimo articolo si prevede che in relazione alle circostanze indicate nelle liste, ciascuna parte può chiedere la citazione a prova contraria di testimoni, periti e consulenti tecnici non compresi nella propria lista, ovvero presentarli al dibattimento. A riguardo, alcune pronunce della suprema Corte affermano che la facoltà di chiedere la citazione a prova contraria di testimoni, periti e consulenti tecnici non compresi nella propria lista non può essere esercitata dalla parte che non abbia depositato la propria lista nel termine indicato, a pena di inammissibilità, dall'art. 468 c.p.p., comma 1, salva la possibilità del giudice di disporre ex officio l'assunzione di nuovi mezzi di prova nei limiti di cui all'art. 507 c.p.p. (Cass. pen., Sez. VI, 22 gennaio 2010, n. 17222, Martelli).

Secondo un diverso orientamento interpretativo, invece, la parte che abbia omesso di depositare la lista dei testimoni nel termine di legge ha la facoltà di chiedere la citazione a prova contraria dei testimoni, periti e consulenti tecnici, considerato che il termine perentorio per il deposito della lista dei testimoni è stabilito, a pena di inammissibilità, dall'art. 468 comma 1 c.p.p. soltanto per la prova diretta e non anche per quella contraria, e che l'opposta soluzione vanificherebbe il diritto alla controprova, il quale costituisce espressione fondamentale del diritto di difesa (Cass. pen., Sez. V, 12 novembre 2013, n. 2815, Cambi; v. anche Cass. pen., Sez. III, 3 marzo 2010, n. 15368, Arseni, dove si ribadisce che il termine perentorio previsto per il deposito della lista testimoniale vale unicamente per la prova diretta e non anche per quella contraria, potendo quest'ultima essere richiesta sino alla pronuncia dell'ordinanza di ammissione delle prove, fatte salve le ipotesi di emersione dei relativi presupposti nel corso dell'istruzione dibattimentale).

Il Collegio ha ritenuto di aderire all'esegesi da ultimo indicata, anche prendendo spunto dalla stessa motivazione della sentenza, sopra richiamata, espressiva dell'indirizzo opposto; vi si legge infatti che la facoltà di chiedere la citazione a prova contraria di testimoni, periti e consulenti tecnici non compresi nella propria lista è attribuita dall'art. 468 c.p.p., comma 4, a ciascuna parte con funzione integrativa della lista già presentata, in relazione alle circostanze indicate nelle altre liste. Tale facoltà non può pertanto essere esercitata dalla parte che non ha presentato tempestivamente la propria lista testimoniale, la cui richiesta di prova è divenuta conseguentemente inammissibile [...], salva la possibilità del giudice di procedere d'ufficio all'ammissione dei testi, periti o consulenti tecnici indicati nella lista stessa nell'esercizio del potere attribuitogli dall'art. 507 c.p.p., nei limiti in cui ne ritenga l'assunzione assolutamente necessaria.

A sostegno di tali argomentazioni ed in particolare circa la necessità del previo deposito di una lista testimoniale propria, la sentenza in esame richiamava un precedente del 1995; nella massima ufficiale di detta pronuncia, però, era stato chiarito che il diritto di ciascuna parte di presentare testimoni direttamente al dibattimento a prova contraria sulle circostanze indicate nella lista testimoniale depositata dalla controparte nel termine di cui all'art. 468 c.p.p., è evidentemente subordinato dal comma 4 del precitato articolo alla presentazione della lista della controparte. Al di fuori di questa ipotesi, è inammissibile la deduzione di prova testimoniale nel dibattimento, salvo il caso di dimostrata impossibilità di farlo tempestivamente (Cass. pen., Sez. VI, 10 aprile 1995, n. 8033, Vincenti).

Ergo, quel che è indefettibile è che vi sia stata la presentazione di una lista testimoniale della controparte, lista che verta su determinate circostanze: ed è su quelle circostanze che, in ipotesi, dovranno essere indicati i testimoni a prova contraria, senza alcuna necessità che chi intenda introdurne abbia già curato una lista propria. Non sarà dunque possibile per l'imputato – come nel caso esaminato dalla sentenza soprarichiamata – contrastare in dibattimento, con un testimone a prova contraria non indicato in una lista tempestivamente depositata, una prova documentale prodotta dall'accusa; ma alla difesa di quello stesso imputato sarà certamente consentito di richiedere in udienza che un soggetto venga sentito a prova contraria sulle circostanze oggetto dell'escussione di testi indotti dal P.M. o dalla parte civile, indipendentemente dall'avere formalizzato una lista testimoniale. Lista che, ove si intendesse un presupposto meramente formale dell'ammissibilità di un'istanza ex art. 468, comma 4, c.p.p. potrebbe del resto vertere su circostanze del tutto diverse.

Nel caso in esame, come correttamente ha fatto osservare il difensore dell'imputato, con la prova contraria la parte avversa gioca in un campo delimitato da chi ha introdotto la prova diretta: ella può introdurre testimoni ulteriori e diversi, ma incontra un limite invalicabile nelle circostanze dedotte e indicate da chi ha richiesto la prova diretta. A nulla rileva, pertanto, che una parte sappia già dell'esistenza di un testimone comunque informato su aspetti rilevanti della regiudicanda (come qui accaduto, visto che la decisione del giudice di pace di non dare corso alla deposizione della madre della persona offesa deriva dal rilievo che la presenza di costei ai fatti era stata indicata già nel corpo della querela, il che rende in re ipsa evidente che trattavasi di prova comunque rilevante, non ammessa solo per ragioni formali): ove si intenda sollecitare l'audizione di quel soggetto su temi specifici, se ne dovrà inserire il nominativo in una lista da presentare ai sensi del comma 1 del più volte ricordato art. 468 c.p.p., ma qualora si abbia solo interesse a dedurre in senso contrario rispetto alle circostanze introdotte dalle altre parti, anche attendendone le determinazioni in ordine alle richieste istruttorie, l'istanza di escussione del medesimo ben potrà provenire da chi non abbia curato liste di sorta. La definitiva conferma della correttezza della tesi qui esposta si ricava infine, ancora una volta, dalle argomentazioni della difesa dell'imputato, laddove precisa che pretendere che sui medesimi temi di prova i testimoni vengano di regola indicati già a prova diretta significa invertire l'ordine logico delle prove e l'onere delle prove tra le parti [...]: una parte dovrebbe preoccuparsi di dimostrare che determinate circostanze non sussistono, o sono diverse da come dedotte [...], ancora prima di sapere se la parte che ha interesse a provare dette circostanze introduce le medesime come tema di prova.

Le soluzioni giuridiche

La suprema Corte ponendosi in continuità con la diversa esegesi invalsa in giurisprudenza ha stabilito che il termine perentorio per il deposito delle liste testimoniali è individuato dall'art. 468 c.p.p., a pena di inammissibilità, soltanto per la prova diretta e non anche per quella contraria. Diversamente opinando, non solo si avvalorerebbe un'interpretazione contra legem, ma si vanificherebbe l'esercizio dell'inviolabile diritto di difesa dell'imputato (nella specie, del diritto alla controprova). Per tali ragioni, alla parte che abbia omesso di depositare la lista dei testimoni entro i termini di legge deve essere accordata la facoltà di chiedere la citazione, a prova contraria, dei testimoni (Cass. pen., Sez, V, n. 2825/2014; Cass. pen., Sez. II, n. 48861/2009; Cass. pen., Sez. V, n. 9606/2012; Cass. pen., Sez. III, n. 15368/2010).

Osservazioni

Nel processo penale, se il difensore non deposita la lista testi, può comunque sentire i propri testimoni a prova contraria.

Come noto, le parti che intendono chiedere l'esame di testimoni, periti o consulenti tecnici devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria, almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento, la lista recante l'indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame dei testi. Tale adempimento assolve alla funzione di far conoscere, prima del dibattimento, le prove che l'interessato vorrà far acquisire e di consentire, così, alle parti di preparare la propria linea difensiva e chiedere, eventualmente, la prova contraria. In relazione alle circostanze indicate nelle liste, infatti, ciascuna parte può chiedere la citazione a prova contraria di testimoni, periti e consulenti tecnici non compresi nella propria lista, ovvero presentarli al dibattimento art. 468, comma 4, c.p.p. Invero,il termine perentorio per il deposito delle liste testimoniali è stabilito dall'art. 468 c.p.p., a pena di inammissibilità, soltanto per la prova diretta e non anche per quella contraria.

Ebbene in tema di prova contraria l'indirizzo giurisprudenziale che sembra essere più aderente ai principi generali che regolano il diritto dell'imputato alla controprova, tenuto conto, in primo luogo, del disposto dell'art. 495, comma 2, c.p.p., sancisce il diritto dell'imputato di ottenere l'ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico (lo stesso diritto spetta al pubblico ministero, in ordine alle prove a carico dell'imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico). Tale orientamento è perfettamente aderente ai principi costituzionali in materia di prova quali l'art. 111, comma 3, Cost. ed altresì con la giurisprudenza elaborata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo art. 6, paragrafo 3, lett. d), Cedu. Risulterebbe dunque irragionevole non ammettere prove contrarie rispetto a quelle indicate dal pubblico ministero, quando tali prove contrarie comporterebbero o potrebbero comportare un ribaltamento della vicenda processuale. L'imputato ha difatti diritto ad un processo penale improntato sulla parità delle armi (fair trail) il che significa che tanto all'accusa quanto alla difesa deve essere data l'opportunità di interloquire sulle prove addotte dall'altra parte.

Guida all'approfondimento

Cass. pen., Sez. VI, 22 gennaio 2010, n. 17222, Martelli;

Cass. pen., Sez. III, 3 marzo 2010, n. 15368, Arseni;

Cass. pen., Sez. V, 12 novembre 2013, n. 2815, Cambi;

RAFARACI, La prova contraria, Torino 2004.