Truffa o estorsione? La differenza sta in cosa si minaccia
17 Gennaio 2017
Con sentenza n. 5 del 2 gennaio 2017, la seconda Sezione penale della Corte di cassazione ha ribadito il principio secondo cui il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, è rappresentato dalla concreta efficacia coercitiva, e non meramente manipolativa, della condotta minacciosa rispetto alla volontà della vittima, da valutarsi con verifica ex ante, che prescinde dalla effettiva realizzabilità del male prospettato.
Più precisamente, il criterio distintivo deve ravvisarsi nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza sulla sfera soggettiva della vittima: ricorre, dunque, la truffa qualora il male venga ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente, direttamente o indirettamente, da chi lo prospetta in modo che la persona offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione perché tratta in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente. Si configura invece l'estorsione quando il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, poiché in tal caso la persona offesa è posta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all'agente il preteso profitto o di subire il male minacciato.
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